Dopo aver arruolato operai perfino dal Nepal, l’azienda Stellantis ha proposto ai dipendenti in cassa integrazione un contratto da “pendolari balcanici” per la Serbia
Invece di rilanciare le fabbriche storiche di Torino e Pomigliano, Stellantis ha trovato un’alternativa che suona come una beffa: spedire gli operai in Serbia per tappare i buchi della produzione della nuova Fiat Panda elettrica. Non un sogno di carriera all’estero, ma una trasferta di qualche mese a Kragujevac, con tanto di bonus giornaliero e un’auto a noleggio da dividere in tre.
Per i sindacati italiani è l’ennesimo segnale che la multinazionale non crede più davvero nel Paese. In Serbia, infatti, il governo ha spalancato le porte a colpi di incentivi e stipendi bassi: 48 milioni di euro pubblici per convertire l’impianto, tasse leggere, energia a buon mercato e salari che non arrivano a 800 euro al mese. Una manna per Stellantis, che punta a sfornare 500 vetture al giorno, ma non riesce a trovare abbastanza manodopera locale: troppi giovani preferiscono emigrare piuttosto che lavorare in fabbrica.
Così, dopo aver arruolato operai perfino dal Nepal, l’azienda ha bussato anche alle porte italiane, proponendo ai dipendenti in cassa integrazione un contratto da “pendolari balcanici”. La risposta dei rappresentanti sindacali è stata glaciale: “Qui servono modelli nuovi e stabilimenti che producano in Italia, non trasferte di emergenza mascherate da opportunità”.
L’offerta è arrivata pochi giorni dopo la firma sui contratti di solidarietà, che già riducono orari e stipendi per tenere in piedi gli impianti senza licenziamenti. La promessa di riportare la produzione italiana a un milione di veicoli entro il 2030 sembra un miraggio: nel 2024 Stellantis si è fermata a mezzo milione scarso, e i dati del 2025 vanno ancora peggio.
FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)

