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Torino, spaccò la faccia alla moglie: per i giudici “va capito”

violenza muratore

Fanno discutere le motivazioni della sentenza del tribunale di Torino che ha condannato – parzialmente – un uomo che aggredì brutalmente l’ex compagna

In sette minuti ha massacrato la compagna, nonché madre dei suoi due figli perché “si sentiva vittima di un torto”. Ci sono volute 21 placche di titanio per ricostruire il volto a Lucia Regna, 44 anni, che ha anche riportato una lesione permanente al nervo oculare. Ma le botte, gli insulti e le minacce vanno “calati nel loro specifico contesto”. Perché la donna aveva lasciato il marito per un altro uomo e allora “l’amarezza per la dissoluzione della comunità domestica” era “umanamente comprensibile”. È  quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la terza sezione penale del Tribunale di Torino ha condannato a 18 mesi, in primo grado, l’uomo che pestò violentemente, il 28 luglio 2022, la compagna da cui si stava lasciando, dopo anni di soprusi, violenze fisiche e verbali.

ASSOLTO PER MATRATTAMENTI, CONDANNATO A 18 MESI PER LESIONI

Per i giudici Paolo Gallo, Elena Rocci e Giulia Maccari, quell’aggressione brutale viene definita “un pugno” che non meritava quattro anni e mezzo di reclusioni richiesti dalla Pm Barbara Badellino. La loro sentenza ha assolto l’indagato dal reato di maltrattamenti e si è limitata alla condanna di un anno e sei mesi per il solo reato di lesioni, a cui si aggiungono attenuanti e la condizionale.

Infatti, rispetto all’accusa di maltrattamenti, la donna è stata ritenuta poco attendibile, mentre le presunte violenze del padre nei confronti dei figli sono state escluse. “Risulta evidente- si legge nei motivi- la tendenza della donna a trasfigurare episodi che fanno parte dei consueti rapporti familiari in insopportabili soprusi di elevata frequenza”.
Anche gli insulti e le minacce trascritte nel capo di imputazione – un repertorio che include “puttana, troia, merda, non vali niente, non guadagni niente, non potrai mantenere i figli, ti ammazzo” – per il collegio erano parole di un uomo che va compreso.

I GIUDICI: “UN UOMO SOTTO STRESS E UMANAMENTE DA CAPIRE”

Questo perché a maggio del 2022 l ‘ex si era trasferito altrove, mentre lei era rimasta a vivere con un nuovo compagno e i loro due figli nella casa prima abitata da entrambi. A luglio, in un ultimo incontro tra i due, la situazione è degenerata: dalle brutte parole si è passati all’aggressione fisica che sarebbe potuta finire in un femminicidio. Per i giudici della terza sezione penale l’imputato di fatto si sentiva “vittima di un torto” sapendo che un altro uomo “trascorreva del tempo nella casa che per quasi vent’anni era stata la sua dimora familiare e si sostituiva a lui nel suo rapporto con i figli”. Insomma, l’aggressore si trovava a vivere in quel momento “una specifica condizione di stress” e “un sentimento molto umano e comprensibile per chiunque”.

I LEGALI: “UNA SENTENZA CHE MORTIFICA LA VITTIMA”; “UN CASO ESEMPLARE DI RIGORE”

Si tratta di una sentenza che “viviseziona e mortifica la persona offesa, mentre è indulgente verso l’uomo che ha sfondato il volto a Lucia e le ha fatto perdere la vista da un occhio. Non mi stupisco quando le donne mi dicono che hanno perso la forza di denunciare perché temono di finire sotto processo loro”, sono le parole di Annalisa Baratto, avvocata di parte civile della vittima. Diversamente, Giulio Pellegrino, avvocato difensore ritiene la sentenza “un caso commendevole ed esemplare di attenzione e rigore nell’analisi dei fatti e delle prove”.

COMMISSIONE DI INCHIESTA SUI FEMMINICIDI, SEMENZATO: “HO PROVVEDUTO A RICHIEDERE ATTI”

“Prendiamo atto che in certi tribunali il reato di maltrattamenti in famiglia viene ravvisato ancora solo in presenza di abituali violenze fisiche senza considerare che, per la Corte di Cassazione, pari rilevanza assumono la violenza psicologica ed economica. Nessuna “umana comprensione”, per “l’amarezza per la dissoluzione della comunità domestica” – come scritto nella sentenza –, può giustificare le umiliazioni ai danni della propria convivente. Una sentenza può essere puntuale in diritto ma socialmente, culturalmente, umanamente inaccettabile. Il diritto non può ridursi a puro tecnicismo, soprattutto su casi che posso diventare esempi futuri.
Le parole pesano e condizionano. Come Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere, ho già provveduto alla richiesta degli atti del procedimento e porterò in ufficio di presidenza la richiesta di audizione dell’estensore del provvedimento”. Così in una nota la Presidente della Commissione parlamentare dì inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere On. Martina Semenzato deputata di Coraggio Italia e del Gruppo parlamentare di Noi Moderati.

ROCCELLA: “SENTENZE CHE GIUSTIFICANO ARRETRAMENTO CULTURALE

“Da quanto è emerso sugli organi di stampa, le motivazioni della sentenza di assoluzione dell’ex marito di Lucia Regna, con parole di comprensione e giustificazione nei confronti di un pestaggio che ha portato la vittima a dover far ricostruire il proprio volto con 21 placche di titanio, dimostrano che la cultura che dobbiamo contrastare e che è alla base di violenze e prevaricazioni si è insinuata troppo spesso anche fra coloro che dovrebbero contribuire a reprimere questi fenomeni”.

Lo dichiara Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità.
“Non a caso- prosegue- entrambe le leggi anti-violenza varate dal nostro governo prevedono percorsi di formazione dei magistrati e di specializzazione sul campo, e altrettanto impegno viene profuso nella diffusione sul libro bianco contro la violenza, realizzato dal comitato tecnico-scientifico dell’osservatorio di esperti della presidenza del Consiglio e rivolto proprio alle professionalità che a vario titolo entrano in contatto con questa piaga e con chi la subisce”.

“Sulla sentenza di Torino- conclude- sarà molto importante il lavoro che la Commissione parlamentare sul Femminicidio potrà svolgere, perché argomentazioni di questo tipo sono ormai troppo frequenti nelle aule di tribunale e non contribuiscono certo a quel cambiamento culturale che pure viene continuamente invocato”.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)

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