L’insonnia cronica, caratterizzata da difficoltà persistenti nel prendere sonno o nel mantenerlo, è una patologia debilitante che interessa circa il 10% della popolazione adulta
L’insonnia cronica, caratterizzata da difficoltà persistenti nel prendere sonno o nel mantenerlo, è una patologia debilitante che interessa circa il 10% della popolazione adulta. Nonostante le terapie comportamentali siano il primo approccio consigliato, rimane un ampio spazio per trattamenti farmacologici efficaci e sicuri. In questo contesto, in tempi recenti l’attenzione si è spostata verso l’orexina, un neuropeptide determinante per la veglia, aprendo la strada a soluzioni terapeutiche che agiscono sul sistema dell’eccitabilità cerebrale con minori effetti collaterali.
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT-II) è un approccio psicologico strutturato e scientificamente validato che aiuta a modificare i pensieri disfunzionali e i comportamenti che ostacolano il sonno: include strategie per ridurre l’ansia da prestazione notturna e abitudini sane come mantenere orari regolari, evitare schermi e stimolanti prima di dormire e creare un ambiente favorevole al riposo. La restrizione del sonno limita il tempo trascorso a letto per aumentare l’efficienza del sonno, mentre il controllo degli stimoli mira a spezzare l’associazione tra letto e veglia, ad esempio evitando di restare a letto se non si riesce a dormire.
Il complesso equilibrio della veglia: il sistema orexinergico
Scoperti nel 1998, i neuropeptidi orexina A e B (detti anche ipocretine) sono prodotti nell’ipotalamo laterale e interagiscono con i recettori OX₁R e OX₂R. Questo sistema svolge un ruolo centrale nella promozione dello stato di veglia, attivando nuclei coinvolti nei sistemi dopaminergico, noradrenergico, istaminergico e colinergico. Evidenze genetiche e sperimentali – come la narcolessia nei cani o nei topi privi del gene dell’orexina – hanno confermato l’importanza del suo corretto funzionamento per mantenere un ritmo sonno-veglia stabile. L’eccessiva attività orexinergica, al contrario, contribuisce alla difficoltà di addormentamento e alla frammentazione del sonno, che caratterizza spesso l’insonnia cronica.
Come illustrato dal Dottor Alessandro Cicolin, Direttore del Centro di Medicina del Sonno, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, questi neuropeptidi agiscono come “stabilizzatori” del nostro stato, sia veglia che sonno, e sono fondamentali per prevenire i risvegli durante il sonno fisiologico notturno. Il sistema coinvolto nella loro azione è un punto di convergenza per diversi sistemi subcorticali che controllano lo stato di veglia e sonno, rendendolo un target ideale per una modulazione più fisiologica del sonno.Antagonisti del recettore per l’orexina: una svolta mirata
La nuova generazione di trattamenti farmacologici si basa su molecole che agiscono come antagonisti dei recettori dell’orexina. I Dual Orexin Receptor Antagonists (DORAs) bloccano entrambi i recettori OX₁R e OX₂R, riducendo l’eccitazione cerebrale e favorendo l’inizio e la continuità del sonno. Al contrario, i Selective Orexin Receptor Antagonists (SORAs) mirano solo a OX₂R e offrono uno spettro terapeutico potenzialmente più preciso. A differenza degli ipnotici classici (benzodiazepine e Z-drugs), che deprimono globalmente il SNC e presentano rischi di dipendenza e rebound, gli antagonisti orexinergici permettono un’azione più localizzata, senza alterare significativamente l’architettura del sonno o intaccare la funzionalità diurna.
Il Professor Luigi Ferini-Strambi, Ordinario di Neurologia e Direttore del Centro di Medicina del Sonno presso IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha spiegato che questa nuova classe di farmaci adotta un approccio completamente diverso rispetto ai sedativi, bloccando i recettori della veglia anziché indurre una generica sedazione. Il sonno ottenuto con questi antagonisti è considerato più fisiologico, senza significative alterazioni della sua architettura, e tende a ridurre i risvegli notturni, migliorando la percezione della loro durata da parte del paziente. A differenza delle benzodiazepine, questi farmaci non modificano la struttura del sonno né impattano negativamente sul sonno REM, una fase cruciale. Inoltre, sono stati studiati in trattamenti a lungo termine, fornendo dati solidi sull’efficacia e sui possibili effetti collaterali nel corso di mesi.
Cicolin ha aggiunto che questi nuovi trattamenti mantengono la loro efficacia nel tempo, eliminando la necessità di aumentare il dosaggio, e sono più sicuri per l’insonnia cronica, modulando il sonno in modo fisiologico. Un vantaggio significativo è il minore impatto sulla vigilanza e sulle funzioni cognitive come attenzione e memoria al risveglio.Evidenze cliniche: efficacia e sicurezza del nuovo paradigma
Negli ultimi anni, numerosi trial clinici hanno dimostrato l’efficacia e il profilo favorevole dei DORAs, evidenziando miglioramenti significativi nei parametri del sonno – riduzione della latenza, aumento del tempo totale di sonno e diminuzione dei risvegli notturni. Per esempio, in una rete di studi randomizzati contro placebo, Kishi et al. hanno confermato che i DORAs mantengono un’efficacia stabile anche negli adulti con disturbi psichiatrici associati. Inoltre, le osservazioni post-marketing indicano che tali composti non comportano tipici effetti avversi della sedazione, come atassia, sonnolenza residua al risveglio o dipendenza. Clinicaltrials e review suggeriscono una bassa incidenza di abuso e un profilo di sicurezza anche in pazienti con comorbilità respiratoria.
Sfide attuali e prospettive future
Nonostante i notevoli vantaggi, permangono questioni aperte. La scelta tra DORAs e SORAs richiede approfondimenti basati su comorbidità, età e caratteristiche specifiche del paziente. Studi prospettici dovranno valutare il trattamento anche in adolescenza, menopausa o in presenza di patologie croniche. Risulta inoltre cruciale confrontare direttamente i nuovi farmaci rispetto agli ipnotici tradizionali per definire linee guida precise. Infine, comprendere la variabilità individuale nella risposta all’antagonismo orexinergico – per esempio, in relazione a differenze genetiche o metaboliche – potrà guidare l’avvento di un approccio di medicina personalizzata.
Di questi argomenti, tra cui l’evoluzione della percezione dell’insonnia da semplice sintomo a vera e propria malattia e l’importanza di un approccio integrato, sono stati discussi in profondità anche con Amedeo Soldi Direttore Medico Idorsia Italy e Giovanni Girgenti, General Manager Idorsia Italy, a Torino, in occasione dell’evento dedicato all’insonnia cronica, “Time to Dream”.
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