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Mielofibrosi, con momelotinib più pazienti ottengono indipendenza dalle trasfusioni

Raccomandata in UE l'approvazione di momelotinib per il trattamento di pazienti con anemia da moderata a grave

Mielofibrosi, con momelotinib più pazienti ottengono indipendenza dalle trasfusioni e controllo della splenomegalia

Nei pazienti con mielofibrosi e anemia (livello di Hb <10g/dl), il trattamento di prima linea con momelotinib (un nuovo farmaco da qualche mese disponibile anche in Italia) permette di ottenere una duplice risposta – splenica, cioè una riduzione del volume della milza di almeno il 35% (SVR35), e l’indipendenza dalle trasfusioni – entro 24 settimane quasi quattro volte superiore rispetto a ruxolitinib, con un impatto positivo anche sulla sopravvivenza globale (OS). Lo dimostrano i risultati di un’analisi post-hoc dello studio SIMPLIFY-1, presentata al congresso annuale della European Hematology Association (EHA), a Milano.

Ma non solo. Al meeting sono stati presentati anche i risultati di un’analisi post-hoc degli studi SIMPLIFY-1 e MOMENTUM che dimostrano come gestire efficacemente il problema dell’anemia nei pazienti con mielofibrosi e migliorare i livelli di emoglobina (Hb), portandoli almeno a 10 g/dl, possa impattare positivamente sull’OS.

Da queste analisi, scrivono gli autori, la trasfusione-indipendenza emerge come il più forte fattor predittivo di OS con momelotinib, suggerendo che nei pazienti anemici con mielofibrosi, per ottimizzare gli outcome a lungo termine, si dovrebbe dare la priorità al raggiungimento di questo obiettivo.

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