Finerenone nello scompenso cardiaco con frazione di eiezione preservata: efficace anche nei pazienti fragili secondo nuovi studi
Uno studio pubblicato su “JAMA Cardiology” ha mostrato che finerenone ha ridotto l’incidenza di morte cardiovascolare e di eventi totali di peggioramento nello scompenso cardiaco, con benefici non influenzati dallo stato di fragilità dei pazienti.
Analisi secondaria dello studio FINEARTS-HF
I risultati derivano da un’analisi secondaria prespecificata dello studio FINEARTS-HF, condotto da un gruppo internazionale guidato da John J. V. McMurray, del British Heart Foundation Cardiovascular Research Centre presso l’Università di Glasgow.
Lo studio FINEARTS-HF è stato realizzato in 653 centri distribuiti in 37 paesi, coinvolgendo 6.001 pazienti con scompenso cardiaco appartenenti alle classi funzionali II-IV della New York Heart Association.
I partecipanti presentavano una frazione di eiezione ventricolare sinistra ≥40%, evidenza di cardiopatia strutturale e livelli aumentati di peptidi natriuretici. La randomizzazione è avvenuta tra settembre 2020 e gennaio 2023, mentre l’analisi dei dati si è svolta dal 1° ottobre al 30 novembre 2024.
Il trattamento è consistito nella somministrazione quotidiana di finerenone o placebo, in aggiunta alla terapia convenzionale. L’endpoint primario era costituito, come accennato, da un composito di morte cardiovascolare e peggioramento globale dello scompenso cardiaco.
La valutazione della fragilità si è basata sul metodo Rockwood, un approccio cumulativo a deficit che attribuisce un indice di fragilità (FI, frailty index) a ciascun paziente. Questo indice tiene conto di numerose variabili cliniche, funzionali e biologiche che riflettono la vulnerabilità complessiva dell’individuo.
In FINEARTS-HF, è stato possibile calcolare l’FI per 5.952 pazienti (età media 72,0 anni, 54,4% di sesso maschile), suddivisi in tre classi: classe I (FI ≤0,210, non fragili), classe II (FI 0,211–0,310, più fragili) e classe III (FI ≥0,311, massima fragilità). L’uso dell’approccio Rockwood ha permesso una stratificazione precisa della fragilità, evitando semplificazioni basate su età o comorbilità isolate.
Efficacia indipendente dalla stratificazione clinica
L’analisi ha evidenziato una chiara associazione tra grado di fragilità e rischio di eventi cardiovascolari. Rispetto ai pazienti non fragili, quelli appartenenti alla classe II e III hanno mostrato un rischio nettamente superiore di incorrere nell’endpoint primario (RR non aggiustato 1,88 per la classe II; RR 3,86 per la classe III).
Tuttavia, l’efficacia di finerenone nel ridurre questo rischio si è mantenuta costante attraverso i diversi livelli di fragilità. I rapporti di rischio per il confronto finerenone/placebo sono stati 1,07 per la classe I, 0,66 per la classe II e 0,91 per la classe III, senza significatività nell’interazione (P =0,77).
Questo risultato conferma che la fragilità, pur rappresentando un fattore prognostico negativo, non ha attenuato l’effetto del trattamento con finerenone. Analogamente, non si sono osservate variazioni significative nell’efficacia del farmaco sulle singole componenti dell’endpoint primario, né sull’incidenza di morte per tutte le cause.
Benefici confermati su tollerabilità e sintomi
Anche sotto il profilo della sicurezza, la fragilità non ha modificato l’effetto di finerenone. L’incidenza di eventi avversi quali ipotensione, aumento della creatinina, iperkaliemia e ipokaliemia è risultata comparabile tra i gruppi, indipendentemente dalla classe di fragilità.
Inoltre, il miglioramento dei sintomi riferiti dai pazienti, valutato attraverso il Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire, è stato uniforme nei tre sottogruppi, a indicare un beneficio clinico percepibile anche nei soggetti più vulnerabili.
Nel contesto dello scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata (HFpEF) o lievemente ridotta (HFmrEF), i risultati dello studio FINEARTS-HF avvalorano l’impiego di finerenone anche in pazienti con marcata fragilità, senza compromessi in termini di efficacia o sicurezza.
Questa evidenza è particolarmente rilevante, considerando che i pazienti fragili sono frequentemente percepiti come meno adatti alle terapie innovative, a causa di timori legati a un presunto profilo beneficio/rischio sfavorevole — timori non confermati dai dati disponibili.
Bibliografia:
Butt JH, Jhund PS, Henderson AD, et al. Finerenone According to Frailty in Heart Failure: A Prespecified Analysis of the FINEARTS-HF Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2025 Jun 18:e251775. doi: 10.1001/jamacardio.2025.1775. Epub ahead of print. leggi

