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Infarto miocardico: studio mette in dubbio il beneficio dei beta-bloccanti

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Infarto miocardico e frazione di eiezione preservata: meta-analisi su 18mila pazienti mette in dubbio il beneficio dei beta-bloccanti

Dopo decenni in cui i beta-bloccanti sono stati considerati una parte pressoché imprescindibile della terapia post-infarto, una nuova meta-analisi pubblicata sul New England Journal of Medicine solleva interrogativi importanti sul loro impiego nei pazienti con frazione di eiezione preservata (LVEF ≥50%) e senza altre indicazioni specifiche alla terapia.

Lo studio, condotto dalla Beta-Blocker Trialists’ Collaboration, ha analizzato i dati individuali di 17.801 pazienti provenienti da cinque trial randomizzati open-label: REBOOT, REDUCE-AMI, BETAMI, DANBLOCK e CAPITAL-RCT. Si tratta della più ampia valutazione mai condotta su questo specifico sottogruppo di pazienti, e fornisce una fotografia molto nitida degli esiti clinici in un’area rimasta a lungo controversa.

Perché studiare i beta-bloccanti nel post-infarto con FE preservata
Storicamente, i beta-bloccanti hanno mostrato chiari benefici dopo un infarto miocardico, soprattutto nelle epoche precedenti alla PCI diffusa e alle terapie antipiastriniche e lipidiche moderne. Tuttavia, gran parte dell’evidenza favorevole proveniva da pazienti con disfunzione ventricolare, tachiaritmie o instabilità clinica.
Nel paziente stabile, trattato con le terapie attuali e con FE normale, l’effettivo vantaggio dei beta-bloccanti non è mai stato dimostrato in modo conclusivo.
Da qui la necessità di una meta-analisi coordinata con dati individuali, in grado di superare i limiti dei singoli trial.

Disegno dello studio: chi è stato incluso
La collaborazione ha selezionato solo studi che arruolassero pazienti:
• con infarto recente,
• con LVEF ≥50%,
• senza altre indicazioni consolidate a beta-blocco (es. aritmie, ipertensione non controllata, insufficienza cardiaca),
• randomizzati a beta-bloccante vs nessun beta-bloccante.

Il follow-up mediano è stato di 3,6 anni, un intervallo sufficiente a cogliere eventi clinici maggiori.

Risultati: nessuna riduzione significativa degli eventi maggiori
Nel gruppo trattato con beta-bloccante (8831 pazienti), l’endpoint composito di morte, nuovo infarto o scompenso cardiaco si è verificato nell’8,1% dei casi, contro l’8,3% nel gruppo controllo (8970 pazienti).
L’ hazard ratio è risultato 0,97 (IC 95% 0,87–1,07, P=0,54): un dato che indica assenza di beneficio clinico significativo.

Nessuno dei singoli componenti dell’endpoint ha mostrato differenze rilevanti:
• Mortalità per tutte le cause: HR 1,04
• Nuovo infarto miocardico: HR 0,89
• Insufficienza cardiaca: HR 0,87

Tutti gli intervalli di confidenza includevano l’unità, segnalando che l’effetto osservato potrebbe essere dovuto al caso.

Significato clinico: verso un uso più selettivo dei beta-bloccanti
I risultati della meta-analisi colpiscono per la loro consistenza e potrebbero portare a un importante riorientamento delle linee guida. Nei pazienti stabilizzati, con FE preservata e trattati con le terapie moderne del post-infarto, il beneficio dei beta-bloccanti appare assente o trascurabile, almeno sui principali outcome duri.

Questo non significa che i beta-bloccanti perdano valore in senso assoluto: continuano a essere fondamentali nei pazienti con:
• aritmie ventricolari o sopraventricolari,
• angina,
• disfunzione ventricolare sinistra,
• ipertensione non controllata.

Ma per il paziente tipo, con infarto rivascolarizzato e stabilizzato, FE normale e senza sintomi, la terapia potrebbe non offrire vantaggi misurabili.

Un risultato che rispecchia l’evoluzione della cardiologia moderna
La discussione dello studio sottolinea un punto cardine: il contesto clinico è radicalmente cambiato rispetto agli anni in cui i beta-bloccanti mostravano il massimo beneficio. Oggi i pazienti:
• vengono rivascolarizzati precocemente,
• ricevono doppia antiaggregazione,
• assumono statine potenti,
• hanno un rischio residuo molto più basso.

In questo nuovo scenario, il “margine di protezione” aggiuntiva offerto dal beta-blocco sembra ridursi fino a diventare non rilevabile.

Conclusioni
Questa meta-analisi di quasi 18.000 pazienti fornisce la miglior evidenza disponibile finora: nei pazienti con infarto recente, FE ≥50% e senza altre indicazioni specifiche, i beta-bloccanti non riducono l’incidenza di morte, nuovo infarto o scompenso cardiaco.

Le implicazioni cliniche potrebbero essere significative, aprendo la strada a un uso più mirato e personalizzato della terapia, evitando trattamenti prolungati là dove non mostrano beneficio.

Bibliografia
Kristensen AMD, Rossello X, Atar D, et al., for the Beta-Blocker Trialists’ Collaboration. Beta-Blockers after Myocardial Infarction with Normal Ejection Fraction. N Engl J Med. Published November 9, 2025. DOI: 10.1056/NEJMoa2512686.

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