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Mialgie associate alla terapia con statine: punto di svolta con inclisiran

Una confezione di farmaci, statine in pasticche

Mialgie associate alla terapia con statine: una condizione che, seppur non sempre correlata direttamente al farmaco, ha un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti

Le statine rappresentano da oltre trent’anni la terapia cardine nella prevenzione cardiovascolare, avendo dimostrato una straordinaria efficacia nel ridurre i livelli di colesterolo LDL e, di conseguenza, il rischio di eventi maggiori come infarto e ictus. Tuttavia, il loro utilizzo non è privo di difficoltà: uno dei problemi più frequenti e dibattuti riguarda le mialgie associate alla terapia con statine, una condizione che, seppur non sempre correlata direttamente al farmaco, ha un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti e sull’aderenza terapeutica.

“Il problema delle mialgie in corso di terapia con statine è annoso, lo affrontiamo quotidianamente – spiega Claudio Bilato, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Cardiologia di Arzignano (VI) –. Bisogna però precisare che non tutte le mialgie che compaiono durante la terapia con statine sono realmente causate da questi farmaci. Ci sono situazioni in cui il dolore muscolare ha altre cause, ma viene attribuito alle statine perché hanno questa ‘nomea’ di far male ai muscoli. L’intolleranza è alla singola molecola, non alla classe intera, e questo è fondamentale ricordarlo”.

L’intolleranza totale alle statine, sottolinea Bilato, è rara e interessa circa un paziente su dieci. Molto più comune è l’intolleranza parziale: “Il paziente tollera basse dosi senza grandi problemi, ma sviluppa mialgie significative con dosaggi più alti. La conseguenza qual è? Che il paziente interrompe la terapia, che però è una terapia salvavita nei pazienti ad alto o altissimo rischio cardiovascolare”.

Nuove opzioni terapeutiche oltre le statine
Per i pazienti che non tollerano adeguatamente le statine, negli ultimi anni si sono rese disponibili nuove strategie terapeutiche. L’ezetimibe, che agisce riducendo l’assorbimento intestinale del colesterolo, è spesso ben tollerato e rappresenta un’opzione utile in associazione o in alternativa. Un passo ulteriore è stato compiuto con l’acido bempedoico, che agisce a livello epatico e non muscolare, riducendo il rischio di dolori muscolari.

Ma la vera rivoluzione è arrivata con i farmaci inibitori di PCSK9, che Bilato definisce le “Formula 1” della terapia ipolipemizzante. “Negli ultimi anni – racconta – sono arrivate molecole molto interessanti. Penso agli anticorpi monoclonali alirocumab ed evolocumab, e all’ultimo arrivato, inclisiran, un siRNA che inibisce la produzione di PCSK9 a livello epatico. Inclisiran si somministra ogni sei mesi, creando un ‘plafond’ di terapia ipocolesterolemizzante, ben tollerata e ad alta efficacia”.

Lo studio V-DIFFERENCE
In questo contesto si inserisce lo studio V-DIFFERENCE, presentato durante il Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC) a Madrid. Si tratta di un trial di fase IV, condotto su pazienti con ipercolesterolemia ad alto rischio cardiovascolare, già in terapia ipolipemizzante ottimizzata individualmente.

Il disegno dello studio è innovativo: dopo un periodo di run-in, i pazienti venivano trattati con inclisiran come base terapeutica. A seconda della tolleranza individuale, la rosuvastatina veniva introdotta o mantenuta, con titolazione progressiva da 5 a 20 mg. L’obiettivo era duplice: da un lato raggiungere i target raccomandati di LDL-C, dall’altro ridurre il peso degli eventi avversi muscolari che rappresentano il principale ostacolo all’aderenza.

“I risultati di V-DIFFERENCE sono eclatanti  e hanno un significato molto concreto nella pratica clinica. Consentire all’85% dei pazienti di raggiungere i valori raccomandati di colesterolo LDL in soli tre mesi, e con una riduzione dei sintomi muscolari significa incidere in modo sostanziale – osserva Bilato – sull’aderenza e sulla qualità della vita dei pazienti. Ancora più rilevante è la riduzione del 43% degli eventi muscolo-correlati, un dato particolarmente significativo per la gestione clinica, considerando che il dolore muscolare è una delle principali cause di interruzione della terapia con statine”.

Lo studio ha dimostrato che l’85% dei pazienti trattati ha raggiunto i valori raccomandati di LDL-C entro 90 giorni, rispetto al 31% del gruppo placebo. Inoltre, nei pazienti trattati con la molecola di Novartis, la probabilità di sviluppare eventi muscolo-correlati si è ridotta del 43%. Dopo 360 giorni, la riduzione media di LDL-C è stata del 59%, con benefici clinicamente significativi già a partire da 60 giorni.

Dalla ricerca alla pratica clinica
Questi risultati aprono scenari concreti nella gestione di pazienti complessi, spesso considerati difficili da trattare. “Nella pratica clinica dobbiamo fare i conti con le norme regolatorie, quindi seguire le indicazioni ufficiali – osserva Bilato –. Possiamo ricorrere a questi farmaci nei pazienti intolleranti alle statine e ad altissimo rischio cardiovascolare. Con farmaci innovativi come inclisiran riusciamo a trattarli, raggiungendo i target e riducendo al minimo gli effetti collaterali, in particolare le mialgie. Lo studio conferma l’importanza di un approccio multilivello: combinare molecole diverse permette di portare praticamente tutti i pazienti a target”.
Rispetto agli anni ’80 e ’90, quando le statine rappresentavano l’unica arma disponibile, oggi la combinazione di farmaci consente un approccio molto più flessibile e personalizzato.

Il programma VictORION e il futuro delle cure
Lo studio V-DIFFERENCE fa parte del programma clinico globale VictORION, uno dei più ampi mai realizzati in ambito cardiovascolare, che prevede l’arruolamento di oltre 60.000 pazienti in più di 50 Paesi, attraverso più di 30 studi. L’obiettivo è consolidare l’evidenza scientifica su inclisiran e altre molecole in diverse popolazioni, con dati che spaziano dalla prevenzione primaria a quella secondaria, fino alla pratica clinica quotidiana.

“V-DIFFERENCE rappresenta un punto di svolta perché fornisce evidenze scientifiche solide non solo sull’efficacia della riduzione del colesterolo LDL, ma anche sulla tollerabilità e la sostenibilità di un regime di somministrazione semestrale – ribadisce Bilato –. Insieme agli altri studi del programma VictORION contribuisce a un quadro di evidenze sempre più robusto che rafforza la prospettiva di un nuovo standard di cura per i pazienti ad alto rischio cardiovascolare”.

Anche Novartis sottolinea il valore strategico di questa ricerca. “Da 40 anni Novartis è impegnata ad affrontare le sfide più rilevanti delle malattie cardiovascolari – ha dichiarato Paola Coco, CSO & Medical Affairs Head Novartis Italia –. La partecipazione di quest’anno all’ESC con lo studio V-DIFFERENCE e numerosi altri contributi riflette la volontà di condividere evidenze solide con la comunità scientifica. Il nostro obiettivo è ridefinire la gestione del rischio cardiovascolare offrendo soluzioni che uniscono innovazione, sostenibilità e aderenza nel tempo, verso un numero sempre maggiore di pazienti affinché nessun cuore smetta di battere troppo presto”.

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