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Artrite psoriasica, attività di malattia può peggiorare durante la perimenopausa

Lo studio CONTROL, un trial multicentrico, randomizzato e in aperto di fase 4, conferma i benefici dell'aggiunta di adalimumab a metotressato

Un’analisi di lungo periodo rivela che, nelle donne affette da artrite psoriasica (PsA), l’attività di malattia tende ad aumentare in modo significativo durante la perimenopausa

Un’analisi di lungo periodo, condotta su quasi mezzo secolo di osservazioni cliniche, rivela che, nelle donne affette da artrite psoriasica (PsA), l’attività di malattia tende ad aumentare in modo significativo durante la perimenopausa, per poi ridursi leggermente una volta completata la transizione menopausale.

I risultati, presentati al congresso ACR Convergence 2025, suggeriscono che i cambiamenti ormonali di questa fase possano intensificare i sintomi articolari e cutanei tipici della patologia.

Razionale e obiettivi dello studio
La perimenopausa rappresenta una fase complessa nella vita di una donna, caratterizzata da una graduale riduzione della produzione di estrogeni e da un’ampia variabilità ormonale che può influenzare molteplici funzioni dell’organismo.
È noto che sintomi come stanchezza, dolori muscoloscheletrici, disturbi del sonno e variazioni dell’umore compaiano frequentemente in questo periodo e che spesso si sovrappongano a quelli di alcune patologie reumatologiche.

La PsA è una di queste condizioni, ma finora il legame tra menopausa e andamento della malattia era stato poco esplorato.

Diversi studi condotti su altre patologie autoimmuni, come l’artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico, hanno già evidenziato un possibile peggioramento dei sintomi dopo la menopausa, suggerendo che gli ormoni sessuali femminili possano esercitare un effetto protettivo sul sistema immunitario. Tuttavia, nel caso della PsA, mancavano dati sistematici capaci di chiarire se e in che misura la menopausa influenzi l’attività di malattia.

Su queste premesse è stato implementato il nuovo studio presentato al congresso, che si è proposto l’obiettivo di valutare se l’attività della PsA subisca variazioni significative durante la perimenopausa rispetto ai periodi che la precedono o la seguono.
Un ulteriore scopo dello studio era comprendere se fattori come la fatigue cronica o il BMI possano contribuire a spiegare le eventuali variazioni osservate, chiarendo meglio i meccanismi alla base di questo fenomeno.

Disegno dello studio
Per indagare in modo rigoroso questa relazione, i ricercatori hanno analizzato i dati di 477 donne affette da PsA, inserite in una coorte prospettica seguita per oltre quarant’anni, dal 1978 al 2024.
Le partecipanti sono state seguite con regolarità attraverso visite cliniche periodiche, durante le quali venivano raccolte informazioni su parametri infiammatori, terapie in corso, comorbilità e storia riproduttiva, inclusa l’età della menopausa.

La perimenopausa è stata definita nello studio come il periodo che si estende da due anni prima a due anni dopo l’ultima mestruazione, mentre la fase post-menopausale è stata considerata a partire da più di due anni dopo la cessazione del ciclo mestruale.
Per misurare l’attività della malattia, il team di ricerca ha utilizzato diversi strumenti clinici e laboratoristici. Tra questi, il punteggio DAPSA, che combina parametri clinici e biochimici per fornire una valutazione complessiva della gravità della PsA, il conteggio delle articolazioni dolenti e tumefatte, l’indice PASI per la severità delle lesioni cutanee, la proteina C reattiva come marker biologico di infiammazione e il punteggio FACIT-fatigue per quantificare la percezione soggettiva di affaticamento.

Sono stati inoltre esplorati i possibili effetti mediatori del BMI e della fatica sui punteggi DAPSA osservati durante la perimenopausa.

Nel complesso, le 477 pazienti incluse nello studio sono state sottoposte ad un totale di 8.381 visite cliniche, con un follow-up medio di oltre dodici anni. L’età media al momento della prima visita era di circa 45 anni, mentre la menopausa sopraggiungeva mediamente intorno ai 49 anni. Solo una piccola percentuale, pari all’1,5%, aveva assunto terapia ormonale sostitutiva nel corso del periodo osservato.

Risultati principali
Dai dati dello studio emerge in modo chiaro che la fase perimenopausale rappresenta un momento di maggiore attività della PsA. In media, durante questo periodo, i punteggi DAPSA tendevano ad aumentare, per poi diminuire leggermente una volta superata la transizione menopausale.

Le analisi con modelli lineari hanno confermato l’associazione tra la perimenopausa e punteggi DAPSA più elevati rispetto sia al periodo precedente la transizione sia alla fase successiva, con differenze statisticamente significative.
In parallelo, le pazienti presentavano un numero maggiore di articolazioni dolenti e tumefatte e un incremento dei punteggi PASI, segnalando quindi un peggioramento non solo dei sintomi articolari ma anche delle manifestazioni cutanee della psoriasi. Questo peggioramento risultava evidente anche nei parametri oggettivi di infiammazione, suggerendo che si tratti di un fenomeno biologico reale e non solo di una percezione soggettiva dovuta ai cambiamenti ormonali.

Analizzando i possibili fattori mediatori, è emerso che l’aumento della fatigue durante la perimenopausa contribuiva solo in parte al peggioramento dell’attività di malattia, rendendo conto di circa il 12-18% dei casi.
Il BMI, invece, non mostrava alcuna influenza significativa sui cambiamenti del DAPSA, escludendo quindi che l’aumento dell’attività di malattia potesse essere legato a variazioni ponderali o a modifiche dello stile di vita.

Questi dati indicano che il peggioramento della PsA durante la perimenopausa non è riconducibile a fattori esterni o comportamentali, ma appare strettamente correlato ai cambiamenti endocrini e immunitari che caratterizzano questa fase della vita femminile.

Conclusioni
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno affermato che il loro studio è il primo, a loro conoscenza, ad aver dimostrato in modo sistematico un legame diretto tra la menopausa e l’attività di PsA.
La scoperta che l’attività della malattia aumenti significativamente durante la perimenopausa, per poi ridursi leggermente dopo la menopausa, suggerisce che le fluttuazioni ormonali possano agire da fattori scatenanti o amplificatori dell’infiammazione articolare e cutanea.

Queste evidenze hanno importanti ricadute pratiche nella gestione clinica della PsA. È essenziale che i reumatologi riconoscano la possibilità di un peggioramento dei sintomi in concomitanza con la transizione menopausale e che imparino a distinguere con attenzione i disturbi attribuibili all’attività infiammatoria da quelli legati ai cambiamenti ormonali fisiologici.

Da ultimo, i risultati dello studio sollevano interrogativi interessanti sul possibile impiego della terapia ormonale sostitutiva nelle donne con PsA. Sebbene la percentuale di pazienti trattate con HRT nella coorte sia stata molto bassa, l’ipotesi che un’adeguata modulazione ormonale possa contribuire a ridurre l’attività infiammatoria merita di essere approfondita in studi futuri.

Nel complesso, questo studio apre una nuova prospettiva sul rapporto tra ormoni femminili e malattie autoimmuni, invitando ad un approccio più personalizzato e multidisciplinare nella cura delle pazienti con PsA.

Bibliografia
Eder L. The perimenopause period is associated with increased levels of disease activity in psoriatic arthritis. Abstract 1714; ACR 2025, Chicago

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