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Amiloidosi cardiaca, arrivano nuovi dati positivi su acoramidis

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Al Congresso 2025 della Società Europea di Cardiologia sono state presentate nuove analisi post hoc dello studio di fase III ATTRibute-CM condotto con acoramidis

Al Congresso 2025 della Società Europea di Cardiologia sono state presentate nuove analisi post hoc dello studio di fase III ATTRibute-CM condotto con acoramidis.

Le analisi esplorative suggeriscono, tra i pazienti affetti da amiloidosi cardiaca da transtiretina (ATTR-CM), miglioramenti clinicamente significativi rispetto al basale nei livelli di NT-proBNP, nella distanza percorsa in 6 minuti (6MWD) e/o un miglioramento o un arresto della progressione secondo il sistema di stadiazione del National Amyloidosis Center (NAC), nonché una riduzione della mortalità.

“Queste analisi ci offrono segnali promettenti, suggerendo che acoramidis potrebbe avere il potenziale, in alcuni pazienti, di fare molto più che rallentare la progressione dell’ATTR-CM. I risultati indicano, infatti, miglioramenti clinicamente significativi, rispetto al basale, nei valori di NT-proBNP e NT-proBNP/6MWD”, ha dichiarato il Professor Francesco Cappelli, cardiologo presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze.

Acoramidis è stato approvato dall’Fda nel 2024 e dall’Ema all’inizio del 2025, con un’autorizzazione per il trattamento di ATTR-CM, quale farmaco che determinando la quasi completa stabilizzazione della transtiretina (TTR) può migliorare la mortalità e morbidità dei pazienti adulti affetti da questa malattia progressiva e degenerativa.

«Acoramidis è l’evoluzione dei farmaci che stabilizzano il tetramero della transitiretina (TTR). Alla base di questa patologia esiste un’alterazione della struttura tetramerica della transtiretina che va incontro a misfolding e porta a deposizione di fibrille in diversi organi, soprattutto a livello cardiaco» ha dichiarato Dott.ssa Stefania Marazia, Dirigente Medico di Cardiologia presso l’Ospedale Vito Fazzi di Lecce.

«Acoramidis ha dimostrato un elevato tropismo per questa proteina, riuscendo a stabilizzarla più del 90%. Acoramidis aumenta i livelli plasmatici di TTR dopo 28 giorni dall’inizio del trattamento, stabilizzando il tetramero e possibilmente limitando il misfolding e successiva deposizione delle fibrille.

Effetto di riduzione della mortalità
Senza trattamento, le persone con diagnosi di ATTR-CM hanno una sopravvivenza mediana che varia dai 3 ai 5 anni. Grazie ai progressi nelle tecniche diagnostiche, è sempre più evidente che la patologia rappresenta una causa sottodiagnosticata di insufficienza cardiaca, contribuendo fino al 15% dei casi di insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata (HFpEF).

Nel trial di fase 3 ATTRibute-CM, con follow-up a 30 mesi, il trattamento con acoramidis ha portato a una riduzione del rischio del 36% per mortalità per tutte le cause (ACM) o prima ospedalizzazione cardiovascolare (CVH) e del 42% per mortalità totale (ACM) o ospedalizzazioni cardiovascolari ricorrenti (CVH), rispetto al placebo.

Nello studio di estensione in open-label (OLE), la prosecuzione del trattamento con acoramidis fino a 42 mesi ha confermato il beneficio: i pazienti che hanno ricevuto acoramidis in modo continuativo hanno mostrato una riduzione del rischio di mortalità per tutte le cause (ACM) del 36% rispetto a coloro che erano stati inizialmente randomizzati a placebo e che hanno iniziato acoramidis solo dopo i primi 30 mesi (P=0,006). Non sono emersi nuovi problemi di sicurezza rilevanti fino a 42 mesi.

In totale 389 pazienti sono stati arruolati nello studio di estensione OLE e hanno iniziato la terapia con acoramidis. Di questi, 263 avevano già ricevuto il farmaco nello studio principale e hanno quindi proseguito il trattamento senza interruzioni, mentre 126 erano stati trattati inizialmente con placebo e hanno cominciato acoramidis solo successivamente.

Dopo 42 mesi di osservazione, i dati hanno mostrato risultati molto chiari. La maggior parte dei decessi totali, circa il 77%, era dovuta a cause cardiovascolari. Guardando più da vicino, la mortalità cardiovascolare si è verificata nel 16,6% dei pazienti trattati in modo continuativo, contro il 28,7% di quelli che avevano iniziato con placebo. Questo significa che la terapia con acoramidis ha garantito una riduzione del rischio relativo di morte cardiovascolare del 42,1% rispetto a chi aveva ricevuto il farmaco più tardi.

Anche per l’endpoint combinato — cioé la mortalità cardiovascolare o la prima ospedalizzazione per motivi cardiaci — i numeri confermano il vantaggio del trattamento precoce e continuativo: il 38,4% dei pazienti sempre trattati ha avuto un evento, a fronte del 61,4% dei pazienti che erano partiti con placebo. In questo caso la riduzione del rischio relativo si è attestata intorno al 37,5%, un risultato statisticamente solido.


«Qui a Madrid è stata presentata una sottoanalisi dello studio di estensione – dichiarato Marazia – focalizzata specificamente sulla mortalità. È emerso un dato molto rilevante: non solo la riduzione della mortalità per tutte le cause, ma anche una riduzione statisticamente significativa della mortalità cardiovascolare, sia considerata da sola, sia in associazione con le ospedalizzazioni per cause cardiovascolari. Queste sono le ultime novità che ci portano a voler utilizzare quanto prima questo farmaco, appena sarà disponibile, per migliorare l’aspettativa di vita dei nostri pazienti.»

Riduzione dei livelli di NT-proBNP 
La cardiomiopatia amiloide da transtiretina (ATTR-CM) è una malattia del muscolo cardiaco che evolve progressivamente e, se non viene trattata, porta a ripetuti ricoveri per problemi cardiovascolari e alla morte nel giro di 3-10 anni. Un incremento progressivo di NT-proBNP (>30% e >300 pg/mL) può essere un indicatore prognostico di aggravamento della malattia ed è associato a un aumento del rischio di mortalità.

Il professor Giuseppe Vergaro, Centro di Ricerca Interdisciplinare Health Science, Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa, ha così commentato: «I biomarcatori cardiaci, in particolare i peptidi natriuretici — l BNP e l’NT proBNP, così come anche le troponine, soprattutto le troponine ad alta sensibilità — sono strumenti fondamentali nell’approccio diagnostico e prognostico di tutte le forme di scompenso cardiaco. È chiaro che l’amiloidosi cardiaca è una forma non del tutto infrequente di scompenso cardiaco; risulta quindi ovvio come il ruolo di questi due biomarcatori, e in particolar modo dell’NT proBNP, sia importante anche nella gestione e nella pratica clinica relativa ai pazienti affetti da amiloidosi cardiaca da transtiretina.

«Ben consolidato è il ruolo dell’NT proBNP nella stratificazione prognostica della cardiomiopatia da amiloidosi da transtiretina – prosegue Vergaro -. Tant’è vero che la maggior parte degli score prognostici, cioè quegli score combinati che identificano e stratificano il rischio di eventi nei pazienti con amiloidosi cardiaca, sono proprio fondati sull’utilizzo di questi biomarcatori, in particolare dell’NT proBNP. Uno di questi score, elaborato dal NAC, combina l’NT proBNP con la GFR (filtrato glomerulare) e restituisce tre stadi di malattia — 1, 2 e 3 — con prognosi differenti. Quindi, assolutamente, l’NT proBNP ha un ruolo centrale nella gestione clinica dei pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina.»

I partecipanti randomizzati nello studio ATTRibute-CM hanno ricevuto acoramidis o placebo (in rapporto 2:1). Sono state condotte tre analisi sul NT-proBNP nella popolazione di analisi modificata per intenzione di trattamento (N=611).

I dati mostrano che, nel gruppo trattato con acoramidis, un numero maggiore di pazienti (3 su 4), sopravvissuti fino alla fine del periodo di 30 mesi, ha mostrato una stabilizzazione o un miglioramento della malattia (con una riduzione >300 pg/L e >30% rispetto al basale), rispetto al gruppo placebo (1 su 4; p<0,0001). Dopo 30 mesi, quasi la metà dei partecipanti che hanno ricevuto acoramidis (45%) ha registrato una riduzione netta dei livelli di NT-proBNP, contro solo il 9% di quelli trattati con placebo.


 
Distanza percorsa nel test dei 6 minuti
La seconda analisi post hoc ha esaminato se acoramidis fosse in grado di migliorare il numero di pazienti che ottenessero miglioramenti clinicamente significativi rispetto ai valori iniziali nei livelli di NT-proBNP e nella distanza percorsa in 6 minuti (6MWD), rispetto al placebo, dopo 30 mesi.

I risultati hanno mostrato una differenza significativa: circa 1 paziente su 4 (22,7%, 93/409) nel gruppo acoramidis ha ottenuto un miglioramento in almeno uno di questi parametri, contro circa 1 paziente su 10 nel gruppo placebo (8,9%, 18/202; p<0,0001).

Cambiamento dello stadio NAC
La classificazione della cardiomiopatia amiloide da transtiretina (ATTR-CM) secondo il sistema del National Amyloidosis Centre (NAC) consente di suddividere i pazienti in categorie prognostiche sulla base dei livelli di NT proBNP e della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR). È stato dimostrato che questo staging predice la sopravvivenza nel corso dell’evoluzione della malattia, con un decremento progressivo della sopravvivenza dal primo al terzo stadio.

Il sistema di stadiazione NAC classifica i pazienti in base al rischio di mortalità, con una sopravvivenza che diminuisce dallo stadio I allo stadio III.

«Il NAC Staging System dal National Amyloidosis Centre è un sistema di stadiazione che è stato creato da Julian D. Gillmore e colleghi osservando in prima battuta i pazienti della corte del Centro Nazionale per il trattamento della amiloidosi che si trova a Londra. – ha dichiarato ai microfoni di PharmaStar la Dott.ssa Daniela Tomasoni, cardiologa, ASST Spedali Civili di Brescia –  È un sistema di stadiazione che ha mostrato una capacità di stratificare la prognosi dei nostri pazienti. Include due parametri principali che sono l’NT ProBNP, quindi un peptide natriuretico che è un marcatore di stress cardiaco e quindi un indice di severità dell’insufficienza cardiaca. L’altro parametro che viene incluso è il filtrato glomerulare stimato, il cosiddetto eGFR e che è invece un marcatore della severità dell’insufficienza renale.»

Questa semplice combinazione di valori permette di stratificare i pazienti secondo il rischio e ha dimostrato una buona capacità di predire la sopravvivenza, con un peggioramento progressivo, passando dallo stadio I allo stadio III.

Nello studio ATTRibute CM, i partecipanti sono stati randomizzati con un rapporto 2:1 a ricevere acoramidis o placebo per 30 mesi. Lo stadio NAC è stato valutato al basale e al mese 30.

Le variazioni rispetto al basale sono state classificate come “stabile”, “migliorato” o “peggiorato/mancante”. La categoria “stabile” comprendeva i pazienti che restavano nello stesso stadio NAC; la categoria “migliorato” quelli che passavano da uno stadio più avanzato a uno più precoce; la categoria “peggiorato/mancante” includeva chi passava da uno stadio più precoce a uno più avanzato e chi non aveva una determinazione al mese 30.

Le differenze fra i gruppi sono state valutate con il test di Cochran Mantel Haenszel stratificato per genotipo, livello di NT proBNP ed eGFR registrati all’atto della randomizzazione.

Sono stati analizzati in totale 611 partecipanti (409 trattati con acoramidis e 202 con placebo); le caratteristiche al basale erano comparabili. La maggioranza era in stadio NAC I al momento dell’arruolamento (58,9% nel gruppo acoramidis e 59,4% nel gruppo placebo).

Dopo 30 mesi di trattamento, lo stadio NAC è rimasto stabile o è migliorato nel 52,1% dei pazienti trattati con acoramidis, rispetto al 43,1% dei soggetti che avevano ricevuto placebo (p = 0,0351).

In conclusione, il trattamento con acoramidis ha consentito a una quota maggiore di pazienti di mantenere o migliorare il proprio stadio di malattia secondo la classificazione del NAC rispetto al placebo, indicando una migliore stabilizzazione della patologia sotto terapia.

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