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Il caffè quotidiano riduce le recidive di fibrillazione atriale

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Bere una tazza di caffè al giorno è associato a una riduzione significativa del rischio di recidive di fibrillazione atriale o flutter atriale nei sei mesi successivi alla cardioversione elettrica

Buone notizie per chi soffre di fibrillazione atriale (AF) ma non vuole rinunciare al piacere del caffè. Secondo i risultati del trial DECAF, presentati in una sessione late-breaking all’American Heart Association (AHA) 2025, bere una tazza di caffè al giorno è associato a una riduzione significativa del rischio di recidive di AF o flutter atriale nei sei mesi successivi alla cardioversione elettrica.

Il risultato sorprende perché rovescia un luogo comune consolidato: per anni pazienti e clinici hanno creduto — spesso basandosi su percezioni più che su dati — che la caffeina fosse un trigger aritmico. «Il caffè è uno degli alimenti più spesso accusati di provocare AF, tanto da essere tra i primi che i pazienti eliminano», ha spiegato il senior investigator Gregory Marcus (University of California, San Francisco). «Ma fino a oggi mancavano prove che l’astinenza fosse davvero utile».

Il trial DECAF: disegnato per sfatare un mito
Lo studio, pubblicato simultaneamente su JAMA, ha arruolato 200 pazienti (età media 69 anni, 71% uomini) con AF persistente sottoposti a cardioversione. Tutti avevano consumato almeno una tazza di caffè al giorno negli ultimi cinque anni, ma molti avevano già smesso dopo la diagnosi, convinti che fosse necessario per evitare recidive.

I partecipanti sono stati randomizzati a consumare una tazza di caffè al giorno, oppure astenersi completamente dalla caffeina per 180 giorni.

Il follow-up si è basato su ECG, dispositivi indossabili, controlli clinici e cartelle elettroniche, riflettendo la pratica quotidiana.

Risultati: -39% di recidive di AF nei coffee drinker
A sei mesi, i pazienti che avevano bevuto regolarmente caffè hanno mostrato una riduzione del 39% nella probabilità di recidiva di AF o flutter atriale rispetto al gruppo che era rimasto astinente (HR 0.61; 95% CI 0.42–0.89).

Il beneficio era:
• coerente in quasi tutti i sottogruppi,
• evidente anche considerando solo “qualunque consumo” vs “astinenza totale”.

Il consumo mediano era di 7 tazze a settimana, senza eccessi.

Nonostante la forza del dato, il presenter Christopher X. Wong (University of California / University of Adelaide) ha riconosciuto che solo una minoranza dei pazienti inizialmente screenati ha accettato la randomizzazione: molti rifiutavano di rinunciare al caffè, altri temevano potesse scatenare l’aritmia. Questo potrebbe aver escluso dal trial una possibile piccola quota di pazienti realmente sensibili alla caffeina.

Perché il caffè potrebbe proteggere dall’AF?
DECAF non può definire il meccanismo, ma Marcus ha indicato varie ipotesi supportate dalla letteratura:
• Caffeina e modello animale: prolungamento dei tempi di recupero elettrico degli atri.
• Blocco dei recettori dell’adenosina: prevenzione dell’innesco aritmico.
• Maggiore attività fisica: dati dal trial CRAVE mostrano che chi assume caffeina è più attivo, fattore che riduce il rischio di AF.
• Riduzione della pressione arteriosa e effetti antinfiammatori della caffeina.

Importante la precisazione di José Joglar (UT Southwestern), fra gli autori delle ultime linee guida AF: «Lo studio riguarda consumi moderati: meno di 400 mg di caffeina al giorno. Non riguarda energy drink o consumi eccessivi».

Cosa cambia per clinici e pazienti?
Le linee guida 2023 affermano già che non ci sono prove per raccomandare l’astinenza dalla caffeina nella gestione dell’AF, ma queste derive erano basate su studi osservazionali. DECAF fornisce finalmente dati prospettici e randomizzati, offrendo ai clinici una base concreta per rassicurare i pazienti.

Tuttavia, come sottolinea Andrea Russo (Cooper University Health Care), servono studi più ampi per valutare:
• un eventuale effetto dose-risposta,
• altre fonti di caffeina (tè, cola, guaranà),
• l’impatto su pazienti con AF parossistica.

Nonostante ciò, il messaggio chiave è chiaro: nei pazienti con AF persistente sottoposti a cardioversione, un consumo moderato di caffè non solo non è dannoso, ma potrebbe essere protettivo.

Riferimento Bibliografico
Wong CX, Cheung CC, Montenegro G, et al. Caffeinated coffee consumption or abstinence to reduce atrial fibrillation: the DECAF randomized clinical trial. JAMA. 2025; Epub ahead of print.

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