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Obesità e artrosi del ginocchio: rivoluzione nelle cure con Retatrutide

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Retatrutide, triplo agonista di Eli Lilly, ridisegna le frontiere della cura dell’obesità e dell’artrosi del ginocchio

Nel panorama dei farmaci per la gestione del peso e delle complicanze metaboliche, retatrutide si candida a diventare una vera svolta terapeutica. Eli Lilly ha annunciato i risultati del primo studio di Fase 3 condotto su persone con obesità o sovrappeso associate ad artrosi del ginocchio, e i dati hanno superato anche le aspettative più ottimistiche. In sole 68 settimane i partecipanti trattati con retatrutide hanno perso fino al 28,7% del loro peso corporeo, pari a oltre 32 chili in media, accompagnando questa riduzione con un miglioramento significativo del dolore articolare e della funzionalità del ginocchio.

È un risultato mai osservato in precedenza in questa popolazione, dove eccesso di peso e dolore articolare spesso alimentano un circolo vizioso che porta a immobilità, aggravamento dell’obesità e progressiva degenerazione articolare.

Secondo Kenneth Custer, presidente della divisione Cardiometabolic Health di Lilly, i dati di TRIUMPH-4 mostrano con chiarezza come un approccio terapeutico integrato sul metabolismo, sull’infiammazione e sulla regolazione dell’appetito possa cambiare la traiettoria clinica di pazienti che finora avevano alternative limitate. L’impatto sul dolore — misurato attraverso la scala validata WOMAC — è altrettanto notevole: la riduzione media ha sfiorato il 76% e, dato ancora più sorprendente, oltre un paziente su otto è arrivato a fine studio completamente libero dal dolore al ginocchio.

Meccanismo d’azione 3G
Una caratteristica centrale di retatrutide è il suo meccanismo d’azione assolutamente innovativo. Si tratta infatti di un triplo agonista, capace di attivare contemporaneamente tre recettori ormonali fondamentali per il metabolismo: GIP, GLP-1 e glucagone.

L’agonismo del recettore GLP-1 è ormai noto per indurre sazietà, rallentare lo svuotamento gastrico e migliorare la secrezione insulinica; è il meccanismo alla base di farmaci come semaglutide e tirzepatide. Il recettore GIP, più recentemente rivalutato, potenzia ulteriormente la risposta insulinica, favorisce un uso più efficiente dell’energia e amplifica la sensazione di pienezza post-prandiale, contribuendo a una riduzione più marcata dell’apporto calorico.

Infine, il recettore del glucagone aggiunge un elemento cruciale: aumenta la spesa energetica basale, stimola la combustione dei grassi e può ridurre l’infiammazione sistemica, un aspetto molto rilevante nei pazienti con artrosi. Il risultato della combinazione è un’azione sinergica su più fronti: diminuzione dell’appetito, incremento del dispendio energetico, migliore controllo glicemico e riduzione dei marcatori infiammatori.

Dettagli sullo studio
Lo studio TRIUMPH-4 ha arruolato 445 partecipanti con un indice di massa corporea pari o superiore a 27 kg/m², e una popolazione composta per l’84% da persone con obesità severa (BMI ≥ 35). I due dosaggi più elevati di retatrutide, 9 mg e 12 mg, sono stati confrontati con placebo per un periodo di 68 settimane, sempre in aggiunta a indicazioni standard su dieta equilibrata e attività fisica.

Sul fronte della perdita di peso, i risultati sono stati di portata eccezionale: il gruppo trattato con retatrutide 9 mg ha visto una riduzione media pari al 26,4% del peso corporeo, mentre con il dosaggio da 12 mg la perdita ha raggiunto il 28,7%, corrispondente a oltre 32 chilogrammi in media. Il gruppo placebo, nelle stesse condizioni, ha registrato un calo di appena 2,1%, confermando l’enorme differenza di efficacia e collocando retatrutide fra i farmaci metabolici più potenti mai valutati in uno studio clinico.

Un impatto altrettanto rilevante è emerso sul dolore articolare legato all’artrosi del ginocchio. Il punteggio WOMAC ha mostrato una riduzione fino a 4,5 punti, pari a un miglioramento del 75,8%, accompagnato da un incremento della funzione fisica quantificabile in un miglioramento massimo del 73,7%. Un dato particolarmente sorprendente è che più di un paziente su otto trattato con retatrutide risultava completamente privo di dolore al termine delle 68 settimane.

I benefici si sono estesi anche ai parametri cardiometabolici: retatrutide ha determinato una riduzione dei trigliceridi, del colesterolo non-HDL e della proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hs-CRP), indicatore dell’infiammazione sistemica. Con il dosaggio più alto, inoltre, è stato osservato un abbassamento della pressione arteriosa sistolica di 14 mmHg, un risultato clinicamente significativo in termini di prevenzione cardiovascolare.

Per quanto riguarda la tollerabilità, il profilo di sicurezza è apparso coerente con quello degli agonisti incretinici già in uso. Gli effetti indesiderati più frequenti sono stati nausea, diarrea, stipsi, vomito e riduzione dell’appetito. Le interruzioni del trattamento hanno riguardato il 12,2% dei partecipanti trattati con 9 mg, il 18,2% di quelli in terapia con 12 mg e il 4% dei soggetti in placebo. In diversi casi, soprattutto tra le persone con BMI molto elevato, la sospensione è stata motivata dalla percezione di un calo ponderale troppo rapido, un elemento che potrà orientare la modulazione delle dosi nella pratica clinica. Infine, gli episodi di disestesia, registrati in percentuali comprese tra l’8% e il 21% a seconda del dosaggio, si sono rivelati generalmente lievi e solo raramente hanno richiesto l’interruzione del trattamento.

Prossime tappe
I risultati completi dello studio saranno presentati in un congresso scientifico e pubblicati su rivista peer-reviewed, mentre altre sette sperimentazioni di Fase 3 sono attese nel 2026. Il programma TRIUMPH, che complessivamente coinvolge oltre 5800 partecipanti, esplorerà inoltre l’efficacia di retatrutide in aree ad altissimo bisogno terapeutico come apnea ostruttiva del sonno, diabete di tipo 2, malattia epatica metabolica e dolore lombare cronico.

Con questi dati, retatrutide emerge come uno dei farmaci più promettenti degli ultimi anni, capace di coniugare perdita di peso senza precedenti e miglioramento sostanziale di condizioni correlate, come l’artrosi del ginocchio. Un risultato che potrebbe modificare radicalmente l’approccio terapeutico a un insieme di patologie molto diffuse e altamente invalidanti.

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