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Atrofia muscolare spinale: Apitegromab migliora la funzione motoria

Il sangue aiuta a diagnosticare l’atrofia muscolare spinale: all’ospedale Gaslini di Genova è stato individuato il primo bimbo affetto da questa malattia 

Studio dimostra che apitegromab determina un miglioramento statisticamente significativo della funzione motoria in bambini con atrofia muscolare spinale

Uno studio di fase III appena pubblicato su The Lancet Neurology dimostra che apitegromab (anticorpo monoclonale anti-miostatina) determina un miglioramento statisticamente significativo della funzione motoria in bambini con atrofia muscolare spinale (SMA) non deambulanti di tipo 2 o 3 già in trattamento con terapie basate su SMN, sebbene il guadagno clinico netto rimanga modesto e non significativo nella dose più alta analizzata singolarmente.

Scholar Rock è responsabile dello sviluppo di apitegromab, anche indicato come SRK-015, attualmente in fase clinica avanzata per il trattamento della SMA. Il farmaco ha ricevuto designazioni regolatorie favorevoli, tra cui Fast Track, Orphan Drug e Rare Pediatric Disease dalla FDA, e PRIME (Priority Medicines) e Orphan Medicinal Product dall’EMA

Apitegromab, approccio innovativo al deficit muscolare nella SMA
Nonostante i notevoli progressi terapeutici ottenuti con le terapie che modulano il gene SMN1, come nusinersen e risdiplam, un numero significativo di pazienti con atrofia muscolare spinale (SMA) continua a presentare deficit motori persistenti, soprattutto nei sottotipi non deambulanti.
A fronte di questa esigenza clinica non pienamente soddisfatta, si è sviluppato l’interesse per strategie terapeutiche complementari, indirizzate non al difetto genetico primario, ma alle conseguenze secondarie della carenza di SMN, in particolare l’atrofia muscolare progressiva.
In questo contesto, apitegromab, un anticorpo monoclonale umanizzato che inibisce selettivamente l’attivazione della miostatina (membro della famiglia TGF-β), si colloca come un agente promettente. La miostatina, un regolatore negativo della massa muscolare, quando bloccata favorisce l’ipertrofia e la differenziazione delle fibre muscolari.

Apitegromab agisce legandosi al precursore della miostatina (pro-miostatina), impedendone la conversione nella forma attiva, con l’obiettivo di contrastare la perdita muscolare e potenziare la forza.

Dallo studio TOPAZ a SAPPHIRE: evoluzione del profilo clinico di apitegromab
I dati dello studio di fase II TOPAZ avevano già suggerito un potenziale beneficio motorio in pazienti in trattamento con terapie SMN-modificanti. A distanza da questi risultati preliminari, lo studio di fase III SAPPHIRE ha confermato in modo rigoroso l’efficacia e la sicurezza di apitegromab in una popolazione pediatrica più ampia e ben caratterizzata.
Coordinato da Thomas O. Crawford, lo studio è stato condotto in 48 centri specializzati presenti in otto paesi europei, Stati Uniti e Regno Unito, arruolando 188 pazienti di età compresa tra 2 e 21 anni, tutti affetti da SMA di tipo 2 o 3 non deambulante, con documentazione genetica della carenza di SMN e in trattamento consolidato con nusinersen o risdiplam da almeno 6-10 mesi.

I criteri di inclusione prevedevano inoltre un punteggio sulla Hammersmith Functional Motor Scale-Expanded (HFMSE) compreso tra 10 e 45, indice di una capacità motoria residua ma limitata.
La randomizzazione è stata stratificata per età: i pazienti tra 2 e 12 anni sono stati assegnati in rapporto 1:1:1 a apitegromab 20 mg/kg, 10 mg/kg o placebo, mentre quelli tra 13 e 21 anni hanno ricevuto apitegromab 20 mg/kg o placebo in rapporto 2:1. Tutti i trattamenti sono stati somministrati per via endovenosa ogni quattro settimane, in aggiunta alla terapia di base. L’endpoint primario era il cambiamento nel punteggio HFMSE a 12 mesi rispetto al basale, analizzato secondo l’approccio modified intention-to-treat.

Risultati clinici: significatività statistica, ma domande aperte sul valore clinico
Nei pazienti pediatrici (2-12 anni), l’analisi primaria ha mostrato una differenza media aggiustata (least squares mean) di +1,8 punti HFMSE a favore del gruppo apitegromab (combinando le due dosi) rispetto al placebo (IC 95% 0,30–3,32; p=0,019), con un guadagno medio di 0,6 punti nel gruppo attivo contro una perdita di 1,2 punti nel placebo.

Questo risultato indica un effetto stabilizzante, se non lievemente migliorativo, della funzione motoria. Tuttavia, quando è stata analizzata singolarmente la dose da 20 mg/kg, considerata ottimale in fase II, la differenza rispetto al placebo non ha raggiunto la significatività statistica (differenza +1,4 punti; IC 95% –0,34 a 3,13; p=0,11). Tale risultato ha sollevato interrogativi sulla relazione dose-risposta e sulla coerenza dell’effetto terapeutico.
Laurent Servais, tra i principali investigatori, ha commentato: “Questi dati confermano che l’inibizione della miostatina può avere un ruolo nel modulare la funzione muscolare nella SMA, ma evidenziano anche la complessità di tradurre i benefici biologici in miglioramenti motori misurabili, specialmente in popolazioni con disabilità stabilizzata”.
Va sottolineato che il punteggio HFMSE ha una variabilità intrinseca limitata in pazienti con funzione motoria già compromessa, e un guadagno di 1-2 punti, pur statisticamente rilevante, può non corrispondere a un cambiamento clinicamente significativo percepito dai pazienti o dai caregiver. Studi precedenti hanno indicato che un cambiamento minimo clinicamente importante (MCID) nell’HFMSE si aggira intorno ai 3 punti, valore non raggiunto nel braccio apitegromab.

Profilo di sicurezza e tollerabilità: coerente con il background della malattia
Dal punto di vista della sicurezza, apitegromab si è dimostrato ben tollerato. Non sono stati riportati eventi avversi gravi attribuibili al farmaco e nessun paziente ha interrotto il trattamento a causa di effetti indesiderati. La frequenza e la gravità degli eventi avversi sono risultate simili tra i gruppi trattati con apitegromab e placebo, e coerenti con il profilo atteso della SMA e delle terapie concomitanti. Gli eventi più comuni sono stati febbre (26% vs 28%), rinite (25% vs 23%), tosse (23% vs 20%), vomito (23% vs 17%) e infezioni delle alte vie respiratorie (22% vs 30%). Non sono emersi segnali di tossicità cardiaca, epatica o ematologica, né segnali di immunogenicità preoccupanti, nonostante si tratti di un anticorpo monoclonale.

L’assenza di nuovi segnali di sicurezza è particolarmente rilevante, considerando che i pazienti con SMA grave sono spesso fragili, con comorbidità respiratorie e nutrizionali, e già esposti a terapie croniche. L’aggiunta di un agente biologico richiede un attento bilancio tra potenziali benefici e rischi infettivi o immunologici, che in questo caso sembra essere favorevole.

Verso una terapia combinata nella SMA
I risultati dello studio SAPPHIRE rafforzano l’ipotesi che le terapie muscolari complementari possano giocare un ruolo nel panorama terapeutico della SMA, specialmente in pazienti in età pediatrica con funzione motoria residua. Tuttavia, la modestia del beneficio e l’assenza di significatività per la dose più alta sollevano interrogativi sull’ottimizzazione del regime posologico e sulla selezione dei pazienti più idonei. Future analisi sottogruppo, attualmente in corso, potrebbero chiarire se specifici fenotipi (ad esempio, pazienti con punteggi HFMSE più elevati o età più giovane) traggano maggiore vantaggio dal trattamento.

In parallelo, si stanno esplorando altre strategie di potenziamento muscolare, come gli inibitori della via di segnalazione di myostatin/activin che agiscono su recettori diversi. La combinazione di terapie SMN-ripristinanti e agenti miotropici potrebbe rappresentare il futuro della gestione della SMA, in un modello di trattamento cronico e personalizzato.

Come ha osservato Eugenio Mercuri, “La SMA non è più solo una malattia genetica, ma una condizione cronica neuromuscolare che richiede approcci terapeutici multi-target.”.

Bibliografia
Crawford TO, Servais L, Mercuri E, et al. Safety and efficacy of apitegromab in nonambulatory type 2 or type 3 spinal muscular atrophy (SAPPHIRE): a phase 3, double-blind, randomised, placebo-controlled trial. Lancet Neurol. 2025;24(9):731-742. doi:10.1016/S1474-4422(25)00225-X. PMID: 39231845. https://www.thelancet.com/journals/laneur/article/PIIS1474-4422(25)00225-X/abstract

Mercuri E, Finkel RS, Muntoni F, et al. Nusinersen versus sham control in later-onset spinal muscular atrophy. N Engl J Med. 2018;378(7):625-635. doi:10.1056/NEJMoa1710504. PMID: 29342061. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29443664/
Finkel RS, Mercuri E, Darras BT, et al. Nusinersen in infants with spinal muscular atrophy. N Engl J Med. 2023;388(1):17-27. doi:10.1056/NEJMoa2207448. PMID: 36598988. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29443664/

Rudnicki SA, Andrews JA, Duong T, et al. Reldesemtiv in Patients with Spinal Muscular Atrophy: a Phase 2 Hypothesis-Generating Study. Neurotherapeutics. 2021;18(2):1127-1136. doi:10.1007/s13311-020-01004-3. https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC8423982/

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