Site icon Corriere Nazionale

Uno studio sulla sismicità nello Stretto di Messina

Un team di ricercatori dell’INGV ha elaborato un nuovo metodo per valutare la profondità dei terremoti storici sulla base degli effetti dei terremoti recenti

Un team internazionale composto anche da ricercatori e ricercatrici del Cnr-Ismar ha analizzato lo Stretto di Messina integrando dati sismici, rilievi del fondale marino e immagini del sottosuolo

Un team internazionale composto anche da ricercatori e ricercatrici del Cnr-Ismar ha analizzato lo Stretto di Messina integrando dati sismici, rilievi del fondale marino e immagini del sottosuolo. Lo studio, pubblicato sulla rivista Tectonophysics https://doi.org/10.1016/j.tecto.2025.230920, offre nuove prospettive sui processi geologici che rendono quest’area una delle più sismicamente attive del Mediterraneo.

I risultati mostrano che la deformazione della crosta terrestre non si concentra su una singola faglia, ma lungo un ampio corridoio che include la Faglia Ionica, a sud, e la Faglia di Capo Peloro, a nord dello Stretto (vedi Figura). I terremoti più frequenti avvengono tra 6 e 20 km di profondità, mentre a livelli maggiori (40–80 km) si rilevano movimenti più complessi, che combinano estensione e compressione.

Lo studio individua inoltre un sistema di piccole faglie a gradini (en-échelon), orientate NE-SO, che formano un’area ellittica nei pressi dell’epicentro del devastante terremoto del 1908. Proprio in corrispondenza di queste faglie si sono attivate alcune sequenze sismiche recenti (2005, 2006, 2014 e 2016).

Le analisi confermano che la dinamica prevalente nello Stretto è di tipo transtensivo: una combinazione di estensione della crosta e movimenti laterali, che contribuisce a spiegare la complessità della sismicità locale.

Queste nuove evidenze forniscono strumenti importanti per comprendere i rischi sismici dell’area e per migliorare le strategie di prevenzione in una regione densamente abitata e storicamente segnata da terremoti distruttivi.

Exit mobile version