Al centro del conflitto: quando i figli imparano la violenza


Il 4 giugno la “Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime di aggressioni”. L’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna interviene sulle forme di maltrattamento subite dai figli testimoni delle violenze domestiche

Il 4 giugno la “Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime di aggressioni”. L'Ordine degli Psicologi dell'Emilia-Romagna interviene sulle forme di maltrattamento subite dai figli testimoni delle violenze domestiche

In occasione della “Giornata internazionale per i bambini innocenti vittime di aggressioni”, celebrata il 4 giugno di ogni anno, l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna pone l’attenzione su una forma di maltrattamento molto grave ma spesso sottovalutata, quella subita dai giovani testimoni delle violenze domestiche. La violenza intrafamiliare travolge inevitabilmente i figli, anche quando questi non sono direttamente oggetto della violenza.

L’esperienza del maltrattamento, fisico o psicologico, subito da altri – spesso la madre, ma non solo -, ha conseguenze notevoli. Anche quando bambini e adolescenti non assistono direttamente alla violenza, ne percepiscono gli effetti: vengono investiti dai pensieri e dalle emozioni della vittima e dell’aggressore, che sono le figure di riferimento affettivo ed educativo primario.

In alcuni casi, nemmeno la separazione dei genitori è sufficiente per eliminare il problema: capita che i figli vengano strumentalizzati nei conflitti. Si va dalle situazioni – purtroppo comuni – in cui un genitore tenta di trasmettere l’odio per l’ex-compagno o ex-compagna anche ai ragazzi, a quelle più estreme che possono degenerare in omicidi, con l’enorme trauma che ne consegue.

“Anche nelle situazioni meno estreme, la violenza assistita è a tutti gli effetti una forma di maltrattamento psicologico e comporta conseguenze a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale con stati di profonda sofferenza psicologica che si possono protrarre anche nella vita adulta. L’aspetto più pericoloso è che da essa i bambini imparano la normalità della violenza: l’affetto può essere associato alla sopraffazione, all’offesa, all’aggressione, apprendendo la legittimità della violenza”, commenta Anna Ancona, Presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia-Romagna.

La violenza domestica interferisce sulla relazione genitori-figli, snaturando la genitorialità e le capacità educative-relazionali sia della madre che del padre, con gravi ricadute sui bambini e ragazzi. Nei rapporti familiari alterati viene compromessa la “base sicura” che dovrebbe essere garantita da una adeguata genitorialità, e il figlio rischia di vivere in uno stato di costante angoscia e profondo malessere.

La convivenza per tempi medi o lunghi con situazioni di maltrattamento psicologico o fisico può provocare nelle vittime – dirette e indirette – una condizione di destrutturazione psicologica e di grande sofferenza in cui i confini tra giusto e sbagliato, legittimo e illegittimo, diventano labili, con alterazione della capacità di pensiero e di scelta autonoma.

Lo stato emotivo dei ragazzi che assistono alle violenze può essere connotato da ansia, fobie e problemi psicofisici vari tipici del disturbo post-traumatico da stress. Occorre monitorarne i segnali di disagio (tra cui, ad esempio, disturbi del sonno, irritabilità e cefalee) per verificarne tempestivamente l’origine e tutelare i minori, anche con interventi mirati di tipo psicoterapeutico.

Purtroppo nelle situazioni di violenza psicologica intrafamiliare può essere molto difficile per il genitore vittima riconoscere i danni causati anche ai figli, in particolare se tale violenza è negata, non riconosciuta o sottovalutata da chi la subisce, come spesso accade quando si stabilisce come modalità relazionale prevalente all’interno della coppia o della famiglia.

È quindi fondamentale che i professionisti che entrano in contatto con bambini e adolescenti – come pediatri, insegnanti ed educatori – sappiano “captare” i segnali di disagio e i comportamenti inusuali che possono essere spia di un malessere, inviandoli a psicologi e psicoterapeuti competenti nell’età dello sviluppo per una valutazione approfondita. Anche gli altri adulti di riferimento non devono sottovalutare i rischi che la violenza assistita può causare nei ragazzi, cercando di intervenire precocemente, eventualmente chiedendo un supporto specialistico.

Per queste ragioni è di primaria importanza che gli operatori del settore siano specificamente formati per intercettare e riconoscere tali situazioni anche quando la richiesta di aiuto è mascherata da altre motivazioni o perviene su segnalazione di terzi.