Diabete: in Italia raddoppiano i malati ma cala la mortalità


Indagine Istat sulla patologia: rispetto al 2000 i diabetici sono 1 milione in più

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Tra i diabetici si duplica il rischio di mortalità per malattie ipertensive

ROMA – Nel 2016 sono oltre 3 milioni 200 mila in Italia le persone che dichiarano di essere affette da diabete, il 5,3% dell’intera popolazione (16,5% fra le persone di 65 anni e oltre). È quanto emerge dall’ultimo report dell’Istat dedicato al diabete in Italia.

Secondo l’istituto di statistica la diffusione del diabete è quasi raddoppiata in trent’anni (coinvolgeva il 2,9% della popolazione nel 1980). Anche rispetto al 2000 i diabetici sono 1 milione in più e ciò è dovuto sia all’invecchiamento della popolazione che ad altri fattori, tra cui l’anticipazione delle diagnosi (che porta in evidenza casi prima sconosciuti) e l’aumento della sopravvivenza dei malati di diabete.

Nell’ultimo decennio, infatti, la mortalità per diabete si è ridotta di oltre il 20% in tutte le classi di età. Inoltre, confrontando le generazioni, nelle coorti di nascita più recente la quota di diabetici aumenta più precocemente che nelle generazioni precedenti, a conferma anche di una progressiva anticipazione dell’età in cui si diagnostica la malattia.

Il diabete è una patologia fortemente associata allo svantaggio socioeconomico. Tra le donne le disuguaglianze sono maggiori in tutte le classi di età: le donne diabetiche di 65-74 anni con laurea o diploma sono il 6,8%, le coetanee con al massimo la licenza media il 13,8% (i maschi della stessa classe di età sono rispettivamente il 13,2 e il 16,4%).

Lo svantaggio socioeconomico si conferma anche nella mortalità ed è più evidente nelle donne, al contrario di quanto si osserva per le altre cause di morte: le donne con titolo di studio basso hanno un rischio di morte 2,3 volte più elevato delle laureate.

A livello territoriale questa patologia è più diffusa nelle regioni del Mezzogiorno dove il tasso di prevalenza standardizzato per età è pari al 5,8% contro il 4,0% del Nord. Anche per la mortalità il Mezzogiorno presenta livelli sensibilmente più elevati per entrambi i sessi.

Obesità e sedentarietà sono rilevanti fattori di rischio per la salute in generale, ancora di più per la patologia diabetica. Tra i 45-64enni la percentuale di persone obese che soffrono di diabete è al 28,9% per gli uomini e al 32,8% per le donne (per i non diabetici rispettivamente 13,0% e 9,5%). Nella stessa classe di età il 47,5% degli uomini e il 64,2% delle donne con diabete non praticano alcuna attività fisica leggera nel tempo libero.

Il diabete è una malattia dal quadro morboso complesso, a carico di molti organi fondamentali (es. cuore, reni, fegato, vista). Tra i diabetici si duplica il rischio di mortalità per malattie ipertensive, così come l’ospedalizzazione per malattie del sistema cardio-circolatorio. Le complicanze del diabete hanno un impatto rilevante, sia sui costi sanitari che sulla qualità della vita dei cittadini.

La deospedalizzazione dei casi di diabete e l’incremento degli indicatori di appropriatezza ospedaliera, nonostante l’aumento del numero di malati, testimoniano una maggiore efficacia della presa in carico dei pazienti. Rispetto al 2000 i ricoveri per diabete sono diminuiti del 66,4% (-26,6% i ricoveri complessivi), attestandosi su circa 50mila eventi nel 2015.

Anche i ricoveri a rischio di inappropriatezza sono in drastico calo, passando negli ultimi cinque anni da 108 per 100mila abitanti a 49. Sul territorio i ricoveri non sono direttamente correlati alla diffusione della malattia; le differenze dipendono dalla diversa offerta di servizi e dalla differente appropriatezza nel ricorso alle strutture sanitarie.

Nel Mezzogiorno, dove la prevalenza del diabete è più alta, la variabilità è forte: in alcune regioni una più elevata ospedalizzazione per diabete è associata anche a un maggior numero di ricoveri inappropriati; in altre l’ospedalizzazione è inferiore al dato medio nazionale e gli indicatori di qualità dell’assistenza sono prossimi alla media o più alti.