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Parkinson: nuova ricerca svela i punti deboli della malattia

Un test di amplificazione dei semi di alfa-sinucleina (αSyn-SAA) identifica accuratamente le persone con malattia di Parkinson secondo un nuovo studio

Parkinson: uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Nuclear Medicine, fa luce sul meccanismo alla base della malattia, identificando nella neuroinfiammazione cronica un fattore determinante per la progressione dei sintomi

Parkinson: uno studio pubblicato sulla rivista The Journal of Nuclear Medicine, fa luce sul meccanismo alla base della malattia, identificando nella neuroinfiammazione cronica un fattore determinante per la progressione dei sintomi.

Grazie all’uso di un tracciante PET innovativo e di ultima generazione, gli scienziati hanno potuto osservare una marcata attivazione della microglia, le cellule immunitarie del cervello, in aree cerebrali specifiche dei pazienti. Questa attivazione conferma l’esistenza di una risposta infiammatoria costantemente attiva, strettamente associata al peggioramento dei sintomi motori e cognitivi.

“È stato utilizzato il tracciante [11C]SMW139, che si lega al recettore P2X7, un marcatore specifico della microglia proinfiammatoria – spiega il professor Salvatore Cuzzocreaordinario di Farmacologia presso il Dipartimento Chibiofarm dell’Università degli Studi di Messina – Al centro di questo processo neuroinfiammatorio e disfunzionale c’è l’alfa-sinucleina, una proteina che, se non degradata correttamente, si accumula formando aggregati tossici, chiamati corpi di Lewy. Questi aggregati stimolano il fenotipo proinfiammatorio della microglia, creando un circolo vizioso che alimenta la neurodegenerazione”.

La comprensione di questi meccanismi aiuta a spiegare non solo i sintomi motori del Parkinsonma anche quelli non motori, come affaticamentodepressionedolore neuropatico disturbi del sonno, che possono precedere di anni i tipici sintomi motori della malattia come tremore, rigidità muscolare e bradicinesia.

“Oggi lavoriamo su molecole capaci di prevenire l’accumulo di alfa-sinucleina, modulare la risposta neuroinfiammatoria e proteggere i mitocondri, le centrali energetiche delle cellule – aggiunge Cuzzocrea – In tal senso sono ormai numerose le ricerche del mio gruppo che attestano come una sostanza già prodotta dal nostro organismo (Palmitoiletanolamide-Pea) somministrata in forma biodisponibile (ultra-micronizzata) da sola o in combinazione con specifici antiossidanti come la quercetina, sia in grado di controllare la neuroinfiammazione prevenendo l’accumulo di alfa-sinucleina”.

Intervenire precocemente su questi meccanismi potrebbe rappresentare una strategia promettente per rallentare la progressione della malattia e migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti.

https://jnm.snmjournals.org/content/66/10/1646.long

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