Una scrittura intensamente “dissociativa” – quasi allucinatoria – dove il Premio Nobel Le Clèzio, in un racconto dalle tonalità ultraterrene, trasforma i sogni in incubi
Pubblicato per la prima volta nel 1973 e tradotto per la prima volta in italiano, Midriasi è la summa dello stile poetico di Jean-Marie Gustave Le Clézio. “All’inizio gli occhi non vedono. Sono aperti, tra le tendine delle palpebre, ma sono neri. Non hanno luce. Gli occhi non servono a nulla. Non sono fatti per vedere. Quando impari questo, non hai più paura dell’ombra e del vuoto. Gli occhi sono motori per andare nell’altra direzione, verso il futuro, verso paesi sconosciuti, verso i sogni”. Jean-Marie Gustave Le Clézio, scrittore francese e premio Nobel per la letteratura nel 2008, compone un canto accattivante che trascina il lettore in mondi paralleli e visioni vorticose in Midriasi. Il titolo indica la dilatazione della pupilla e l’esplorazione vertiginosa di Le Clézio non è priva di collegamenti con gli abissi esplorati dal poeta e pittore belga Henri Michaux, accostato alla letteratura psichedelica per i suoi esperimenti con LSD e mescalina. Michaux è, peraltro, letteralmente, il cuore di Verso gli iceberg. Il Nobel francese rielabora, infatti, Iniji, il suo “poema del poema”, e lascia emergere le parole del poeta: più di una semplice analisi, un atto di comprensione totale.
Jean-Marie Gustave Le Clézio, scrittore francese, Premio Nobel per la letteratura nel 2008, conosce presto il successo con il primo romanzo, Il verbale, nel 1963. Fino alla metà degli anni Settanta i suoi scritti sono influenzati dalla corrente letteraria del Nouveau Roman per poi rivolgersi alle culture degli indiani d’America. È autore di una quarantina di opere di fantasia (romanzi, fiabe, novelle) e di saggi.

