Nelle donne affette da ischemia miocardica con coronarie non ostruttive (INOCA), la gestione terapeutica rappresenta ancora una sfida aperta
Nelle donne affette da ischemia miocardica con coronarie non ostruttive (INOCA), la gestione terapeutica rappresenta ancora una sfida aperta. Tuttavia, un’analisi per imaging seriale condotta su un sottogruppo dello studio WARRIOR mostra segnali incoraggianti a favore di una strategia farmacologica intensiva. I nuovi dati, presentati al congresso della Society of Cardiovascular Computed Tomography (SCCT) 2025, suggeriscono che l’intensificazione del trattamento possa influire positivamente sulla morfologia della placca coronarica.
L’INOCA è una condizione in cui il cuore non riceve abbastanza sangue e ossigeno a causa di problemi nel flusso sanguigno coronarico, ma senza che vi siano ostruzioni significative nelle principali arterie coronarie, come quelle che si trovano nell’infarto tradizionale. In altre parole, anche se le coronarie principali non sono bloccate, il cuore può comunque soffrire di ischemia.
Lo studio ha preso in esame 186 pazienti, randomizzati a ricevere una terapia medica intensiva (IMT) o le cure usuali, e sottoposti a due angiografie coronariche TC (CCTA) nell’arco di almeno due anni. La strategia intensiva prevedeva la somministrazione di statine ad alta intensità, un ACE-inibitore o un antagonista del recettore dell’angiotensina II (ARB) al dosaggio massimo tollerato, e aspirina a basso dosaggio. Sebbene nella popolazione generale dello studio la terapia intensiva non abbia ridotto il rischio di eventi cardiovascolari a 5 anni, i risultati dell’analisi radiologica suggeriscono un effetto significativo sulla composizione della placca aterosclerotica.
Meno placca instabile, più calcificazioni stabili
Tra le pazienti trattate con IMT si è osservata una riduzione statisticamente significativa della placca non calcifica, considerata più instabile e suscettibile a rottura, rispetto al gruppo di controllo (P = 0,003). Inoltre, il volume della placca calcificata risultava aumentato in misura maggiore nelle pazienti trattate intensivamente (P = 0,013), suggerendo un processo di stabilizzazione del quadro aterosclerotico.
I livelli di colesterolo LDL erano significativamente più bassi nel gruppo IMT sia a 24 che a 36 mesi (P = 0,018), mentre la pressione sistolica risultava inferiore solo al secondo anno. L’ analisi multivariata ha confermato l’IMT come predittore indipendente della riduzione del volume di placca non calcifica (P = 0,027), insieme al volume di placca totale basale (P = 0,002). Al contrario, un’elevata attenuazione del tessuto adiposo pericoronarico (PCAT) era associata a un maggiore carico di placca non calcifica (P = 0,003), a indicare uno stato infiammatorio perivascolare.
La ridotta differenza tra i due gruppi, entrambi caratterizzati da un’elevata aderenza iniziale alle terapie con statine e ACE-inibitori/ARB, potrebbe aver limitato la capacità dello studio principale di dimostrare un vantaggio clinico significativo della terapia intensiva. Tuttavia, “la differenza c’è, seppur piccola, e rappresenta un segnale promettente”, ha affermato.
Alla ricerca di un impatto clinico
I risultati dello studio WARRIOR offrono una prima evidenza morfologica a sostegno dell’efficacia dell’IMT, mostrando che è possibile modificare la composizione della placca attraverso una strategia farmacologica mirata. Tuttavia, rimane aperta la questione del significato clinico di tali modificazioni.
“Possiamo modificare la placca, ma cosa comporta questo per la paziente in termini di sintomi, qualità di vita e prevenzione degli eventi?” ha domandato Kavitha Chinnaiyan, presidente della SCCT. In particolare, nelle donne, la valutazione del beneficio terapeutico va oltre i parametri radiologici, abbracciando aspetti clinici soggettivi e multifattoriali.
I prossimi passi della ricerca dovranno concentrarsi su outcome sintomatici e clinici a lungo termine, idealmente in una popolazione meno bilanciata sul piano terapeutico rispetto al trial WARRIOR, così da chiarire meglio l’impatto specifico della terapia intensiva.
Prospettive future: imaging e sintomi a confronto
Un ulteriore contributo alla discussione potrebbe giungere da un nuovo studio che sarà presentato al prossimo congresso della European Society of Cardiology. I dati attesi mostreranno una correlazione tra il carico di placca non calcifica al basale e i punteggi del Seattle Angina Questionnaire, confermando il legame tra morfologia della placca e presenza di angina settimanale nelle pazienti con INOCA. Questo potrebbe rappresentare un primo passo verso l’identificazione di biomarcatori radiologici predittivi della sintomatologia clinica, offrendo nuove prospettive per una gestione più mirata.
Bibliografia
Carlos Dohse, Women’s Ischemia Trial to Reduce Events in Non-Obstructive CAD – WARRIOR. Presented by Drs. Carl J. Pepine and Eileen Handberg at the American College of Cardiology Annual Scientific Session (ACC.25), Chicago, IL, March 29, 202 leggi
Puja K Mehta, et al., Ischemia and No Obstructive Coronary Arteries in Patients with Stable Ischemic Heart Disease leggi

