Poletti, il figlio sotto tiro e la cooperazione


La frase infelice del ministro del Lavoro e gli strascichi nei rapporto con il settore di riferimento

Il ministro del Lavoro Poletti (foto www.governo.it)

ROMA – Il ministro Poletti, complice una battuta infelice, dal cerchio magico renziano è finito in un vero e proprio cerchio di fuoco.

Da uomo accorto e scavato qual è, tuttavia, non riesce a districarsi. Caduto in una vera e propria nassa non sarà certo costretto alle dimissioni ma finirà in continue difficoltà.

Intanto, una parte della stampa ha preso la palla al balzo e ha riversato le proprie attenzioni sul figlio giornalista, ritenuto colpevole di lavorare in un giornale che riceve i sovvenzionamenti pubblici riservati all’editoria.

In altri tempi si sarebbe detto che ci azzecca il figlio con il padre! Ma ora tutto fa brodo…come se in Italia ci fosse davvero un’informazione che vive sulle sue sole gambe.

Però, c’è di più. Poletti è stato un uomo simbolo della cooperazione, ed è considerato un vero fiore all’occhiello. Ora rischia, se non lo è già, di diventare un problema anche per la cooperazione.

La cooperazione, con i suoi milioni di soci che comprano merci, acquistano polizze, fanno lavori dal più umile alle più moderne professioni, è da sempre molto attenta ai problemi reputazionali.

In particolare la cooperazione tiene al suo principio costitutivo dell’intergenerazionalità. Vecchi e giovani insieme. Passato, presente, futuro. Continuità e rinnovamento.

Sono veri e propri tormentoni irrinunciabili. La battuta di Poletti sui giovani finirà per cozzare con questi filoni profondi della storia personale del ministro. E finirà per alienargli gran parte delle simpatie che ha riscosso fino ad ora tra i cooperatori.