Terremoto Centro Italia: un anno dopo la politica resta sotto accusa


Il vescovo di Rieti: “Rinviare non paga mai”. Il Codacons attacca: “Dopo un anno non è cambiato nulla”

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Il centro storico di Amatrice distrutto dal sisma

ROMA – Un anno fa, alle 03:36 del 24 Agosto 2016, un devastante terremoto ha raso al suolo interi paesi del Centro Italia. Un centinaio i comuni nel cratere del sisma, che ha ucciso 299 persone. Oggi da Amatrice ad Accumoli, da Arquata del Tronto alle altre località colpite, si sono tenute cerimone di commemorazione delle vittime.

Il Vescovo di Rieti, Domenico Pompili, da Amatrice ha puntato il dito contro la classe politica, finita sul banco degli imputati per i ritardi nella ricostruzione. “ Rinviare non paga mai. Neanche in politica, perché il tempo è una variabile decisiva” ha detto nell’omelia. “Ricostruire è possibile ma senza frasi fatte come ‘ricostruiremo com’era, dove era’” ha aggiunto.

Nei giorni scorsi, durante una conferenza a Palazzo Chigi con il premier Gentiloni, il Commissario per la ricostruzione Vasco Errani, i governatori delle regioni coinvolte (Lazio, Abruzzo, Marche, Umbria), il nuovo capo della Protezione Civile, Borrelli, ha fatto il punto sull’assistenza alla popolazione.

Il numero delle persone assistite è stato fortemente condizionato dalle continue scosse di terremoto: se dopo il terremoto del 24 agosto 2016 erano circa 5mila le persone da assistere, il picco è stato raggiunto dopo il 30 ottobre quando gli assistiti sono diventati 30mila. Ad oggi le persone ospitate nei moduli abitativi container, alberghi, strutture ricettive e comunali sono ancora 7.500 circa, a cui si aggiungono circa 40mila persone che hanno scelto di beneficiare del Cas-Contributo di Autonoma Sistemazione.

Sono oltre 200mila le verifiche effettuate sugli edifici pubblici e privati. I sopralluoghi ancora da svolgere sono circa 14mila.

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Il Paese di Amatrice è stato raso al suolo dal terremoto del 24 agosto

In quasi tutti i comuni, inoltre, un anno dopo le macerie sono ancora al loro posto. Per toglierle è dovuto intervenire l’esercito, mentre la gran parte delle “casette” promesse non sono state consegnate.

Per il Codacons, insomma, “di ricostruzione vera e propria, ancora, neanche a parlarne. In estrema sintesi, questo il quadro, tutt’altro che incoraggiante, a un anno di distanza dal terremoto del Centro Italia”.

“Le difficoltà sono chiare a tutti, ma la drammatica situazione dei cittadini coinvolti, e in particolare degli sfollati, non è accettabile.Dopo aver sentito promesse a volontà, regolarmente non mantenute, non è più tollerabile sentir parlare di ‘piccoli passi’. La verità è sotto gli occhi di tutti: era difficile fare peggio di quanto accaduto a L’Aquila, ma è accaduto. A un anno dal sisma il bilancio è terribilmente negativo, per chi ha voglia di vederlo: a furia miglioramenti ‘graduali’ un pezzo d’Italia rischia di morire definitivamente. La ricostruzione del Centro Italia deve diventare, stavolta davvero, la massima priorità nazionale” afferma l’associazione.

“È passato un anno, ma non è cambiato quasi nulla”, dichiara il Presidente del Codacons, Carlo Rienzi. “Tra confusioni burocratiche e annunci infondati la popolazione è esasperata. Se il Governo non saprà imprimere un cambio di marcia ci vorrà una vita prima di parlare di ricostruzione, se mai se ne parlerà”, conclude.