L’anticorpo monoclonale romosozumab ha aumentato la densità minerale ossea (BMD) nelle donne in pre-menopausa con osteoporosi idiopatica
L’anticorpo monoclonale romosozumab ha aumentato la densità minerale ossea (BMD) nelle donne in pre-menopausa con osteoporosi idiopatica. Lo dimostrano i risultati di un piccolo studio di fase 2, in aperto, presentato a Seattle (Usa) in occasione del convegno annuale dell’American Society for Bone and Mineral Research.
Razionale e obiettivi dello studio
L’osteoporosi pre-menopausale idiopatica è una condizione rara che colpisce donne giovani, prima dell’arrivo della menopausa. Si parla di forma “idiopatica” perché non è possibile individuare una causa precisa che spieghi la perdita di densità ossea: non ci sono malattie endocrine, infiammatorie, digestive o terapie farmacologiche che possano giustificarla, come avviene invece nei casi di osteoporosi secondaria.
Questa condizione si manifesta con una riduzione della densità minerale ossea (BMD) e con una maggiore fragilità scheletrica, tanto che spesso la diagnosi arriva in seguito a una frattura provocata da un trauma minimo o addirittura spontaneamente. Le sedi più colpite sono quelle a maggiore componente trabecolare, come le vertebre, il bacino, il femore e i polsi. L’età media di insorgenza si colloca tra i venti e i quarant’anni, quindi in una fase della vita in cui normalmente ci si aspetterebbe ossa robuste.
Le cause non sono ancora del tutto chiare. È probabile che entrino in gioco diversi fattori, tra cui una predisposizione genetica, alterazioni qualitative del tessuto osseo non facilmente rilevabili con gli esami di routine, e sottili squilibri del metabolismo osseo che non emergono con chiarezza nei test diagnostici standard.
Il trattamento rappresenta una sfida, proprio perché mancano linee guida codificate. In genere si inizia con misure di base, come garantire un adeguato apporto di calcio e vitamina D, promuovere uno stile di vita sano con attività fisica regolare e corretta alimentazione, ed evitare fattori di rischio come il fumo. Nei casi più gravi, quando le fratture diventano frequenti o la densità ossea è particolarmente bassa, i medici possono valutare l’impiego off-label di farmaci già impiegati per l’osteoporosi post-menopausale, come i bisfosfonati, teriparatide o denosumab.
Negli ultimi anni, inoltre, alcuni studi hanno esplorato l’efficacia di farmaci innovativi come romosozumab, che sembra offrire risultati promettenti anche in questa popolazione di pazienti, pur non essendo ancora indicato ufficialmente.
Approvato nel 2019 per il trattamento dell’osteoporosi severa in donne in post-menopausa ad alto rischio di frattura, romosozumab agisce come anticorpo anti-sclerostina con effetti osteo-anabolici e anti-riassorbitivi, e presenta un tasso di mancata risposta molto basso, intorno all’1%.
I ricercatori hanno citato alcuni case report in cui romosozumab è stato impiegato in donne in pre-menopausa con osteoporosi idiopatica, osteoporosi associata a gravidanza/allattamento (PLO), osteogenesi imperfetta o osteoporosi indotta da glucocorticoidi.
Questi dati hanno suggerito di studiarne più diffusamente gli effetti in donne in pre-menopausa in un trial in aperto di fase 2.
Disegno dello studio
Per questo studio a braccio singolo, 29 donne in pre-menopausa con osteoporosi idiopatica sono state sottoposte a trattamento con 210 mg di romosozumab al mese per 12 mesi, seguiti da 60 mg di denosumab ogni 6 mesi fino al mese 24.
Al basale, i punteggi Z medi della BMD erano pari a -2,4 nella colonna lombare, -1,7 nell’anca in toto, a -1,8 a livello del collo femorale e a -0,2 a livello del radio distale. È da notare che non vi è stato alcun cambiamento rispetto al basale nella BMD al radio distale al mese 6 o 12.
L’età media delle partecipanti era di 31 anni e l’indice di massa corporea (BMI) medio era pari a 23. Le partecipanti erano andate incontro, in media, a quattro fratture in età adulta e il 59% aveva una frattura vertebrale.
Oltre la metà (59%) delle partecipanti aveva PLO, una forma rara ma grave di osteoporosi a insorgenza precoce causata da perdita di calcio durante la gravidanza e l’allattamento. Queste pazienti tipicamente presentano fratture da traumi lievi o spontanee nella tarda gravidanza o durante il periodo postpartum di allattamento, e spesso presentano fratture vertebrali multiple e una BMD molto bassa.
Risultati principali
Incrementi significativi di densità minerale ossea
Dall’analisi delle 29 donne arruolate nel trial è emerso che il trattamento con romosozumab è risultato associato ad un aumento del 15% della BMD a livello della colonna lombare, ad un incremento del 5,3% della BMD a livello dell’anca in toto e del 5,4% a livello del collo femorale, come misurato dalla DEXA dopo 1 anno (tutti P<0,001).
Gli aumenti della BMD in tutti e tre i siti anatomici sopra citati erano già significativi al sesto mese di trattamento. Non solo: il trattamento con romosozumab è stato anche associato ad un aumento del 3,4% del punteggio trabecolare osseo (TBS) a 1 anno (P<0,001) (NdR: il TBS, un parametro derivato da scansioni DEXA della colonna lombare, è una misura indiretta della microarchitettura ossea trabecolare).
Efficacia indipendente dallo stato di PLO e dal timing post-partum
In un’analisi per sottogruppi, i ricercatori hanno riscontrato che lo stato di PLO non aveva un impatto significativo sul miglioramento della BMD con romosozumab in nessun sito.
Tutte le pazienti del campione, tranne due partecipanti con PLO nello studio, hanno iniziato il trattamento ≥12 mesi dopo il parto.
I ricercatori hanno osservato che i cambiamenti della BMD non differivano in nessun sito tra coloro che avevano iniziato il trattamento a meno di un anno dal parto rispetto a quelle che lo avevano iniziato ≥12 mesi dopo il parto.
Safety
Il trattamento con romosozumab è stato generalmente sicuro e ben tollerato, senza segnalazioni di eventi avversi gravi, eventi avversi cardiovascolari maggiori o ipersensibilità. La maggior parte delle partecipanti (75%) allo studio ha sperimentato lievi reazioni a livello del sito di iniezione. Nessuna partecipante si è ritirata a causa di perdita ossea, e non ci sono state nuove fratture cliniche o vertebrali. Una partecipante ha sperimentato una ipocalcemia borderline che si è successivamente risolta.
Implicazioni cliniche dello studio
“Nel complesso, i risultati promettenti di questo trial suffragano la conduzione, nel prossimo futuro, di trial clinici randomizzati che valutino romosozumab come opzione terapeutica per l’osteoporosi idiopatica pre-menopausale – hanno affermato i ricercatori al termine della presentazione del lavoro al congresso”.
Tra i limiti metodologici dello studio ammessi dagli stessi ricercatori si segnalano la dimensione ridotta del campione e la mancanza di un gruppo di controllo.
Bibliografia
Lynch L, et al “Romosozumab is associated with large BMD increases in premenopausal idiopathic osteoporosis” ASBMR 2025; Abstract 1011.
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