L’inefficienza della Pubblica amministrazione costa più dell’evasione fiscale


Per la CGIA di Mestre è il vero freno alla ripresa economica dell’Italia

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Per i servizi digitali maglia nera tra gli enti locali ai Comuni della Liguria (17,4%), della Sicilia (16,8%) e del Molise (14,7%)

VENEZIA – Il malfunzionamento della Pubblica amministrazione (Pa) italiana continua ad avere un impatto molto negativo sull’economia del nostro Paese, frenandone la ripresa. “E sebbene la comparazione presenti tutta una serie di limiti, possiamo in linea di massima affermare che l’incapacità, gli sprechi e la cattiva gestione della macchina dello Stato hanno una dimensione economica superiore al mancato gettito riconducibile all’evasione fiscale presente in Italia”.

A ricordarlo è l’Ufficio studi della CGIA che, per prima cosa, ha raccolto ed elencato le principali inefficienze della nostra macchina pubblica e i conseguenti effetti economici che queste criticità producono sul sistema economico italiano.

Eccole in sintesi:

  • il deficit logistico-infrastrutturale penalizza il nostro sistema economico per un importo di 42 miliardi di euro l’anno;
  • i debiti della Pubblica amministrazione nei confronti dei fornitori ammontano a 64 miliardi di euro: di cui 34 ascrivibili ai ritardi nei pagamenti;
  • il peso della burocrazia grava sulle Piccole e medie imprese (Pmi) per un importo di 31 miliardi di euro l’anno;
  • gli sprechi, le inefficienze e la corruzione presenti nella sanità ci costano 23,6 miliardi di euro l’anno;
  • la lentezza della nostra giustizia civile costa al sistema Paese 16 miliardi di euro l’anno.

Come spiegano gli artigiani di Mestre, “in relazione al fatto che queste inefficienze sono tratte da fonti statistiche diverse e che in alcuni casi i costi si sovrappongono, non è possibile sommarne gli effetti economici”.

“Tuttavia è possibile affermare con buona approssimazione che gli effetti economici derivanti dal cattivo funzionamento della Pubblica amministrazione siano superiori al mancato gettito riconducibile all’evasione tributaria e contributiva che, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sottrae alle casse dello Stato attorno ai 110 miliardi di euro ogni anno” dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo.

“È altresì verosimile ritenere che se recuperassimo una buona parte dei soldi evasi al fisco, la nostra macchina pubblica funzionerebbe meglio e costerebbe meno. Analogamente, è altrettanto plausibile ipotizzare che se si riuscisse a tagliare sensibilmente la spesa pubblica, permettendo così la riduzione di pari importo anche del peso fiscale, molto probabilmente l’evasione sarebbe più contenuta, visto che molti esperti sostengono che la fedeltà fiscale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di pressione fiscale a cui sono sottoposti i propri contribuenti” aggiunge.

Il Segretario della CGIA, Renato Mason, precisa invece che “al netto degli interessi sul debito, nel 2017 la spesa pubblica in Italia dovrebbe attestarsi sui 773 miliardi di euro e, come ricordano molti esperti, il tema della sua razionalizzazione continuerà a rimanere centrale anche nei prossimi anni. Infatti, nonostante l’impegno e gli sforzi profusi in questi ultimi tempi, i risultati giunti dalla spending review sono stati importanti, ma non ancora sufficienti”.

“Secondo una nostra elaborazione, in questa legislatura, sebbene ci sia stato il blocco delle retribuzioni dei dipendenti pubblici, i risparmi strutturali ottenuti sono stati pari a 30,4 miliardi di euro. Nel frattempo, però, la spesa corrente al netto degli interessi è aumentata di 31,8 miliardi” prosegue.

“A scontare gli effetti negativi della cattiva gestione della Pa è tutto il Paese – conclude Zabeo – anche se, in linea di massima, il Nord è la ripartizione geografica maggiormente penalizzato da questa situazione per almeno due ragioni. La prima, avendo un’economia molto orientata all’export, questi territori avrebbero bisogno di contare su servizi e infrastrutture migliori per competere con maggiore successo nei mercati internazionali. La seconda, perché la propensione all’evasione fiscale del settentrione è nettamente inferiore che nel resto del Paese. Secondo i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze infatti, le regioni del Sud registrano livelli di intensità di evasione che sfiorano il 60%, vale a dire 60 centesimi di gettito evaso per ogni euro regolarmente versato, mentre la media del Nord è del 27 per cento”.

La CGIA, comunque, tiene a precisare che sarebbe sbagliato generalizzare e non riconoscere l’ottima qualità dei servizi offerti in alcune aree del Paese da molti enti locali: dalla sanità, dalle forze dell’ordine, dalla scuola primaria e dall’università.

Nei rapporti tra Stato e contribuente, proseguono gli artigiani di Mestre, appare evidente che i dati riportati più sopra dimostrano che il soggetto maggiormente leso non è il primo, ma il secondo.

“Certo – conclude Mason – se ci fosse meno evasione fiscale avremmo più risorse pubbliche a disposizione, ma non è detto che la nostra Pubblica amministrazione funzionerebbe meglio. Chi evade, comunque, va contrastato e punito senza se e senza ma, perché chi non versa tasse e contributi reca un danno a tutta la comunità e fa concorrenza sleale nei confronti di quegli operatori economici che si comportano fedelmente nei confronti del fisco”.