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Obesità: nimacimab alleato di semaglutide per perdere peso

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Obesità e perdita di peso, secondo nuovi risultati l’anticorpo sperimentale nimacimab aumenta l’efficacia di semaglutide

Negli adulti con obesità o sovrappeso, nimacimab, un anticorpo periferico contro il recettore dei cannabinoidi di tipo 1, combinato con semaglutide, ha comportato un maggior calo ponderale e ha rallentato il recupero di massa grassa e peso corporeo senza evidenti problemi di sicurezza, secondo i dati dello studio di fase IIa CBeyond presentati al congresso ObesityWeek 2025.

Il relatore Louis Aronne, Sanford I. Weill Professor of Metabolic Research presso la Weill Cornell Medicine di New York, ha ricordato che due inibitori sperimentali del recettore dei cannabinoidi di tipo 1, rimonabant e taranabant, erano stati studiati in passato come potenziali terapie per l’obesità, ed entrambi avevano mostrato una riduzione di almeno il 5% del peso corporeo in oltre il 50% dei partecipanti negli studi di fase II e III, anche se entrambi sono stati sospesi a causa di un aumento di eventi avversi psichiatrici, tra cui depressione e ideazione suicidaria.

«Nimacimab è un anticorpo perifericamente ristretto» ha spiegato Aronne. «Ha una penetrazione minima nel cervello e, rispetto alle piccole molecole, la differenza è significativa» ha spiegato. «Inoltre è un modulatore allosterico negativo, caratteristica che gli consente di mantenere la sua potenza anche in presenza di competizione».

Un inibitore del recettore CB1 presente nei tessuti periferici 
Nimacimab è un anticorpo monoclonale sperimentale a somministrazione sottocutanea settimanale che agisce come inibitore periferico del recettore dei cannabinoidi di tipo 1 (CB1), con un meccanismo d’azione distintivo rispetto agli inibitori precedentemente studiati. Il recettore CB1 è parte fondamentale del sistema endocannabinoide e svolge un ruolo cruciale nella regolazione del metabolismo, dell’appetito e dell’accumulo di grasso corporeo.

Gli inibitori di CB1 di prima generazione, come rimonabant e taranabant, erano piccole molecole capaci di attraversare la barriera emato‑encefalica e agire anche a livello centrale, ma questo ha comportato un aumento del rischio di eventi avversi psichiatrici. Nimacimab, invece, è progettato per essere perifericamente ristretto, in quanto la sua struttura anticorpale impedisce una penetrazione significativa nel sistema nervoso centrale, riducendo così il rischio di effetti collaterali neuropsichiatrici.

Dal punto di vista farmacodinamico, nimacimab si lega al recettore CB1 presente nei tessuti periferici, in particolare nel fegato, nel tessuto adiposo e nel tratto gastrointestinale, modulando la segnalazione endocannabinoide che favorisce l’accumulo di grasso e la disfunzione metabolica. È un modulatore allosterico negativo, il che significa che non compete direttamente con gli agonisti endogeni del recettore, ma ne riduce l’attività anche in presenza di elevati livelli di ligandi naturali. Questo meccanismo consente di mantenere la potenza del farmaco in condizioni patologiche caratterizzate da iperattivazione del sistema endocannabinoide, come l’obesità.

Gli studi preclinici e clinici hanno mostrato che promuove una riduzione significativa della massa grassa, preserva in parte la massa magra e migliora parametri metabolici come la glicemia e la sensibilità insulinica. Inoltre, la sua azione periferica sembra favorire un rimodellamento metabolico più sostenibile, con un profilo di sicurezza paragonabile al placebo per quanto riguarda gli eventi gastrointestinali e senza evidenza di effetti psichiatrici rilevanti.

L’aggiunta di nimacimab a semaglutide sembra rallentare il recupero di massa grassa e peso corporeo
Nello studio CBeyond, 136 adulti con obesità o sovrappeso senza diabete (età media 45,6 anni; 84,6% donne) sono stati randomizzati in rapporto 2:2:1:1 a ricevere nimacimab 200 mg una volta alla settimana da solo, placebo, nimacimab 200 mg più semaglutide 2,4 mg, oppure semaglutide da solo per 26 settimane, seguite da un periodo di follow-up di 13 settimane. I partecipanti allo studio di fase IIa che hanno completato il periodo di trattamento di 26 settimane sono stati invitati a partecipare a uno studio di estensione di ulteriori 26 settimane, ancora in corso

La variazione del peso corporeo a 26 settimane è risultata simile tra i pazienti trattati con nimacimab da solo e quelli trattati con placebo, mentre coloro che hanno ricevuto nimacimab più semaglutide hanno mostrato un calo ponderale maggiore rispetto a quelli trattati con semaglutide da solo nell’analisi intention-to-treat, con una differenza media del –2,95% (P=0,0372).

Dal basale alla settimana 26, i pazienti trattati con semaglutide da solo hanno avuto una riduzione della massa grassa del 15,35% e una diminuzione della massa magra del 5,68%. Nel gruppo nimacimab più semaglutide la perdita di massa grassa è stata del 21,12% e la riduzione della massa magra del 6,48%. La percentuale di perdita di peso attribuita alla massa magra è stata del 28% con semaglutide da solo rispetto al 24% con nimacimab più semaglutide.

I pazienti trattati con nimacimab più semaglutide hanno registrato una riduzione della circonferenza vita di 11,28 cm a 26 settimane, rispetto a una diminuzione di 7,61 cm in quelli trattati con semaglutide da solo (P=0,0492).

Durante il periodo di follow-up senza trattamento, dalla settimana 26 alla 38, il gruppo nimacimab più semaglutide ha mostrato un recupero di peso del 18,1% rispetto al 49,8% osservato nei pazienti trattati con semaglutide da solo, facendo ipotizzare che l’aggiunta di nimacimab abbia rallentato il recupero di massa grassa e peso corporeo.

Eventi avversi sono stati riportati nell’80,9% dei partecipanti, tra cui il 91,7% dei soggetti trattati con semaglutide da solo, l’82,5% con nimacimab da solo, il 78,6% con nimacimab più semaglutide e il 75% con placebo. Gli effetti collaterali più frequenti emersi durante il trattamento sono stati nausea (18,4%), vertigini (15,4%), eritema nel sito di iniezione (13,2%) e cefalea (10,3%).

Aronne ha sottolineato che gli eventi gastrointestinali erano più frequenti con semaglutide rispetto a nimacimab, che ha mostrato tassi simili al gruppo placebo. Gli eventi avversi psichiatrici sono stati rari, pari a due nel gruppo semaglutide da solo, uno nel gruppo nimacimab da solo e uno nel gruppo placebo, tutti di gravità lieve o moderata.

«I dati di sicurezza di nimacimab potrebbero consentire ai ricercatori di valutare dosaggi più elevati nelle ricerche future» ha suggerito Aronne. «Sono necessari ulteriori studi di dose-ranging per identificare la dose ottimale di nimacimab sia in monoterapia che in combinazione».

Referenze

Aronne L et al. Oral-105. Presented at: ObesityWeek; Nov. 4-7, 2025; Atlanta.

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