Cgia lancia appello a Padoan: “No all’aumento Iva in cambio della riduzione del cuneo fiscale”


Gli artigiani di Mestre: “Condizionerebbe negativamente i consumi interni e tutta l’economia”

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Il Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan (foto www.governo.it)

ROMA – L’aumento dell’Iva in cambio della riduzione del cuneo fiscale è un’ipotesi che sta prendendo sempre più forma nelle stanze del Governo. Dopo l’intervista rilasciata il giorno di Pasqua dal Ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, lo scambio “più Iva meno cuneo fiscale” è diventato qualcosa di più di una semplice ipotesi. Il fronte dei contrari, però, è ampio e variegato perché “questa operazione non sarebbe a somma zero” afferma la Cgia di Mestre.

“Se a seguito di un’eventuale riduzione del costo del lavoro i vantaggi economici ricadrebbero su imprese e/o lavoratori dipendenti, il rincaro dell’Iva, invece, lo pagherebbero tutti. In particolar modo i più deboli, come i disoccupati, gli inattivi e i pensionati che, invece, dal taglio delle tasse sul lavoro non beneficerebbero, almeno direttamente, di alcun vantaggio” spiega il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo.

“Vista la situazione dei nostri conti pubblici è molto probabile che il Governo con la prossima legge di bilancio non sarà in grado di recuperare tutti i 19,5 miliardi necessari per evitare che, dal 2018, l’aliquota Iva del 10 passi al 13 e quella del 22 al 25%” aggiunge Zabeo.

“Ricordo che un aumento di un punto dell’aliquota ridotta costa agli italiani poco più di 2 miliardi e quella ordinaria 4. Pertanto, non è da escludere che dei 19,5 miliardi l’esecutivo sia in grado di sterilizzarne solo una parte. E visto che la spesa corrente al netto degli interessi è destinata ad aumentare ancora e gli effetti della spending sono molto contenuti, la quota rimanente dovrà essere recuperata con nuove entrate, ad esempio con la rivisitazione delle deduzioni e delle detrazioni fiscali e con un aumento parziale delle aliquote Iva” conclude.

Secondo la Cgia di Mestre per sopire le critiche, anche in vista delle elezioni politiche che quasi sicuramente si terranno a febbraio, è quasi certo che una parte di questo nuovo gettito andrà a finanziare la riduzione del cuneo fiscale. Una misura che il Premier Gentiloni e anche il ministro Padoan hanno dichiarato più volte di voler approvare.

“Di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta, l’eventuale aumento dell’Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e conseguentemente tutta l’economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti” sottolinea il segretario degli artigiani di Mestre, Renato Mason.

Già oggi siamo tra i principali Paesi dell’area euro ad avere l’aliquota ordinaria Iva più elevata. Se da noi è al 22%, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19.

Chi verrebbe più penalizzato da un eventuale aumento Iva?

Come spiega la Cgia in termini assoluti sarebbero i percettori di redditi più elevati, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa.

La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose.

Con un incremento di un punto di Iva dal 22 al 23%, ad esempio, una famiglia di 3/4 persone subirebbe un aumento di imposta di circa 100 euro all’anno che, ovviamente, avrebbe delle ripercussioni negative sui consumi interni del paese che costituiscono la componente più importante del nostro Pil.

Confcommercio: “Errore clamoroso da evitare”

Sul possibile aumento Iva è intervenuta anche Confcommercio che ritiene “non rassicurante il ritorno di ipotesi di scambio tra imposte nel quale l’Iva dovrebbe crescere”.

“Il punto da tenere è quello di una riduzione complessiva del carico fiscale su famiglie e imprese senza rincorrere pericolose congetture di migrazione di gettito tra tributi” commenta l’Ufficio Studi Confcommercio.