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Obesità ipotalamica acquisita, benefici con aggiunta di setmelanotide

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Nei bambini e negli adulti con obesità ipotalamica acquisita il trattamento con setmelanotide in combinazione con una terapia con GLP-1 agonisti ha consentito una riduzione marcata del BMI

Nei bambini e negli adulti con obesità ipotalamica acquisita il trattamento con setmelanotide in combinazione con una terapia con GLP-1 agonisti ha consentito una riduzione dell’indice di massa corporea ancora più marcata rispetto a quanti non avevano ricevuto la terapia concomitante, secondo i risultati di un’analisi post-hoc dello studio TRANSCEND presentati al congresso ObesityWeek 2025.

L’obesità ipotalamica acquisita è una condizione rara e complessa causata da un danno all’ipotalamo, spesso secondario a tumori cerebrali come il craniofaringioma, interventi neurochirurgici, traumi, infezioni o radioterapia. Questo danno compromette i meccanismi neuroendocrini che regolano l’appetito, la sazietà e il metabolismo, provocando un aumento ponderale rapido e sproporzionato, spesso non correlato a dieta o attività fisica. I pazienti manifestano iperfagia persistente, ridotto dispendio energetico e resistenza centrale alla leptina, con frequente associazione a disturbi endocrini come diabete insipido, ipopituitarismo e pubertà precoce o ritardata.

Setmelanotide consente un approccio mirato e personalizzato
Il trattamento convenzionale dell’obesità risulta spesso inefficace, rendendo necessarie terapie mirate. Setmelanotide è un agonista selettivo del recettore della melanocortina-4 (MC4R), progettato per ripristinare il segnale neuroendocrino alterato nei pazienti con obesità causata da deficit genetici o ipotalamici. Il suo meccanismo d’azione si basa sull’attivazione diretta del recettore MC4R, che normalmente riceve stimoli dall’ormone α-melanocita-stimolante (α-MSH), un peptide derivato dalla proopiomelanocortina (POMC).

In condizioni fisiologiche, l’α-MSH si lega al recettore MC4R nell’ipotalamo, attivando una cascata intracellulare che riduce l’appetito e aumenta la spesa energetica. Tuttavia, nei pazienti con mutazioni in geni come POMC, PCSK1 o LEPR, oppure in quelli con lesioni ipotalamiche acquisite, questo asse è compromesso: la produzione di α-MSH è ridotta o assente, e il recettore MC4R non viene adeguatamente stimolato. Il risultato è una fame incontrollata, una ridotta termogenesi e un aumento ponderale progressivo.

Setmelanotide agisce come analogo dell’α-MSH, legandosi selettivamente al recettore MC4R e riattivando il segnale in modo mirato, riducendo l’iperfagia e favorendo la perdita di peso. A differenza di altri farmaci anti-obesità, non dipende dalla leptina e può essere efficace anche in presenza di resistenza leptinica, una condizione comune in molte forme di obesità grave. Inoltre, la sua azione è dose-dipendente e può essere modulata in base alla risposta clinica del paziente.

Riduzione maggiore del BMI con uso concomitante di GLP-1 agonisti
Nello studio TRANSCEND, i ricercatori hanno arruolato 120 bambini e adulti (età media 19,9 anni) con obesità ipotalamica secondaria a tumore, lesione o trauma, randomizzati a ricevere setmelanotide o placebo una volta al giorno per un periodo massimo di 60 settimane. Nei partecipanti in trattamento attivo è stata osservata una riduzione del BMI del 19,8% superiore rispetto al gruppo placebo (P<0,0001)

Nell’analisi post-hoc presentata al congresso, i soggetti sono stati stratificati in base all’uso concomitante di farmaci GLP-1 agonisti. Un totale di 15 partecipanti ha ricevuto una terapia concomitante tali agenti durante lo studio, nove nel gruppo setmelanotide e sei nel gruppo placebo.

«Il successo costante di setmelanotide evidenzia che il difetto centrale nell’obesità ipotalamica acquisita è un’alterazione del segnale lungo la via del recettore melanocortinico-4, dovuta a una ridotta disponibilità di α-MSH» ha dichiarato il relatore Christian Roth, professore di pediatria presso la University of Washington e il Norcliffe Foundation Center for Integrative Brain Research. «Setmelanotide corregge questo deficit ormonale e, una volta ripristinato, i pazienti recuperano una fisiologia più vicina alla norma e possono rispondere meglio ad altri trattamenti anti-obesità, inclusi i GLP-1 agonisti».

«Questo nuovi risultati sono stati fondamentali per dimostrare che la mancata risposta ai GLP-1 agonisti non implica una resistenza terapeutica generalizzata» ha aggiunto. «Nell’obesità ipotalamica acquisita, dove l’ormone α-melanocita-stimolante è carente, i pazienti possono comunque rispondere bene a setmelanotide anche se in precedenza i farmaci GLP-1 si erano rivelati inefficaci».

Referenze

Roth C, et al. Oral-071. Presented at: ObesityWeek; Nov. 4-7, 2025; Atlanta.

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