Le infezioni fungine invasive stanno emergendo come una minaccia crescente per la salute pubblica, particolarmente in ambito ospedaliero
Le infezioni fungine invasive stanno emergendo come una minaccia crescente per la salute pubblica, particolarmente in ambito ospedaliero. La Candida auris e la Candida parapsilosis si distinguono per l’elevata resistenza agli antifungini e per la capacità di diffondersi negli ambienti sanitari; per dare un’idea della dimensione del problema basti pensare che la candidiasi invasiva (IC) è una grave infezione sistemica da Candida che si manifesta a livello ematico o dei tessuti viscerali profondi, il cui tasso di mortalità, nonostante le opzioni terapeutiche ad oggi disponibili, è pari al 31,4% nella popolazione generale e al 49% negli adulti ricoverati in terapia intensiva (ICU) dopo un intervento chirurgico.
Nell’intento di offrire un contributo per affrontare questa sfida, la rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB) ha organizzato, presso la biblioteca Giovanni Spadolini del Senato, un dialogue meeting sul tema “Prevenzione e presa in carico delle infezioni fungine invasive”. Un’occasione di confronto e indirizzo clinico, politico e sociale che nasce da un percorso di analisi – promosso nei mesi scorsi sempre da IHPB – frutto delle riflessioni e del lavoro di uno scientific and advocacy network al quale hanno contribuito autorevoli esponenti della comunità medico-scientifica e rappresentanti delle associazioni di pazienti, con l’obiettivo di formulare raccomandazioni concrete per l’innalzamento della risposta sanitaria in materia.
Negli ultimi 15 anni, quest’ambito sanitario non ha visto significativi progressi terapeutici, questo nonostante le molteplici esigenze sanitarie generate da queste patologie fungine invasive e l’emergere di resistenze che ne complicano ulteriormente la gestione abbiano assunto una dimensione molto preoccupante. Tra le criticità più significative evidenziate dagli esperti c’è anzitutto la diagnosi tardiva, dovuta all’uso di metodiche superate o alla carenza di reagenti e tecnologie adeguate nei laboratori ospedalieri.
“I laboratori di microbiologia dovrebbero rafforzare le proprie capacità diagnostiche, considerando che non tutti dispongono di un’esperienza micologica avanzata – ha sottolineato in proposito il Prof. Paolo Antonio Grossi, ordinario di Malattie infettive all’Università dell’Insubria e Direttore clinico delle Malattie infettive e tropicali di Asst – Sette Laghi di Varese – L’impiego di strumenti diagnostici molecolari e rapidi consentirebbe diagnosi tempestive anche in contesti meno specializzati, permettendo così di avviare precocemente i trattamenti e ridurre significativamente la mortalità”.
Altro elemento alla base della spesso inadeguata risposta sanitaria è la scarsa attenzione clinica verso le infezioni fungine sia nella medicina generale che in ospedale: “…la principale problematica a livello italiano in tema di infezioni fungine invasive e antimicrobico-resistenza è la carenza di un’adeguata cultura tra i medici e di una sufficiente consapevolezza tra i cittadini – ha rilevato il Prof. Marco Falcone, Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicale e Coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico dell’Intergruppo parlamentare per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive e delle malattie tropicali – I farmaci antinfettivi – ha proseguito – sono spesso prescritti in maniera inappropriata, sia sul territorio che in ospedale; inoltre, tra gli stessi medici, troppo spesso manca la consapevolezza delle gravi conseguenze legate ad un loro utilizzo scorretto”.
Altro elemento carente nel contrasto delle infezioni fungine invasive è l’insufficiente integrazione tra ospedale e territorio che, se fosse più diffusa, potrebbe sia produrre importanti risultati anche in termini di prevenzione e sensibilizzazione (aspetti, questi ultimi, ancora inadeguati), sia rendere possibile una gestione più efficace dei percorsi diagnostico-terapeutici dei pazienti. Prevenzione e sensibilizzazione sono strettamente interconnesse e dovrebbero trovare maggior attenzione anche nella formazione universitaria, ponendo al centro dell’attenzione la cultura dell’antimicrobico-resistenza.
Un ruolo chiave nel contrasto dell’antimicrobico-resistenza e in materia di prevenzione compete anche alle associazioni dei pazienti e alle organizzazioni civiche: “… il nostro impegno in questo campo viene da lontano – ha sottolineato la Dott.ssa Valeria Fava, Responsabile coordinamento politiche per la salute di Cittadinanzattiva – per innescare un cambiamento culturale è fondamentale che i cittadini/pazienti sviluppino un maggior senso di responsabilità, collaborando attivamente con le istituzioni il cui impegno sull’antimicrobico-resistenza si sta rafforzando. Il nostro più recente contributo è venuto dalla realizzazione del Manifesto dal titolo “Antimicrobico-resistenza: insieme ai pazienti per conoscerla e contrastarla”.

