Tumori orofaringei: un nuovo studio clinico di fase III ha dimostrato che la radioterapia a intensità modulata (IMRT) e la terapia con fasci di protoni producono risultati sovrapponibili
Un nuovo studio clinico di fase III ha dimostrato che la radioterapia a intensità modulata (IMRT) e la terapia con fasci di protoni producono risultati sovrapponibili in termini di qualità di vita riferita dai pazienti e bassi tassi di effetti collaterali nei soggetti affetti da carcinoma orofaringeo localmente avanzato.
Il trial TORPEdO (TOxicity Reduction using Proton bEam therapy for Oropharyngeal cancer), condotto nel Regno Unito, non ha rilevato differenze significative tra i due trattamenti riguardo alla qualità di vita, alla funzione deglutitoria o alla dipendenza da sondino alimentare a un anno dalla terapia.
Entrambe le metodiche hanno garantito eccellente controllo di malattia e tassi di tossicità tardiva inferiori alle attese. I risultati preliminari sono stati presentati al congresso annuale dell’American Society for Radiation Oncology (ASTRO).
IMRT e protoni: efficacia e qualità di vita sovrapponibili
“Non abbiamo riscontrato differenze nei sintomi fisici tardivi riferiti dai pazienti né nella qualità di vita tra terapia con protoni e IMRT, e quest’ultima ha performato meglio di quanto ci aspettassimo,” ha dichiarato David Thomson, MD, autore principale dello studio e oncologo radioterapista al The Christie NHS Foundation Trust di Manchester. “I nostri risultati confermano che un’IMRT di alta qualità rappresenta un trattamento eccellente per questa malattia.”
Il carcinoma squamoso dell’orofaringe (OPSCC) è un tumore della testa-collo che colpisce la porzione media della gola. L’incidenza è in aumento, soprattutto per la crescente diffusione dell’infezione da papillomavirus umano (HPV), oggi principale causa della malattia. È il tumore HPV-correlato più frequente negli uomini e il secondo nelle donne.
Il trattamento standard per la forma localmente avanzata prevede IMRT associata a chemioterapia, altamente efficace nel controllo della malattia, ma potenzialmente responsabile di tossicità severe, come disfagia o necessità di nutrizione enterale.
Due tecniche avanzate a confronto
L’IMRT utilizza fasci di fotoni modulati per conformarsi con precisione al volume tumorale, mentre la terapia con protoni impiega fasci di particelle cariche che rilasciano la dose massima nel punto di arresto (“picco di Bragg”), riducendo l’esposizione dei tessuti sani.
Questa caratteristica teoricamente si traduce in minori effetti collaterali, ma la terapia con protoni richiede infrastrutture dedicate e costi molto superiori, risultando meno accessibile rispetto all’IMRT.
“C’è grande interesse per l’uso della terapia protonica nei tumori testa-collo, data la vicinanza di organi critici coinvolti in funzioni essenziali come masticazione, deglutizione, parola e udito,” ha osservato Thomson. “Ridurre la dose a queste strutture può migliorare la funzione e ridurre la tossicità.”
Disegno dello studio TORPEdO
Tra il 2020 e il 2023, 205 pazienti con OPSCC localmente avanzato sono stati arruolati in centri del Regno Unito e randomizzati in rapporto 2:1 a ricevere:
• Protonterapia a intensità modulata (n=136), oppure
• IMRT convenzionale (n=69), entrambe associate a chemioterapia con cisplatino.
L’età mediana era di 57 anni; la maggioranza erano uomini (79,5%) e non fumatori o con meno di 10 pacchetti/anno (67,8%).
Gli endpoint primari combinavano misure cliniche e autovalutate dai pazienti: utilizzo del sondino alimentare, perdita di peso ≥20%, sintomi e qualità di vita valutati tramite questionari specifici (UW-QoL e MDADI).
Risultati principali
A un anno dal trattamento:
• la dipendenza dal sondino alimentare era molto bassa e identica in entrambi i gruppi (1,7%);
• la perdita di peso grave è risultata più frequente nel gruppo protoni (18,2%) rispetto a IMRT (5,7%), ma la differenza composita tra i due trattamenti non è risultata statisticamente significativa (p = 0,08).
Per gli outcome riportati dai pazienti, i punteggi medi dell’University of Washington Quality of Life sono stati 78,3 per i protoni e 77,1 per IMRT, mentre l’indice di disfagia MDADI ha mostrato valori quasi identici (79,5 vs 79,7).
Questi risultati indicano nessuna differenza clinicamente significativa in termini di funzione, disfagia o qualità di vita globale.
Efficacia oncologica e implicazioni cliniche
Dopo un follow-up mediano di 28,3 mesi, i tassi di controllo locale a due anni sono stati del 94,3% per la terapia protonica e 96,8% per IMRT, con sopravvivenza globale del 94,6% e 95,3%, rispettivamente.
Le analisi dosimetriche hanno confermato che la terapia protonica riduce l’esposizione radioterapica a ghiandole salivari e strutture deglutitorie, ma questo vantaggio fisico non si è tradotto in benefici misurabili sugli esiti riferiti dai pazienti.
Come ha spiegato Thomson, “una riduzione della dose ai tessuti sani è necessaria, ma da sola non sufficiente, per ottenere un beneficio clinico significativo nei tumori orofaringei.”
Garanzia di qualità e messaggio chiave
Un punto di forza dello studio è stato il rigoroso controllo di qualità nella pianificazione e nell’erogazione del trattamento, supervisionato dal National Radiotherapy Trials Quality Assurance Group del Regno Unito, che ha assicurato standard uniformi in entrambi i bracci di trattamento.
“Volevamo essere certi che entrambe le tecniche rappresentassero il massimo livello di qualità disponibile, per poter confrontare in modo equo due approcci avanzati,” ha concluso Thomson.
I risultati del TORPEdO trial rafforzano il ruolo dell’IMRT come opzione altamente efficace, accessibile e sicura per il trattamento del carcinoma orofaringeo localmente avanzato, riservando la terapia con protoni a contesti selezionati e centri specializzati.

