Rituximab riduce in modo significativo il rischio di recidiva nei pazienti adulti affetti da sindrome nefrosica frequentemente recidivante (FRNS) o dipendente da steroidi (SDNS)
Un trial clinico condotto in Giappone e pubblicato su Jama ha dimostrato che il trattamento con rituximab riduce in modo significativo il rischio di recidiva nei pazienti adulti affetti da sindrome nefrosica frequentemente recidivante (FRNS) o dipendente da steroidi (SDNS), rispetto al placebo. Dopo 49 settimane, quasi nove pazienti su dieci trattati con rituximab erano liberi da recidive, contro meno di quattro su dieci nel gruppo di controllo.
Razionale e obiettivi dello studio
La sindrome nefrosica primaria dell’adulto, che include la forma a lesioni minime, è una condizione rara con un’incidenza stimata tra 0,2 e 0,8 casi ogni 100.000 persone per anno. È caratterizzata da proteinuria severa e ipoalbuminemia.
Le forme frequentemente recidivanti (FRNS) e quelle steroido-dipendenti (SDNS) rappresentano un sottogruppo di pazienti nei quali la malattia tende a ripresentarsi più volte o a richiedere una terapia steroidea prolungata per mantenere la remissione.
Rituximab, anticorpo monoclonale diretto contro l’antigene CD20 dei linfociti B, è già utilizzato per alcune neoplasie e malattie autoimmuni, e raccomandato dalle linee guida KDIGO 2021 come possibile opzione terapeutica nelle forme FRNS e SDNS, accanto a farmaci come ciclofosfamide, inibitori della calcineurina e mofetil micofenolato. Tuttavia, fino ad ora, nessuno studio randomizzato aveva valutato in modo sistematico la sua efficacia nei pazienti adulti con sindrome nefrosica.
L’obiettivo principale dello studio è stato, quindi, quello di verificare se rituximab fosse in grado di prevenire le recidive in adulti con FRNS o SDNS, rispetto al placebo, e di valutare la possibilità di ridurre l’impiego cronico di corticosteroidi o altri immunosoppressori.
In adulti affetti da sindrome nefrosica frequentemente recidivante (FRNS) o dipendente da steroidi (SDNS), il trattamento con rituximab si è dimostrato nettamente superiore al placebo nel prevenire le recidive. Dopo 49 settimane, l’87,4% dei pazienti trattati con rituximab era libero da recidiva rispetto al 38% nel gruppo placebo, confermando il ruolo di questo anticorpo monoclonale come opzione terapeutica efficace per ridurre il rischio di ricaduta della sindrome nefrosica.
Disegno dello studio
Lo studio, un trial multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, è stato condotto in 13 centri in Giappone tra il 1° settembre 2020 e il 28 giugno 2022, con follow-up conclusivo il 15 marzo 2024.
Sono stati arruolati 72 pazienti adulti con FRNS o SDNS in remissione (proteinuria <0,3 g/gCr), dei quali 66 (92%) sono stati sottoposti a trattamento con almeno una dose del farmaco in studio e sono stati inclusi nell’analisi finale. L’età media era di 47,9 anni e il 56,1% erano donne.
I partecipanti sono stati randomizzati a trattamento con rituximab per via endovenosa (375 mg/m² alle settimane 1, 2 e 25) o placebo, con un periodo di osservazione di 49 settimane.
I pazienti in terapia steroidea hanno mantenuto la dose iniziale per le prime quattro settimane, seguite da una riduzione graduale ogni quattro settimane fino alla sospensione. Gli altri immunosoppressori potevano essere ridotti o sospesi a discrezione del medico curante.
L’endpoint primario era rappresentato dalla proporzione di pazienti liberi da recidiva di sindrome nefrosica alla settimana 49. La recidiva era definita dal riscontro di proteinuria ≥1 g/gCr in due misurazioni consecutive.
Tra gli endpoint secondari, figuravano il tempo alla recidiva, la possibilità di sospendere i corticosteroidi, le variazioni di proteinuria e degli altri parametri biochimici e la sicurezza del trattamento.
Risultati principali
Dopo 49 settimane di follow-up, la percentuale di pazienti liberi da recidiva è risultata significativamente più elevata nel gruppo rituximab (87,4%; IC95%: 69,8-95,1) rispetto al gruppo placebo (38%; IC95%: 22,1-53,8; P<0,001).
Il tempo mediano libero da recidiva è stato superiore a 49 settimane nel gruppo rituximab e di 30,8 settimane nel gruppo placebo.
Secondo il modello di Cox stratificato, il trattamento con rituximab ha comportato una riduzione dell’84% del rischio di recidiva rispetto al placebo (HR:0,16; IC95%:0,05-0,46; P<0,001).
Tra i 32 pazienti trattati con rituximab, solo 4 hanno avuto una recidiva, contro 20 su 34 nel gruppo placebo. Inoltre, una quota significativamente maggiore di pazienti nel gruppo rituximab ha sospeso i corticosteroidi entro la settimana 49 (71,9% vs 36,4%; P=0,006).
Dal punto di vista della sicurezza, l’evento avverso più comune è stato la reazione da infusione (40,6% con rituximab vs. 2,9% con placebo). Nessun decesso è stato riportato. Solo uno dei 18 endpoint secondari ha raggiunto significatività statistica, a favore del rituximab.
Implicazioni cliniche
I risultati di questo trial forniscono una forte evidenza a sostegno dell’impiego di rituximab nella prevenzione delle recidive di sindrome nefrosica dell’adulto nelle forme FRNS e SDNS.
Oltre a migliorare il tasso di remissione libera da recidiva, il farmaco ha permesso ad un numero più elevato di pazienti di sospendere la terapia steroidea, riducendo così il rischio di tossicità a lungo termine.
Questi dati si inseriscono in un contesto in cui rituximab, pur non essendo ancora approvato dalla FDA e da EMA per questa indicazione, è già incluso tra le opzioni terapeutiche raccomandate dalle linee guida KDIGO 2021 per le glomerulopatie, insieme a ciclofosfamide, inibitori della calcineurina e mofetil micofenolato.
Limiti dello studio
Tra i limiti principali dello studio ammessi dagli stessi autori si segnalano la dimensione campionaria ridotta (66 pazienti trattati) e una durata di follow-up relativamente breve (49 settimane), che non consente di valutare la persistenza della remissione nel lungo termine né di escludere del tutto l’incidenza di recidive tardive.
Inoltre, la popolazione studiata era omogenea per etnia (pazienti giapponesi) e composta in prevalenza da soggetti con sindrome a lesioni minime, fattori che possono limitare la generalizzabilità dei risultati ad altre popolazioni e fenotipi istologici.
Bibliografia
Isaka Y, et al “Rituximab for relapsing nephrotic syndrome in adults: a randomized clinical trial” JAMA 2025; DOI: 10.1001/jama.2025.19316.
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