Nerandomilast, somministrato in entrambe le dosi di 9 mg e 18 mg due volte al giorno, riduce in modo significativo il declino della FVC rispetto al placebo nei pazienti statunitensi affetti da fibrosi polmonare idiopatica
Un’analisi post hoc dello studio di fase III FIBRONEER-IPF, presentata al recente congresso CHEST 2025, ha evidenziato che il trattamento con nerandomilast, somministrato in entrambe le dosi di 9 mg e 18 mg due volte al giorno, riduce in modo significativo il declino della FVC rispetto al placebo nei pazienti statunitensi affetti da fibrosi polmonare idiopatica (IPF).
I risultati ottenuti in questo sottogruppo sono in linea con quelli osservati nella popolazione globale dello studio, confermando l’efficacia e la sicurezza del farmaco in un contesto clinico più ampio.
Razionale d’impiego di nerandomilast e obiettivi dell’analisi per sottogruppi
L’IPF è una patologia cronica, progressiva e potenzialmente fatale, caratterizzata da un deterioramento irreversibile della funzione polmonare. Le opzioni terapeutiche attualmente disponibili, rappresentate principalmente da nintedanib e pirfenidone, offrono un beneficio limitato e non arrestano completamente la progressione della malattia. In questo scenario, nerandomilast rappresenta una nuova opportunità terapeutica: si tratta di un inibitore orale selettivo della fosfodiesterasi 4B (PDE4B), sviluppato per ridurre l’infiammazione cronica e i processi fibrotici polmonari.
Dopo oltre dieci anni senza nuove approvazioni in questa indicazione, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha recentemente autorizzato nerandomilast per il trattamento degli adulti con IPF.
L’analisi presentata al congresso annuale CHEST 2025 aveva l’obiettivo di valutare l’efficacia e la sicurezza del farmaco nei pazienti arruolati negli Stati Uniti, confrontando i risultati con quelli della popolazione complessiva dello studio FIBRONEER-IPF.
Disegno dello studio
Lo studio FIBRONEER-IPF è uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato e controllato con placebo, con un periodo di trattamento di 52 settimane. Nel sottogruppo statunitense sono stati inclusi 196 pazienti adulti, con un’età media di 73 anni, prevalentemente uomini (81,6%) e con una FVC media iniziale pari al 76,5% del valore predetto.
I partecipanti al trial sono stati randimizzati ad uno dei tre regimi di trattamento seguenti:
– nerandomilast 18 mg due volte al giorno
– nerandomilast 9 mg due volte al giorno
– placebo.
Al basale, oltre la metà dei pazienti era già in trattamento con nintedanib e circa un terzo assumeva pirfenidone, riflettendo la pratica clinica reale dei centri statunitensi.
Risultati principali
Dopo 52 settimane di trattamento, il declino medio aggiustato della FVC è risultato significativamente inferiore nei pazienti trattati con nerandomilast rispetto al placebo.
Nel gruppo nerandomilast 18 mg, la variazione media della FVC è stata di -126,2 mL, rispetto a -257,9 mL del gruppo placebo, con una differenza aggiustata di 131,7 mL (IC95%: 33,8–229,6).
Un risultato simile, seppur di entità leggermente inferiore, è stato osservato con la dose da 9 mg, in cui la riduzione della FVC è stata di -152,7 mL contro -257,9 mL con placebo, con una differenza aggiustata di 105,2 mL (IC95%: 13–197,4).
È interessante notare che il tasso di declino della FVC nel gruppo placebo statunitense è risultato più marcato rispetto a quello osservato in altre regioni, suggerendo una possibile maggiore aggressività della malattia o differenze nella gestione clinica.
Per quanto riguarda gli endpoint compositi, i pazienti trattati con 18 mg di nerandomilast hanno mostrato un rischio inferiore di esacerbazioni acute, ospedalizzazioni per cause respiratorie o decessi rispetto al gruppo placebo (19,6% contro 35,7%; hazard ratio (HR): 0,6; IC95%: 0,3-1,22).
Anche nel gruppo trattato con 9 mg si è osservata una tendenza favorevole, con una minore proporzione di eventi rispetto al placebo (25,7% contro 35,7%; HR: 0,91; IC95%: 0,49-1,67).
Analizzando il tasso di mortalità isolato, la dose da 9 mg ha mostrato una percentuale lievemente superiore rispetto al placebo (15,7% contro 14,3%), mentre la dose da 18 mg ha evidenziato una riduzione della mortalità (8,9% contro 14,3%), suggerendo un possibile beneficio dose-dipendente.
Safety
Il profilo di sicurezza di nerandomilast è apparso nel complesso favorevole e in linea con quello della popolazione globale dello studio. La sospensione del trattamento per eventi avversi è risultata meno frequente con nerandomilast rispetto al placebo.
L’evento avverso più comune che ha portato all’interruzione della terapia è stato la diarrea, riportata nel 7,1% dei pazienti trattati con 18 mg e nel 2,9% di quelli con 9 mg, a fronte di nessun caso nel gruppo placebo.
Complessivamente, la percentuale di pazienti che ha manifestato eventi avversi è stata inferiore nei gruppi nerandomilast rispetto al placebo, così come la frequenza di eventi avversi gravi.
Riassumendo
Nel complesso, i risultati dell’analisi del sottogruppo statunitense dello studio FIBRONEER-IPF confermano che nerandomilast, sia alla dose di 9 mg sia a quella di 18 mg, è in grado di ridurre in modo clinicamente rilevante il declino della funzione polmonare nei pazienti con IPF, mantenendo un buon profilo di tollerabilità. La dose di 18 mg ha mostrato gli effetti più consistenti, con un possibile vantaggio anche in termini di sopravvivenza e riduzione degli eventi respiratori gravi.
Bibliografia
Maher TM, et al. Effect of nerandomilast in US patients with idiopathic pulmonary fibrosis: Subgroup analysis of the FIBRONEER-IPF trial. CHEST Annual Meeting; Oct. 19-22, 2025; Chicago.

