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Aderenza terapeutica in Crohn e colite ulcerosa: un nuovo consenso

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Aderenza terapeutica in Crohn e colite ulcerosa: un nuovo consenso per migliorare la qualità di vita dei pazienti

La non aderenza alle terapie è uno dei principali ostacoli nella gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD), malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa. Un recente studio italiano di consenso, basato sul metodo Delphi, ha individuato fattori di rischio e strategie per migliorare l’aderenza terapeutica, delineando 12 raccomandazioni pratiche per ottimizzare la cura e ridurre le recidive. Il lavoro è stato realizzato dal Generazione Aderenza Study Group ed è stato pubblicato su Digestive and Liver Disease.

Le malattie infiammatorie croniche intestinali: una sfida complessa e continua
Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono patologie autoimmuni a decorso cronico, caratterizzate da fasi alterne di riacutizzazione e remissione. L’andamento imprevedibile della malattia rende la gestione clinica complessa, con un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti. Le riacutizzazioni possono comportare dolore, diarrea cronica, perdita di peso e astenia, incidendo pesantemente sul benessere fisico, psicologico e sociale.
La terapia di mantenimento rappresenta il cardine del trattamento: consente di ridurre il rischio di recidive, il ricorso alla chirurgia, i ricoveri ospedalieri e lo sviluppo di complicanze, come il tumore del colon-retto. Tuttavia, l’efficacia delle terapie dipende fortemente dall’aderenza del paziente al piano terapeutico. Secondo diverse ricerche, la non aderenza ai farmaci nei pazienti con IBD varia tra il 30% e il 60%, con conseguenze cliniche e sociali rilevanti.

Le cause della non aderenza: dimenticanza, paura ed eccessiva complessità
Gli autori evidenziano che la non aderenza terapeutica può avere origini diverse. I fattori che la influenzano riguardano tanto il paziente quanto il sistema sanitario. Tra le cause più frequenti emergono la dimenticanza, la paura degli effetti collaterali e la sospensione volontaria del trattamento durante i periodi di benessere clinico. La complessità dei regimi terapeutici, con farmaci da assumere più volte al giorno o per diverse vie di somministrazione, rappresenta un ulteriore ostacolo.

In un sondaggio condotto su oltre 800 pazienti, più della metà ha indicato la dimenticanza come principale causa di non aderenza; il 22% ha espresso preoccupazione per gli effetti collaterali e un quinto ha ammesso di sospendere la terapia in caso di assenza di sintomi.
Circa il 60% dei partecipanti ha dichiarato che una somministrazione orale unica giornaliera migliorerebbe l’aderenza, mentre le nuove generazioni, Millennials e Gen Z, hanno mostrato un forte interesse per strumenti digitali di supporto, come app e gruppi online, utili a monitorare la terapia e sentirsi parte di una comunità di pazienti.

Il consenso scientifico: definire, misurare, migliorare
Per affrontare il problema, un gruppo di esperti ha utilizzato un metodo Delphi modificato per raggiungere un consenso su definizioni, fattori di rischio e strategie di intervento legate all’aderenza terapeutica. Dopo un’ampia revisione della letteratura scientifica, che ha incluso 63 studi su oltre 2.200 pazienti (56,8% con rettocolite ulcerosa e 43,2% con malattia di Crohn), sono state formulate 13 dichiarazioni di consenso, successivamente valutate e discusse in due fasi di votazione.

Nel primo turno, tutte le affermazioni hanno ottenuto un punteggio medio pari o superiore a 7 su una scala da 1 a 9. Dopo ulteriori revisioni, 12 dichiarazioni sono state approvate definitivamente, raggiungendo un accordo complessivo tra l’80% e il 100%.
Le conclusioni del panel forniscono una serie di raccomandazioni pratiche per identificare precocemente i pazienti a rischio di non aderenza e migliorare la continuità terapeutica attraverso strategie personalizzate.

Tra i punti chiave emersi:

  1. la semplificazione dei regimi terapeutici, rendendoli compatibili con la vita quotidiana;
  2. la motivazione al trattamento anche in assenza di sintomi, contrastando la falsa percezione di “guarigione”;
  3. il sostegno psicologico e sociale, soprattutto nei pazienti più giovani, per favorire l’accettazione della malattia e l’impegno nella terapia;
  4. la collaborazione multidisciplinare tra gastroenterologi, psicologi e infermieri, per garantire un monitoraggio continuativo.

Strategie e prospettive: un approccio centrato sul paziente
L’aderenza terapeutica, come sottolinea l’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresenta “il grado in cui il comportamento di una persona corrisponde alle raccomandazioni del medico”. Raggiungere una buona aderenza non dipende solo dalla volontà del paziente, ma da una rete di supporto efficace, comunicazione empatica e percorsi terapeutici sostenibili.

È fondamentale che il medico riconosca i profili a rischio di non aderenza, ad esempio pazienti con disturbi psicologici, giovani adulti o persone senza un caregiver di riferimento, per intervenire tempestivamente. Parallelamente, il coinvolgimento del paziente nel percorso decisionale e la disponibilità di strumenti digitali di reminder possono incrementare la consapevolezza e la costanza nel trattamento.

L’adozione di una terapia più semplice, personalizzata e supportata da un adeguato follow-up clinico rappresenta la chiave per migliorare i risultati a lungo termine. Inoltre, investire nell’educazione sanitaria e nella comunicazione medico-paziente consente di ridurre l’impatto economico e migliorare la qualità di vita complessiva.

Conclusione: aderenza obiettivo clinico e umano
L’aderenza terapeutica nei pazienti con IBD è un obiettivo tanto clinico quanto umano. Il consenso raggiunto dagli esperti costituisce un passo importante verso una gestione più efficace e personalizzata della malattia. Le 12 dichiarazioni finali non solo definiscono meglio il concetto di aderenza, ma offrono strumenti concreti per migliorarla, puntando su semplificazione terapeutica, supporto psicologico e collaborazione multidisciplinare.
Riconoscere e intervenire sui fattori di rischio di non aderenza significa garantire ai pazienti con IBD una prospettiva di vita più stabile, serena e, soprattutto, dignitosa.

L’aderenza terapeutica non dipende solo dalla responsabilità individuale, ma è il risultato dell’interazione tra paziente, ambiente e sistema sanitario. Per migliorarla nei pazienti con IBD, i professionisti possono adottare strategie pratiche: semplificare i regimi terapeutici (una dose al giorno o formulazioni a rilascio prolungato), attivare programmi di supporto dei caregiver per promemoria ed equilibrio emotivo, e includere il tema dell’aderenza in ogni visita, spiegando le conseguenze della non aderenza e coinvolgendo il paziente nelle decisioni di cura. È inoltre fondamentale promuovere una comunicazione aperta, offrendo risorse educative e gruppi di supporto tra pari.

Arianna Dal Buono et al., Therapeutic adherence in inflammatory bowel disease: User guide from a multidisciplinary modified Delphi consensus Dig Liver Dis. 2025 Jul;57(7):1403-1410.
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