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Fibrillazione atriale: stile di vita vero alleato

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Nei pazienti senza indicazione clinica agli SGLT2-inibitori, dapagliflozin non riduce né il burden di fibrillazione atriale né le recidive aritmiche precoci dopo ablazione

Negli ultimi anni gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) hanno rivoluzionato la gestione del diabete e dello scompenso cardiaco. Le loro azioni cardiometaboliche hanno fatto nascere l’ipotesi che potessero avere anche un effetto antiaritmico diretto, riducendo il rischio di recidive dopo ablazione della fibrillazione atriale (AF).

Ma i risultati del trial DARE-AF, presentati alle Scientific Sessions dell’American Heart Association (AHA) 2025, frenano queste aspettative: nei pazienti senza indicazione clinica agli SGLT2-inibitori, dapagliflozin non riduce né il burden di AF né le recidive aritmiche precoci dopo ablazione.

Come ha spiegato il principale investigatore Zixu Zhao (Beijing Anzhen Hospital), «i potenziali benefici antiaritmici degli SGLT2-inibitori sembrano derivare dal miglioramento delle condizioni cardiometaboliche, non da un effetto diretto sull’aritmia».

Sebbene l’ablazione sia oggi una terapia di prima linea per molti pazienti con AF, un 30–40% sviluppa una recidiva entro pochi mesi. Analisi post-hoc e registri osservazionali avevano suggerito una possibile riduzione del rischio aritmico nei pazienti trattati con SGLT2-inibitori, ma sempre in contesti clinici con diabete, scompenso o malattia renale cronica.

Restava quindi aperta la domanda: gli SGLT2-inibitori funzionano anche in pazienti senza comorbidità?

DARE-AF: come è stato costruito lo studio
Il trial ha coinvolto 200 pazienti sottoposti alla prima ablazione per AF persistente, senza diabete, scompenso o insufficienza renale.

L’età media era di circa 58 anni, l’81% uomini, con una durata mediana dell’aritmia di un anno.

I pazienti sono stati randomizzati entro 24 ore dalla procedura a:
• dapagliflozin 10 mg/die + usual care, oppure
• usual care da sola, per tre mesi.

La terapia anticoagulante è stata mantenuta per almeno tre mesi in tutti, e la maggior parte assumeva anche antiaritmici nelle prime settimane post-procedurali. L’endpoint principale era il burden di AF a 3 mesi, misurato tramite patch ECG a singola derivazione indossato per 7 giorni.

Risultati: nessun beneficio anti aritmico
Dapagliflozin non ha mostrato alcuna capacità di ridurre il burden o la recidiva di AF rispetto al trattamento standard.
• AF burden: 7,5% (dapagliflozin) vs 8,1% (controllo), P = 0.48
• Recidiva di AF: 29,5% vs 28,0%; HR 1.11

Anche gli indicatori strutturali e funzionali sono rimasti sovrapponibili:
• Riduzione del diametro atriale sinistro: −4,9 mm vs −4,7 mm
• Miglioramento della qualità di vita (AFEQT): nessuna differenza rilevante

Sul piano della sicurezza, dapagliflozin si è dimostrato ben tollerato, con percentuali simili di eventi avversi rispetto al controllo. Le due morti registrate nel gruppo attivo sono state considerate non correlate al farmaco.

Perché non funziona?
Le conclusioni del gruppo di ricerca sono chiare: se gli SGLT2-inibitori hanno un effetto benefico sull’AF, questo dipende dal miglioramento del profilo cardiometabolico, non da un effetto elettrofisiologico diretto.

Poiché i pazienti arruolati in DARE-AF erano privi di diabete, scompenso e CKD, non esisteva un substrato clinico su cui il farmaco potesse agire in modo rilevante.

Zhao ha riconosciuto alcuni limiti dello studio:
• durata del trattamento breve
• disegno open-label
• uso di patch ECG e non registratori impiantabili
• popolazione interamente cinese

Tutti elementi che suggeriscono prudenza nell’interpretare la generalizzabilità dei risultati.

La discussione: più che un farmaco, conta lo stile di vita
Commentando il trial, Clyde Yancy (Northwestern University) ha sintetizzato la questione in modo netto: «DARE-AF mostra che gli SGLT2-inibitori non riducono la recidiva aritmica dopo ablazione. Ma sappiamo che esistono strategie che funzionano».

Tra queste ha elencato: controllo della pressione arteriosa, perdita di peso superiore al 10%, gestione delle apnee del sonno, controllo glicemico ed esercizio regolare

Richiamando i risultati dello studio ARREST-AF, Yancy ha ricordato che le modifiche dello stile di vita hanno un impatto chiaro e documentato sulla fibrillazione atriale. E non solo: «funzionano per tutte le condizioni cardiovascolari».

Cosa significa per la pratica clinica?
DARE-AF ridimensiona l’entusiasmo per l’uso degli SGLT2-inibitori come strategia antiaritmica precoce nei pazienti senza comorbidità.

Il messaggio principale è duplice:
1. Dapagliflozin non previene le recidive dopo ablazione nei pazienti con profilo cardiometabolico normale.
2. La gestione delle comorbidità e l’adozione di stili di vita sani restano protagonisti assoluti nel controllo dell’AF.

In altre parole, l’ablazione resta una procedura efficace, ma il suo successo a lungo termine dipende da un approccio integrato che interviene sui fattori di rischio più che su farmaci aggiuntivi privi di chiara indicazione.

Bibliografia
Jian C, Zhao Z, Yang Z, et al. Dapagliflozin to reduce early recurrence after catheter ablation for atrial fibrillation: the DARE-AF randomized clinical trial. Circulation. 2025; Epub ahead of print.

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