La diva del Bataclan è un musical che scava nelle pieghe oscure di una società ossessionata dalla ricerca di fama e riscatto
La diva del Bataclan è un musical che scava nelle pieghe oscure di una società ossessionata dalla ricerca di fama e riscatto. Nato dalla penna di Gabriele Paolocà, con le musiche di Fabio Antonelli, racconta la storia di Audrey, una giovane donna disposta a tutto pur di sfuggire a una realtà che non sente sua. A darle corpo è la poliedrica artista e performer Claudia Marsicano, che interpreta una figura ambigua, che si reinventa come sopravvissuta agli attentati terroristici di Parigi del 2015, in un gioco pericoloso di finzione e realtà.
Novità teatrale della stagione autunnale 2025, lo spettacolo debutta in prima nazionale al Teatro Vascello di Roma, nell’ambito del Romaeuropa Festival, il 28 ottobre (repliche il 29 e 30, poi in tournée), in una coproduzione tra Cranpi, SCARTI Centro di produzione Teatrale d’Innovazione, Romaeuropa Festival, con il contributo di MiC – Ministero della Cultura e il sostegno del Centro di Residenza della Toscana (Armunia CapoTrave/Kilowatt), Comune di Sansepolcro e Teatro Biblioteca Quarticciolo.
Dissacrante e provocatorio, La diva del Bataclan affronta il tema delle false vittime della strage parigina. Paolocà e Antonelli danno vita a un’allucinazione musicale che reinterpreta in forma scenica un fatto di cronaca, specchio degli abissi dell’umanità del ventunesimo secolo.
Gli attacchi del 13 novembre 2015 causarono la morte di 130 persone e il ferimento di altre 413. Il più sanguinoso si consumò all’interno del Bataclan, una delle sale concerto più importanti della città. I tragici eventi di Parigi sono stati tra i primi, di portata così grande, ad essere epicentro di un’esplosione mediatica globale: dolore e solidarietà presero forma e voce nei social network, divenendo anche – nella contraddizione che segna il nostro presente – terreno d’invidia per la visibilità di coloro che si sono trovati al centro della tragedia. Nel mondo di immagini e parole, che amplifica i drammi rendendoli spettacolo, ecco il terreno fertile per la nascita di “false vittime”, figure che hanno scelto di alimentare la propria visibilità appropriandosi del dolore altrui.
Nel desiderio di riscatto e disperazione, Audrey si immerge in un’identità costruita, sfidando la realtà e i suoi limiti, e si trasforma in una martire, la “Diva del Bataclan”. Una rocker (in riferimento alla band Eagles of Death Metal che si esibiva la sera della tragedia), pronta a trascinare il pubblico in un vortice dove ogni nota racconta il desiderio di reinventarsi e di scomparire, di essere visti a ogni costo.
Come spiegano le note allo spettacolo: L’idea è quella di creare un perturbante cortocircuito tra un genere artistico innocuo come il musical e la brutalità della storia narrata: quella di un’emarginata che, per il raggiungimento dei propri obiettivi, tenta un atto deplorevole e disperato. Dopo la tragedia, per la prima volta la community dei social media manifestò la propria potenza mediatica davanti a un trauma collettivo dal forte impatto emotivo. Tutto il mondo condivise il proprio orrore, le proprie ansie, le proprie paure; ognuno diede sfogo al suo “narcisismo algoritmico”, esprimendo la propria opinione; chiunque, sulla propria bacheca, lucrò un po’ di fama commentando quelle immagini atroci. Grazie ai media i sopravvissuti, ma anche i parenti e i conoscenti delle vittime, furono investiti da un’attenzione e da una solidarietà senza precedenti. E di conseguenza, per assurdo, da un’inaspettata fonte di invidia. Il clamore mediatico e la prospettiva di un risarcimento economico spinsero una quindicina di persone a fingersi vittime di quegli attentati, dando così origine al fenomeno delle false vittime: figure che intrecciano in se mitomania, miseria sociale e narcisismo patologico. Esse incarnano la brutalità del nostro tempo, in cui la spinta individualista si scontra con la dura realtà di un sistema al collasso e l’ostinata volontà di perseguire a tutti i costi il famigerato “sogno di gloria” flirta con l’impossibilità di raggiungimento di quel sogno, spingendo la falsa vittima verso la perversione più estrema e paradossale: desiderarsi primo tra gli ultimi, protagonista incontrastato della sconfitta. Nell’analisi di questo fenomeno si possono riconoscere aspetti amplificati ed estremizzati di ognuno di noi. La falsa vittima rappresenta ciò che tutti noi siamo quando desideriamo riconoscimento per le nostre difficoltà, il bisogno di autovittimizzazione di fronte alle complessità del mondo.

