Società partecipate, UNSIC attacca la riforma Madia


Il presidente dell’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori: “Altro che tagli, si perpetua la concorrenza con le aziende private”

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Domenico Mamone, presidente dell’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori

ROMA – Nate nell’ormai lontano 1990, con la legge 142, le società partecipate dovevano consentire agli enti locali di svolgere attività pubbliche comportanti l’esercizio d’impresa.

Da società strumentali, però, le partecipate nella prassi sono diventate aziende in grado di eludere vincoli pubblici, ad esempio assumendo senza concorso o beneficiando di immissioni finanziarie pubbliche.

Ora sulle società partecipate interviene la discussa riforma Madia, riscritta dopo la bocciatura da parte della Consulta e le osservazioni del Consiglio di Stato.

“Queste aziende, cresciute all’inverosimile in tutta Italia, hanno finito per fare concorrenza ad imprese private o per frenare la modernizzazione, estendendo logiche burocratiche e assistenziali anche al settore imprenditoriale” attacca Domenico Mamone, presidente del sindacato autonomo UNSIC, l’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori, che associa oltre 200mila aziende private.

“Inoltre le società partecipate, drenando risorse pubbliche e spesso sovrapponendosi a competenze già in mano pubblica, hanno pesato sulla pressione fiscale e tariffaria, soprattutto locale, su cittadini e aziende private, finendo per concorrere a disincentivare consumi e investimenti” prosegue Mamone.

“Quando, negli ultimi cinquant’anni, s’è trattato di moltiplicare i centri di spesa, dall’istituzione delle Regioni alla proliferazione delle Province, dall’incremento delle Comunità montane alla nascita delle Authority, le norme sono state varate in un batter d’occhio. Così come le liste delle assunzioni” spiega ancora il presidente UNSIC.

Per Mamone dunque, “oggi che bisogna dolorosamente intervenire sugli enormi sprechi determinati anche dalla propagazione di questi organismi, i tempi per i decreti di taglio sono biblici. Il caso delle partecipate è emblematico”..

L’ex premier Renzi nella sua strategia della ‘rottamazione’, già nell’Aprile 2014 aveva annunciato l’intenzione di un taglio netto alle società partecipate (“da ottomila a mille” visto che registravano “circa un miliardo e mezzo di disavanzo”).

“Tuttavia la riforma Madia della pubblica amministrazione, che avrebbe dovuto attuare, almeno in parte, tali intenti, non solo ha rinviato scadenze ma ha anche allargato le maglie: ad esempio le aziende con fatturato tra 500mila e un milione di euro non dovranno chiudere subito i battenti, come prevedeva la prima versione del testo, e saranno tranquille almeno fino al 2020” sottolinea Mamone.

Ma non è tutto perché la riforma delle partecipate “permette a queste società di partecipare a gare anche fuori dal territorio dell’amministrazione proprietaria. Insomma, le partecipate diventeranno più forti e, come sta avvenendo da anni, si perpetua la possibilità che la parte pubblica da arbitro diventi giocatore” conclude il presidente dell’UNSIC.