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“Rive” è il primo album da solista di Ilaria Graziano

ilaria graziano

Dopo anni di intensa attività tra collaborazioni, colonne sonore e progetti condivisi, Ilaria Graziano torna con “Rive”, il suo primo disco da solista per l’etichetta ad est dell’equatore

Dopo anni di intensa attività tra collaborazioni, colonne sonore e progetti condivisi, Ilaria Graziano torna con Rive, il suo primo disco da solista, in uscita per l’etichetta ad est dell’equatore.

La produzione artistica è condivisa con Simone De Filippis, Claudio Domestico (Gnut) e la stessa Ilaria. La registrazione si è svolta tra le colline della Tuscia e una faggeta, in un contesto naturale che ha influenzato profondamente l’atmosfera del disco. “Nulla è stato forzato – racconta Ilaria – tutto è nato dal gioco della musica, da un dialogo sincero. La nostra forza è stata la libertà creativa e la stima reciproca”.

Un lavoro nato da una pausa creativa e da un ritrovato bisogno di esprimersi in prima persona, che raccoglie in nove tracce un percorso intimo, libero, fluido. Un viaggio tra radici e futuro, tra lingua italiana e napoletano, tra suoni acustici ed elettronici, che mescola esperienze e visioni, nutrendosi del tempo e degli incontri.

“Rive non è solo un punto d’approdo”, racconta Ilaria, “ma un confine mobile tra ciò che siamo stati e ciò che potremmo diventare. Come le sponde di un fiume che raccoglie storie e memorie, ogni brano nasce da un flusso che unisce paesaggi reali e interiori. È il mio viaggio di ritorno alla musica, ma anche un invito ad attraversare, ascoltare, lasciarsi attraversare.”

“Rive” è anche un disco di rinascita. Dopo un periodo dedicato alla pittura, Ilaria ha sentito riaffiorare la necessità di scrivere, di tornare alla musica con nuovi occhi. È stato un ritorno graduale, fatto di ascolto e di incontri significativi. Il contributo di Claudio Domestico (Gnut) e Simone De Filippis – co-produttori dell’album – ha permesso di tessere una trama sonora ricca ma mai ridondante, dove ogni elemento trova il suo posto in modo organico.

Per Ilaria ogni canzone è anche un gesto fisico, una danza lenta che segue il ritmo delle emozioni. È un approccio istintivo, ancestrale, che collega la voce al corpo, e la musica alla materia viva da cui nasce.

Le canzoni dell’album, brano per brano:

Il disco si apre con “Paradiso”, una riflessione poetica sull’oscurità e la luce che convivono dentro ognuno di noi. I pensieri scorrono come fiumi, carichi di segreti e paure, ma al centro resta il desiderio profondo di essere per l’altro uno spazio di bellezza e verità: un paradiso possibile, fragile e luminoso. Segue “Cuore”, primo singolo uscito in primavera, che ha segnato il nuovo inizio dell’artista: un brano guida che invita a lasciare andare ciò che si ama per farlo vivere davvero. Una canzone intima e pulsante, sviluppata a partire dal battito del bodhrán, che guida la melodia e dà corpo all’ispirazione.

“Stretti stretti” è un viaggio nella sospensione, nel desiderio di trattenere un istante perfetto che sovrasta il tempo. I paesaggi naturali si fondono con l’immaginazione, evocando una bellezza improvvisa e assoluta che libera dal peso dei ricordi. “Il veleno e la cura”, invece, è un inno all’amore nella sua forma più ampia: terrena, spirituale, ciclica. Un brano che danza tra sincronicità cosmiche e forze invisibili, tra microcosmo e universo, come un movimento rotatorio che tiene insieme gli opposti.

Inserito precisamente a metà dell’album “Domani” è l’unico brano non scritto da Ilaria, ma scelto per la sua forza evocativa e poetica. Firmato da Gnut, il brano è stato rielaborato per inserirsi perfettamente nell’estetica sonora del disco. La scelta di includere una canzone d’autore altrui, interpretandolo con sensibilità propria, arricchisce ulteriormente la varietà espressiva dell’album e conferma la capacità di Ilaria di farsi canale emotivo, anche al di là della scrittura.

L’album continua con “Oltre le favole”, un viaggio mistico e visionario, sospeso tra sogno e realtà. È una canzone che abita la soglia tra ciò che conosciamo e ciò che immaginiamo: la linea continua di un cammino interiore che va al di là del tempo e della memoria, dove la voce si fa guida e la musica diventa spazio per accogliere l’invisibile. “Primo” è la traccia che ha riaperto le porte alla scrittura. Nata dopo un lungo silenzio creativo, racconta un amore originario, quello che arriva inaspettato ma che segna in profondità. È il brano più narrativo, ma anche uno dei più intensi emotivamente, perché parla della scelta di restare, di costruire, di attraversare insieme il temporale della vita.

Due i brani in dialetto napoletano, “Fuje” e “Spirito do viento”, frutto di una rinnovata connessione con le origini di Ilaria. In “Fuje”, interpretata con Gnut, si racconta l’illusione della fuga come risposta al disagio esistenziale: è il ritratto di chi, schiacciato da una quotidianità spenta, sogna la fuga come unica via di salvezza, salvo poi scoprire che anche l’altrove può essere vuoto se non ci si riconcilia con sé stessi. L’arrangiamento, essenziale ma vibrante, amplifica il senso di sospensione e fragilità del testo.

Posta a chiusura del disco, “Spirito do viento” è invece una preghiera laica affidata al vento, simbolo di trasformazione e guarigione. Il dialetto qui si fa canto antico, intimo, quasi ancestrale, e accompagna un testo che è insieme invocazione, augurio e carezza.

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