L’agenzia statunitense Fda approva nerandomilast per la fibrosi polmonare idiopatica. Prima novità dopo 10 anni
Fda ha approvato le compresse di nerandomilast (nome commerciale Jascayd) per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatica (IPF), una malattia rara, grave e progressiva, attualmente priva di una cura definitiva e con opzioni terapeutiche limitate.
Si tratta della prima nuova terapia approvata in oltre dieci anni per questa condizione.
Dati a supporto
L’efficacia di nerandomilast è stata valutata in due studi clinici randomizzati, in doppio cieco e controllati con placebo, condotti su pazienti adulti con IPF.
L’endpoint primario era la variazione assoluta rispetto al basale della capacità vitale forzata (FVC, Forced Vital Capacity) — ovvero la quantità massima d’aria che una persona può espirare con forza dopo una profonda inspirazione.
I risultati hanno mostrato che i pazienti trattati con nerandomilast hanno avuto un declino della FVC significativamente inferiore rispetto a quelli trattati con placebo, indicando una progressione più lenta della perdita di funzionalità polmonare.
La dose raccomandata di nerandomilast è 18 mg per via orale due volte al giorno, a distanza di circa 12 ore.
In caso di intolleranza, la dose può essere ridotta a 9 mg due volte al giorno, fatta eccezione per i pazienti che assumono anche pirfenidone.
Gli effetti indesiderati più comuni (≥5%) associati all’uso di nerandomilast includono: diarrea, infezione da COVID-19, infezioni delle vie respiratorie superiori, depressione, perdita di peso, diminuzione dell’appetito, nausea, affaticamento, cefalea, vomito, dolore alla schiena e vertigini.
Un passo avanti per i pazienti con IPF
L’approvazione odierna rafforza l’impegno di lunga data della FDA nel sostenere lo sviluppo di nuove opzioni terapeutiche per i pazienti affetti da malattie gravi e nel promuovere i progressi dell’assistenza sanitaria per la popolazione statunitense.
Meccanismo d’azione di nerandomilast e la sua novità nella fibrosi polmonare
Nerandomilast (BI 1015550) è un inibitore selettivo della fosfodiesterasi 4B (PDE4B), un enzima chiave nella regolazione delle risposte infiammatorie e fibrotiche a livello polmonare. L’inibizione della PDE4B determina un aumento dei livelli intracellulari di AMP ciclico (cAMP), una molecola che modula la produzione di citochine pro-infiammatorie (come TNF-α, IL-1β, IL-6) e la proliferazione dei fibroblasti, contribuendo a ridurre l’infiammazione cronica e la progressione del rimodellamento fibrotico.
A differenza degli antifibrotici oggi disponibili, nintedanib e pirfenidone, che agiscono prevalentemente su vie intracellulari legate alla proliferazione fibroblastica e alla sintesi di collagene, nerandomilast esercita un doppio effetto antinfiammatorio e antifibrotico attraverso la modulazione diretta della cascata PDE4-cAMP.
Questa specificità per l’isoforma PDE4B, rispetto agli inibitori non selettivi della stessa famiglia, è concepita per ottimizzare l’efficacia riducendo gli effetti collaterali gastrointestinali associati ai precedenti farmaci PDE4.
Grazie al suo profilo d’azione orale, selettivo e complementare ai trattamenti esistenti, nerandomilast rappresenta un potenziale nuovo approccio capace di rallentare la progressione della fibrosi polmonare e migliorare la tollerabilità terapeutica nel lungo termine.
La malattia
La fibrosi polmonare idiopatica (IPF) colpisce il tessuto che circonda gli alveoli polmonari, le minuscole sacche d’aria deputate agli scambi gassosi. La malattia si sviluppa quando questo tessuto diventa più spesso e rigido, ostacolando la respirazione.
Nel tempo, tali modificazioni possono determinare una cicatrizzazione permanente del tessuto polmonare (fibrosi), che rende sempre più difficile respirare.
I sintomi più comuni sono la dispnea (fiato corto) e la tosse persistente.
La progressione dell’IPF è variabile: in alcuni pazienti la fibrosi avanza lentamente, in altri più rapidamente. Molti soggetti affetti da IPF sperimentano anche riacutizzazioni acute, episodi in cui i sintomi peggiorano improvvisamente.
La malattia viene diagnosticata più frequentemente in persone di età compresa tra 60 e 70 anni.

