Obesità, Amycretin, agonista duale di Novo Nordisk, convince in fase II: forte calo di HbA1c e perdita di peso oltre il 14%
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Novo Nordisk ha presentato nuovi risultati di fase 2 sul suo agonista duale amycretin, una molecola progettata per attivare simultaneamente i recettori del GLP-1 e dell’amilina. Questo approccio nasce dal razionale di combinare due ormoni che agiscono in modo complementare sul controllo della glicemia e sulla regolazione dell’appetito: il GLP-1 migliora il metabolismo glucidico e favorisce la sazietà, mentre l’amilina rallenta lo svuotamento gastrico e contribuisce a ridurre l’assunzione calorica.
La strategia, in un contesto in cui diabete di tipo 2 e obesità procedono spesso insieme, punta a ottenere un doppio beneficio terapeutico e potenzialmente a colmare alcuni limiti delle terapie incretiniche tradizionali. Novo Nordisk sta sviluppando amycretin sia in formulazione iniettabile settimanale sia in formulazione orale giornaliera, un dettaglio rilevante perché potrebbe ampliare l’adozione del trattamento.
Struttura dello studio e risultati sul controllo glicemico
Lo studio di fase 2 ha coinvolto circa 448 persone con diabete di tipo 2 non controllato dalla metformina, alcune delle quali in trattamento concomitante con inibitori SGLT2 (circa il 40%). La durata del trattamento è stata di 36 settimane e il farmaco è stato testato in una gamma molto ampia di dosaggi: da 0,4 a 40 milligrammi per la versione iniettabile e da 6 a 50 milligrammi per quella orale. L’obiettivo principale del trial era valutare l’efficacia sul controllo glicemico, misurata attraverso la riduzione dell’emoglobina glicata (HbA1c), e sulla perdita di peso, insieme alla valutazione della sicurezza e tollerabilità del farmaco.
I risultati sull’HbA1c sono stati particolarmente rilevanti. Nella formulazione iniettabile la riduzione dell’emoglobina glicata ha raggiunto valori fino a circa –1,8% alla settimana 36 rispetto a un calo di appena –0,2% osservato con placebo. Anche la formulazione orale ha mostrato un’efficacia significativa, con una riduzione fino a –1,5% contro –0,4% del gruppo placebo.
È degno di nota il fatto che, tra i pazienti trattati con la versione iniettabile, quasi il 90% abbia raggiunto livelli di HbA1c inferiori al 7% e oltre il 76% sia arrivato fino al 6,5%, percentuali insolitamente elevate per una molecola ancora in fase intermedia di sviluppo.
La perdita di peso e il potenziale di impatto clinico
Ancora più sorprendenti sono stati i risultati relativi alla perdita di peso. I partecipanti che hanno ricevuto la formulazione iniettabile settimanale hanno ottenuto una riduzione media del peso corporeo pari al 14,5% rispetto al basale, mentre nel gruppo placebo la perdita si è fermata a circa il 2,6%. Con la formulazione orale la diminuzione è arrivata al 10,1%, sempre nettamente superiore al 2,5% del placebo. Un ulteriore elemento interessante emerso dai dati è che la curva del dimagrimento non mostrava ancora segni di plateau al termine delle 36 settimane, suggerendo che il calo ponderale potrebbe continuare nel tempo con trattamenti più prolungati, un aspetto molto significativo in una popolazione con diabete di tipo 2, storicamente più difficile da trattare sul fronte del peso.
Il profilo di sicurezza e tollerabilità è apparso coerente con quanto già osservato con altri agonisti incretinici, dominato da effetti gastrointestinali di gravità lieve o moderata come nausea e vomito. La formulazione orale merita attenzione aggiuntiva poiché nelle fasi iniziali di sviluppo erano stati segnalati tassi di vomito fino al 37,5%, un dato che dovrà essere monitorato nelle prossime fasi per valutarne l’impatto sull’aderenza. Non sono comunque emersi segnali di sicurezza tali da limitarne l’ulteriore sviluppo, ma resta la necessità di conferme su periodi più lunghi.
Le implicazioni per industria, mercato e linee guida future
Dal punto di vista clinico amycretin emerge come un candidato di grande interesse per il trattamento integrato di diabete di tipo 2 e controllo del peso. Il fatto che un’unica molecola possa ottenere un duplice effetto così marcato rappresenta una possibile evoluzione significativa del panorama terapeutico, anche considerando l’incremento di rischio cardiovascolare e metabolico associato al sovrappeso nei pazienti diabetici. La possibilità di disporre sia di un’iniezione settimanale sia di una pillola giornaliera potrebbe inoltre migliorare l’accettazione terapeutica e la personalizzazione del trattamento.
Sul piano industriale e commerciale il farmaco arriva in un momento cruciale per Novo Nordisk, che sta cercando di rinnovare la propria pipeline in vista delle future scadenze brevettuali e della crescente concorrenza nel settore dei farmaci per obesità e diabete. Amycretin potrebbe rappresentare un successore strategico del semaglutide, soprattutto se i risultati di fase 3 confermeranno l’efficacia superiore o equivalente con un profilo di sicurezza accettabile. Il mercato sta già osservando con attenzione questo candidato, collocandolo tra le molecole più promettenti nella nuova generazione di agonisti duali e multipli.
Permangono naturalmente alcune cautele. I dati sono di fase 2, dunque derivati da un campione limitato e un periodo di osservazione relativamente breve. Saranno fondamentali studi più ampi e lunghi per definire con precisione la sostenibilità della perdita di peso, la stabilità del controllo glicemico, la tollerabilità reale su vaste popolazioni e il possibile impatto sugli endpoint cardiovascolari. Novo Nordisk ha già annunciato che il programma di fase 3 prenderà il via nel 2026, includendo popolazioni più diversificate e un monitoraggio prolungato.
Nel complesso amycretin si profila come uno dei candidati più rilevanti nella pipeline attuale per la gestione del diabete di tipo 2, con un profilo di efficacia che unisce un robusto calo dell’HbA1c a una riduzione di peso finora quasi inedita in questa classe terapeutica. Se i risultati saranno confermati, potrebbe rappresentare una delle prossime grandi innovazioni nel settore metabolico.