Leucemia linfoblastica acuta Ph+, con blinatumomab più ponatinib risultati migliori rispetto a chemio più imatinib
Una combinazione chemo-free costituita dall’anticorpo bispecifico blinatumomab più l’inibitore tirosin chinasico (TKI) ponatinib permette di ottenere tassi di risposta ematologica completa e di sopravvivenza superiori rispetto alla combinazione di imatinib e chemioterapia nei pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta (LLA) Philadelphia-positiva (Ph+). Lo dimostrano i primi risultati di un trial multicentrico italiano, lo studio di fase 3 GIMEMA ALL2820, presentati in occasione del 67° congresso dell’American Society of Hematology (ASH), a Orlando.
L’approccio chemo-free si è tradotto in una mortalità più bassa e in un miglioramento sia della sopravvivenza libera da eventi (EFS) sia della sopravvivenza globale (OS).
In particolare, al momento dell’analisi, nel braccio assegnato a blinatumomab più ponatinib si è osservato un tasso di risposta ematologica completa quasi del 95% e il tasso di mortalità è risultato quattro volte inferiore rispetto al braccio di confronto: 2,5% contro 10,2%.
Potenziale nuovo standard di cura
Lo studio, che ha arruolato pazienti adulti senza limiti di età, rappresenta il primo confronto formale fra questi due approcci in pazienti con leucemia linfoblastica acuta Ph+ di nuova diagnosi.
Secondo gli autori, i risultati offrono la certezza che la chemioterapia può essere omessa senza effetti negativi e suggeriscono che una combinazione chemo-free di un TKI e un farmaco immunoterapico potrebbe diventare il nuovo standard di cura per questo gruppo di pazienti.
«L’approccio chemo-free dovrebbe diventare il nuovo standard di cura per la leucemia linfoblastica acuta Ph+» ha affermato l’autrice principale dello studio, Sabina Chiaretti, Professore associato di Ematologia presso l’Università La Sapienza di Roma. «I primi risultati dello studio di fase 3 GIMEMA ALL2820 mostrano per la prima volta, in un confronto testa a testa, un vantaggio significativo di un approccio chemo-free rispetto alla combinazione di un TKI con la chemioterapia, con tassi superiori di risposta ematologica completa e negatività della MRD, meno decessi ed EFS e OS migliori».
«La significatività è stata davvero impressionante, con una differenza di oltre il 20% in termini di risposta molecolare, un test sensibile per le cellule tumorali residue dopo il trattamento, quindi questo approccio è davvero migliore», ha sottolineato l’autrice.
I presupposti dello studio
La leucemia linfoblastica acuta è un tipo di leucemia a rapida crescita che colpisce i globuli bianchi; la forma Ph+ è un sottotipo genetico causato da un’anomalia genetica nel cromosoma Philadelphia.
I pazienti con leucemia linfoblastica acuta Ph+ sono quelli a peggiore prognosi e con una maggiore resistenza alla chemioterapia. Vi è, dunque, una forte necessità di trattamenti più efficaci per questa specifica popolazione.
Negli ultimi anni, lo scenario è cambiato notevolmente grazie all’introduzione prima dei TKI nella fase di induzione e poi di blinatumomab nella fase di consolidamento, aprendo così la strada agli approcci chemo-free.
Nello studio GIMEMA LAL2116, per esempio, si è esplorata la combinazione del TKI dasatinib con blinatumomab, ottenendo risultati promettenti, con una buona efficacia e minori effetti collaterali rispetto alla chemioterapia.
Nello studio GIMEMA ALL2820, i ricercatori italiani hanno cercato di migliorare ulteriormente gli outcome, combinando blinatumomab con un TKI di nuova generazione in pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta Ph+ di nuova diagnosi.
Lo studio GIMEMA ALL2820
Per lo studio, i ricercatori hanno arruolato 236 pazienti adulti con leucemia linfoblastica acuta Ph+, di età compresa tra 19 e 84 anni, assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 2:1 al braccio sperimentale o al braccio di controllo.
Nel braccio sperimentale, ai pazienti di età compresa tra 18 e 65 anni è stato somministrato ponatinib alla dose di 45 mg/die per i primi 22 giorni, seguito da 30 mg/die fino al giorno 70, e poi due cicli di blinatumomab più ponatinib; ai pazienti di età pari o superiore a 65 anni sono stati somministrati 30 mg/die di ponatinib fino al giorno 70, seguiti da due cicli di terapia con blinatumomab e ponatinib.
Nel braccio di controllo, ai pazienti di età compresa tra 18 e 65 anni è stata somministrata chemioterapia più imatinib per tre cicli fino al giorno 70, seguiti dal solo imatinib per i successivi tre cicli; se i pazienti avevano 65 anni o più, veniva loro somministrata una chemioterapia lieve più imatinib per tre cicli fino al giorno 70, seguiti da un quarto ciclo con imatinib; se non si osservava nessuna risposta ematologica completa o nessuna negativizzazione della malattia residua misurabile (MRD), i pazienti potevano passare al braccio sperimentale.
Tasso di sopravvivenza libera da eventi superiore e migliore risposta al trattamento
Nel braccio trattato con l’approccio chemo-free sono stati riscontrati un tasso significativamente più elevato di EFS e una migliore risposta al trattamento.
A un follow-up mediano di 23,4 mesi, il tasso di EFS è risultato del 90% nel braccio sperimentale contro 74% nel braccio di controllo, mentre il tasso di OS è risultato rispettivamente del 94% contro 77%.
Il tasso di recidiva è stato simile tra i due bracci (6% con il regime chemo-free e 8% con la chemio più imatinib), anche se nel braccio sperimentale circa la metà delle recidive si è verificata in pazienti che avevano interrotto il trattamento, mentre nel braccio di controllo si sono osservate tutte in corso di trattamento.
Con blinatumomab più ponatinib, 80% di MRD-negatività
La risposta ematologica completa è stata raggiunta nel 94,3% dei pazienti nel braccio sperimentale e nel 79,4% dei controlli.
Con il regime chemo-free, inoltre, si è osservato un tasso più elevato di negatività della MRD, un indicatore che tutte o quasi tutte le cellule tumorali sono state eradicate. Infatti, solo il 49% dei pazienti nel braccio di controllo ha raggiunto l’MRD-negatività, mentre nel braccio sperimentale il 71% ha raggiunto la negatività della MRD dopo due cicli di blinatumomab e l’80% l’ha raggiunta dopo cinque cicli. Secondo Chiaretti, «questo suggerisce che i pazienti dovrebbero effettivamente ricevere i cinque cicli previsti. Questo è importante perché lavoriamo con blinatumomab da anni, ma non sapevamo ancora quanti cicli raccomandare».
Ai pazienti del gruppo di controllo che non raggiungevano l’MRD-negatività era offerta la possibilità di passare al braccio sperimentale. Circa il 37% dei controlli ha effettuato il cross-over e, di questi pazienti, il 62% ha successivamente raggiunto la negatività dell’MRD.
Profili di sicurezza coerenti con quelli attesi
La maggior parte dei decessi si è verificata in pazienti anziani e le infezioni sono state una delle principali cause di morte nel braccio sperimentale.
I profili di sicurezza sono risultati coerenti con quelli attesi per ciascuna terapia coinvolta nello studio e i ricercatori hanno affermato che la maggior parte degli eventi avversi è stata affrontata con successo riducendo il dosaggio dei farmaci.
Risultati applicabili in qualsiasi Paese
Sebbene lo studio sia stato condotto esclusivamente in Italia, Chiaretti ha rimarcato che i risultati dovrebbero essere applicabili in qualsiasi Paese.
Inoltre, ha aggiunto che un approccio terapeutico chemo-free può apportare benefici economici, riducendo la necessità di ospedalizzazione e consentendo ai pazienti di continuare a lavorare durante il trattamento oncologico.
La Professoressa, infine, ha riferito che è attualmente in corso uno studio separato per determinare se i pazienti con uno stato di MRD negativa persistente possano interrompere il trattamento con il TKI, senza aumentare il rischio di recidiva.
Bibliografia
S. Chiaretti, et al. First results of the Phase III GIMEMA ALL2820 trial comparing ponatinib plus blinatumomab to imatinib and chemotherapy for newly diagnosed adult ph+ acute lymphoblastic leukemia patients. Blood. 2025;146(suppl 1):439. doi.10.1182/blood-2025-439. leggi

