È da sempre considerata una delle alternative “più naturali” per chi fatica a dormire. Ma l’uso prolungato della melatonina potrebbe non essere così innocuo per il cuore
È da sempre considerata una delle alternative “più naturali” per chi fatica a dormire. Ma l’uso prolungato della melatonina potrebbe non essere così innocuo per il cuore.
Un ampio studio osservazionale presentato all’American Heart Association (AHA) 2025 ha infatti evidenziato che l’assunzione cronica di melatonina per l’insonnia si associa a un rischio quasi doppio di sviluppare scompenso cardiaco (HF), a un incremento dei ricoveri per HF e a un raddoppio della mortalità totale a 5 anni.
Lo studio: oltre 130 mila pazienti analizzati
La ricerca, coordinata da Ekenedilichukwu Nnadi, MD, e colleghi, si è basata sui dati della rete internazionale TriNetX Global Research Network, comprendendo 130.828 adulti con diagnosi di insonnia (età media 56 anni; 61% donne).
Tra questi, 65.414 soggetti avevano assunto melatonina per almeno un anno, mentre un gruppo di pari dimensioni non ne aveva mai fatto uso. Tutti i partecipanti con scompenso cardiaco pregresso o in terapia con altri ipnotici da prescrizione sono stati esclusi.
Grazie a una propensity score matching analysis, i due gruppi sono stati bilanciati per età, sesso, comorbidità, parametri laboratoristici, farmaci concomitanti e utilizzo dei servizi sanitari.
I risultati: più scompenso, più ricoveri, più decessi
Dopo cinque anni di follow-up, le differenze tra i due gruppi sono risultate nette:
• Nuovi casi di scompenso cardiaco: 5% nei soggetti trattati con melatonina vs 3% nei controlli (HR 1,89; p<0,001)
• Ricoveri per scompenso cardiaco: 19% vs 7%
• Mortalità per tutte le cause: 8% vs 4% (HR 2,09)
I risultati sono rimasti consistenti anche nelle analisi di sensibilità, limitate a chi aveva ricevuto almeno due prescrizioni di melatonina distanziate di 90 giorni o più (HR 1,82 per lo scompenso cardiaco).
Un segnale di rischio inatteso
“Molti pensano alla melatonina come a un integratore sicuro e naturale per migliorare il sonno,” spiegano gli autori. “È sorprendente osservare un’associazione così forte e coerente con eventi cardiovascolari gravi, anche dopo aver corretto per numerosi fattori confondenti.”
Gli esperti tuttavia mettono in guardia contro interpretazioni affrettate: “Il nostro studio non può provare un rapporto di causa-effetto diretto,” sottolineano. “Ma i risultati sollevano dubbi importanti sulla sicurezza cardiovascolare dell’uso cronico di melatonina, e indicano la necessità di ulteriori ricerche dedicate.”
Melatonina, non sempre innocua: cosa sappiamo oggi
La melatonina è un ormone endogeno secreto dalla ghiandola pineale, che regola i ritmi circadiani e facilita l’induzione del sonno.
Nell’ultimo decennio, il suo utilizzo come supplemento da banco è esploso, spesso in assenza di controllo medico e con dosaggi molto variabili tra i diversi preparati commerciali.
Sebbene nel breve termine appaia ben tollerata, i dati sugli effetti cronici a lungo termine restano scarsi. Alcuni studi sperimentali hanno ipotizzato un potenziale effetto sul tono simpatico e sulla pressione arteriosa, ma nessuno aveva mai segnalato un aumento così marcato del rischio di scompenso cardiaco e mortalità.
Pur senza prove definitive, il quadro emergente suggerisce che l’uso cronico di melatonina possa interferire con la regolazione autonomica, il metabolismo cardiovascolare e la funzione mitocondriale, creando — nei soggetti predisposti — un terreno favorevole allo sviluppo di disfunzione ventricolare e scompenso cardiaco.
In altre parole: ciò che è “fisiologico” a breve termine può diventare disritmico e maladattativo se protratto nel tempo.
Cosa resta da chiarire
Gli autori non escludono che la melatonina possa essere un marcatore indiretto di altre condizioni predisponenti (come insonnia cronica, stress o uso concomitante di altri farmaci), ma ritengono che i risultati meritino una verifica prospettica controllata.
“Dobbiamo capire se l’uso cronico altera la regolazione cardiovascolare o se agisce su altri meccanismi metabolici,” ha spiegato Nnadi. “Per ora, il messaggio è di prudenza: la melatonina non è un farmaco privo di effetti, e il suo impiego prolungato richiede sorveglianza.”
In sintesi
• Lo studio TriNetX (130.000 pazienti) mostra che l’uso di melatonina per più di un anno si associa a un rischio aumentato di scompenso cardiaco e morte.
• L’associazione resta significativa anche dopo aggiustamenti multipli per comorbidità e fattori confondenti.
• Gli autori non dimostrano causalità, ma chiedono nuovi studi per chiarire i meccanismi e valutare la sicurezza cardiovascolare dell’ormone del sonno.
Conclusione
La melatonina, simbolo di naturalità e sicurezza, potrebbe nascondere un lato oscuro per il cuore, soprattutto se usata per lunghi periodi.
In attesa di studi prospettici dedicati, gli esperti invitano a non banalizzare l’uso cronico di supplementi ormonali, anche quando si presentano come “naturali”.
“Dormire meglio è importante,” concludono gli autori, “ma non a costo di mettere a rischio il cuore.”
Bibliografia
Nnadi E., et al. Effect of long-term melatonin supplementation on incident heart failure in adults with insomnia: a 5-year propensity-matched cohort analysis (TriNetX Global Research Network). Abstract 4371606. In: Circulation. 2025;152(Suppl 3). Presented at the AHA Scientific Sessions 2025.

