Negli ultimi anni, l’approccio all’idrosadenite suppurativa è cambiato radicalmente, come discusso al congresso 2025 della European Academy of Dermatology and Venereology
Negli ultimi anni, l’approccio all’idrosadenite suppurativa è cambiato radicalmente. Come discusso al congresso 2025 della European Academy of Dermatology and Venereology (EADV), oggi è possibile agire prima e con maggiore sicurezza grazie a una combinazione di dati clinici, esperienze dei pazienti ed evidenze dal mondo reale. Questo ha permesso di vedere la malattia con più chiarezza, di definire linee guida più strutturate e di introdurre nuove opzioni terapeutiche. Il messaggio che emerge è di speranza concreta, non più solo desiderata, ma supportata da evidenze scientifiche.
La malattia ha un impatto profondo non solo sulla salute, ma anche sulla vita sociale e lavorativa dei pazienti. Chi soffre di idrosadenite suppurativa (HS) moderata o grave può perdere fino a due mesi di lavoro all’anno, con il rischio concreto di perdere l’impiego. Inoltre, quasi un quarto dei pazienti dichiara che la malattia ha ostacolato la propria carriera, generando frustrazione e senso di impotenza.
Meccanismi patogenetici
Dal punto di vista biologico, l’HS è una malattia autoinfiammatoria complessa, innescata da una disfunzione dei cheratinociti e influenzata da fattori ambientali e dal microbiota cutaneo.
Inizialmente si formano strutture chiamate “tendrils”, che rappresentano una fase iniziale e subclinica della formazione dei tunnel infiammatori. Non sono ancora veri e propri tunnel, ma propaggini epiteliali che si estendono dal follicolo pilifero e mostrano già segni di iperproliferazione e infiammazione. Possono contenere cheratinociti pro-infiammatori e batteri, che contribuiscono all’attivazione del sistema immunitario e alla progressione della malattia. Sono difficili da identificare nei tessuti, richiedono biopsie molto precise, e rappresentano un potenziale bersaglio per interventi terapeutici precoci, prima che si sviluppino danni irreversibili.
I tunnel cutanei sono strutture profonde e dolorose che aggravano la malattia e sono caratterizzati da un’intensa attività infiammatoria alimentata da citochine come TNF-α, interleuchina (IL)-1β e IL-17. Una volta che si sono sviluppati, richiedono spesso intervento chirurgico.
Come ha spiegato il prof Axel Villani degli Hospices Civils de Lyon, Lione, Francia, un meccanismo chiave è l’asse IL-17/EGFR, un meccanismo che risulta sovraregolato nell’idrosadenite suppurativa e che può generare un circolo infiammatorio e contribuire alla formazione dei tunnel. La IL-17 stimola la produzione di ligandi dell’EGFR, che a loro volta amplificano la produzione di IL-17, generando un circolo autoinfiammatorio. Questo asse può essere utile nella riparazione delle ferite, ma se coinvolge cellule patologiche o tumorali, come nel carcinoma squamoso, potrebbe favorire la progressione delle strutture precursori (i tendrils) verso i tunnel infiammatori.
I fibroblasti attivati attorno ai tunnel reclutano cellule T e B infiammatorie e contribuiscono alla formazione di strutture linfoidi terziarie, tipiche delle fasi avanzate della malattia. Questi processi sono associati a distruzione tissutale e fibrosi.
Linee guida e classificazioni cliniche
Le nuove linee guida S2K, linee guida cliniche sviluppate in Germania con ultima revisione pubblicata nel 2024, offrono strumenti concreti per standardizzare e personalizzare il trattamento, tenendo conto sia delle evidenze scientifiche sia delle esigenze individuali dei pazienti. La familiarità con queste raccomandazioni è in crescita, ma c’è ancora spazio per migliorare la diffusione e l’applicazione pratica. In sintesi, oggi non si parla più solo di gestione della malattia, ma di trasformazione del suo destino, con l’obiettivo di offrire ai pazienti una prospettiva reale di miglioramento e qualità di vita.
La classificazione ISS4 aiuta a definire la gravità della malattia e orientare le decisioni terapeutiche. Nei pazienti con comorbidità come obesità, diabete o sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), è necessario un approccio combinato e personalizzato. L’obiettivo è trattare la malattia prima che si formino cicatrici, agendo sui meccanismi patogenetici e migliorando il decorso clinico.
La nuova classificazione IHS4 (International Hidradenitis Suppurativa Severity Score System) consente di identificare precocemente l’idrosadenite suppurativa e intervenire prima che si sviluppino cicatrici. Le forme lievi, con pochi noduli o ascessi, non presentano ancora danni permanenti, mentre le forme moderate includono già tunnel e richiedono trattamenti sistemici. In passato si interveniva solo dopo la comparsa delle cicatrici, ma oggi si punta a trattare tempestivamente, seguendo linee guida flessibili che si adattano alle diverse realtà nazionali e utilizzando i nuovi farmaci in arrivo.
Strategie terapeutiche e farmaci disponibili
Il trattamento dell’HS ha subito un cambiamento radicale, in quanto si punta a intervenire precocemente con agenti biologici, evitando lunghe terapie antibiotiche inefficaci. «La chirurgia non è più l’ultima risorsa, ma parte integrante della strategia terapeutica, spesso combinata con i biologici. I casi clinici dimostrano che l’inibizione della IL-17 può ridurre l’infiammazione e migliorare significativamente la qualità della vita, anche se i tunnel devono essere rimossi chirurgicamente» ha dichiarato il prof. Christos Zouboulis, direttore del Dipartimento di Dermatologia, Venereologia, Allergologia e Immunologia presso la Brandenburg Medical School Theodor Fontane in Germania e uno dei massimi esperti mondiali nell’ambito dell’idrosadenite.
Dal 2015 ad oggi sono stati approvati tre farmaci biologici, ossia adalimumab, secukinumab e bimekizumab, che agiscono rispettivamente su TNF-α, IL-17A e IL-17A/F, mentre gli antibiotici e le altre molecole sono raccomandati in base all’efficacia dimostrata, anche se non ufficialmente autorizzati ovunque.
Le nuove raccomandazioni sottolineano l’importanza di una diagnosi precoce, di una classificazione clinicamente rilevante e di un accesso più rapido ai trattamenti sistemici. Gli antibiotici devono essere usati per brevi periodi e, se non funzionano entro poche settimane, è opportuno intervenire con i farmaci biologici, poiché trattamenti antibiotici prolungati aumentano la resistenza batterica.
La gestione dell’idrosadenite deve tenere conto anche delle comorbilità come PCOS, diabete e obesità, integrando terapie ormonali e metaboliche. Anche i trattamenti topici e la chirurgia hanno un ruolo, soprattutto nelle aree apparentemente non infiammate. Il medico deve scegliere l’intervento più adatto in base alla propria esperienza, combinando le opzioni disponibili per ottenere il miglior risultato.
Qualità della vita e dolore
I pazienti con idrosadenite suppurativa vivono un carico fisico ed emotivo significativo, che peggiora con il ritardo nella diagnosi e nel trattamento. Come nella psoriasi, più tempo passa e più la malattia compromette la qualità della vita, soprattutto nei giovani.
Il dolore è uno dei principali motivi che spinge i pazienti a cercare aiuto, e i nuovi farmaci biologici come secukinumab hanno dimostrato di ridurre sia il dolore che il bisogno di analgesici, migliorando anche la frequenza delle riacutizzazioni e il numero di tunnel drenanti fino a due anni di terapia, portando a un miglioramento concreto della qualità della vita.
La finestra di opportunità terapeutica
Il concetto di “finestra di opportunità” è centrale, ovvero intervenire nel momento giusto, prima che la malattia diventi irreversibile. Non tutti i pazienti necessitano di un trattamento aggressivo precoce, ma molti sì, e trattarli in tempo può evitare interventi chirurgici complessi e dolorosi. Studi recenti dimostrano che una terapia tempestiva può prevenire operazioni invasive e cicatrici invalidanti. Ridurre l’infiammazione significa anche ridurre il dolore, e questo va spiegato chiaramente ai pazienti. Non si tratta solo di somministrare antidolorifici, ma di curare la malattia alla radice.
La gestione dell’HS sta evolvendo grazie a nuove linee guida e a una maggiore disponibilità di dati. Tuttavia, per migliorare ulteriormente i risultati, è necessario aggiornare il concetto di finestra terapeutica, integrare trattamenti biologici e chirurgici, e identificare precocemente i pazienti a rischio di progressione. Se si lascia che la malattia avanzi, si rischia di dover affrontare tunnel complessi e sottocutanei che non rispondono più alla terapia medica e richiedono interventi chirurgici lunghi e dolorosi, con cicatrici che possono causare dolore neuropatico difficile da gestire.
Fenotipi clinici e rischio di progressione
Per definire i pazienti a rischio si stanno studiando diversi fattori come sesso, età, abitudini, storia familiare e comorbilità. È stato possibile distinguere due fenotipi principali, ovvero il fenotipo infiammatorio, che evolve rapidamente verso forme moderate in meno di sei mesi, e quello follicolare, simile all’acne, che può progredire più lentamente, presenta una finestra terapeutica più ampia ed è spesso associato a comorbilità, pertanto richiede un approccio personalizzato. Comprendere questi fenotipi e intervenire nel momento giusto è essenziale per migliorare la gestione dell’idrosadenite e ridurre il carico della malattia sui pazienti.
Oggi disponiamo di dati epigenetici su oltre cento pazienti con idrosadenite suppurativa che mostrano firme molecolari distinte tra i fenotipi infiammatori e follicolari, suggerendo che la progressione della malattia possa essere influenzata da meccanismi biologici specifici.
Questo aiuta a comprendere meglio perché alcuni pazienti evolvono più rapidamente e a definire chi potrebbe beneficiare di un intervento precoce. Diversi studi hanno cercato di identificare i pazienti candidabili alla terapia biologica, come quelli con fenotipo infiammatorio, quelli misti che non rispondono alle terapie convenzionali o quelli con ascessi diffusi e tunnel in espansione.
Il passo successivo è capire come definire l’intervento precoce e quali criteri clinici possono guidarlo. È stato proposto di considerare i pazienti con malattia moderata secondo la classificazione IHS4, con almeno un tunnel (drenante o meno), almeno quattro lesioni infiammatorie e il coinvolgimento di due aree anatomiche. Per valutare la progressione sono stati definiti tre criteri, ovvero lo sviluppo di nuovi tunnel o l’estensione di quelli esistenti, la comparsa di lesioni persistenti in aree già colpite e l’aumento del numero di lesioni persistenti. Questi indicatori aiutano a comprendere l’urgenza di ridurre il ritardo diagnostico, che in media è di 7,3 anni, spingendo molti pazienti fuori dalla finestra terapeutica ideale.
Risultati dell’intervento tempestivo
«Quando si interviene tempestivamente, i risultati sono evidenti. I pazienti trattati con secukinumab mostrano una regressione completa delle lesioni in poche settimane, senza fibrosi, e mantengono il miglioramento per anni senza necessità di chirurgia» ha osservato Antonio Martorell dell’Hospital de Manises a Valencia e professore associato di dermatologia all’Università Cattolica di Valencia.
I dati del mondo reale, raccolti nel registro spagnolo SECU, confermano l’efficacia del trattamento con secukinumab. Dopo 16 settimane, il 57% dei pazienti ha raggiunto una riduzione ≥50% del numero totale di ascessi e noduli infiammatori, senza alcun aumento nel numero di ascessi o fistole drenanti rispetto al basale (risposta Hidradenitis Suppurativa Clinical Response 50, HISCR 50).
Dopo 2 anni il 73% dei pazienti è ulteriormente migliorato raggiungendo la risposta IHS4 75, che indica una riduzione del 75% del punteggio IHS4 rispetto al basale, un indicatore di risposta clinica significativa, simile al concetto di HiSCR50, ma più stringente e quantitativo, insieme a una diminuzione degli interventi chirurgici e dell’uso di antibiotici e un conseguente miglioramento della qualità della vita. Va tuttavia rilevato che il 72% dei soggetti ha avuto bisogno del dosaggio settimanale per mantenere l’efficacia, evidenziando l’importanza di un trattamento personalizzato e tempestivo.
Superamento del modello terapeutico tradizionale
Per migliorare ulteriormente la gestione della malattia, è necessario superare il modello tradizionale basato su antibiotici e considerare precocemente i biologici nei pazienti a rischio di progressione, dal momento che il ritardo terapeutico compromette l’efficacia delle cure disponibili.
Per identificare i pazienti a rischio si stanno sviluppando modelli basati sull’intelligenza artificiale. Un algoritmo, creato in collaborazione con Lead Health, analizza le immagini inviate dai pazienti e distingue i tre fenotipi principali, stimando il rischio di progressione sulla base di dati clinici e fotografici. Questo rappresenta un primo passo verso una medicina più predittiva e personalizzata nell’idrosadenite suppurativa.
Referenze
- Zouboulis CC. Spotlight on HS: Why this conversation matters. Presented at the EADV Congress 2025.
- Zouboulis CC, Villani A. Clearer guidelines, better care: A practical approach to managing HS. Presented at the EADV Congress 2025.
- Martorell A, Vilarrasa E. A brighter future: Aligning HS treatment goals with real-world needs. Presented at the EADV Congress 2025.

