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Tra Elba e Val di Cornia e poi ad Arezzo stasera su Rai Storia

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Tra Elba e Val di Cornia: “La memoria del ferro” per “Italia. Viaggio nella Bellezza” e a seguire tappa ad Arezzo per “Storia delle nostre città” su Rai Storia

La storia delle miniere di ferro nell’isola d’Elba e nei parchi della val di Cornia in Toscana, dal popolo etrusco che grazie a questo materiale poté arricchirsi ed espandersi, al Medioevo con la monumentale presenza della Rocca di San Silvestro a Campiglia Marittima. Un’estrazione, quella del ferro, che non si è mai arrestata fino alla fine degli anni ‘70 del ‘900 e che ha lasciato tracce, paesaggi e panorami che sono oggi la ricchezza del parco. Luoghi al centro de “La memoria del ferro” di Alessandro Varchetta con la regia di Eva Frerè, in onda lunedì 4 agosto alle 21.10 su Rai Storia per “Italia. Viaggio nella Bellezza”.

Ancora oggi, nell’immaginario comune, Populonia è legata a due elementi forti che la connotano: gli etruschi e i paesaggi. Adagiata in uno slendido contesto paesaggistico, grazie alle lavorazioni del ferro fu una delle più grandi, ricche e potenti città della Dodecapoli etrusca assieme a Vulci, Volterra, Vetulonia e molte altre. Una città che aveva migliaia di abitanti e che era il principale centro metallurgico dell’Etruria. Poi, nel III secolo avanti Cristo, arrivarono i romani: la città cambiò volto, adattandosi agli usi del conquistatore. La storia comincia però all’isola d’Elba, non lontano dalla cittadina etrusca dove fin dalla preistoria altri uomini avevano cominciato a utilizzare i preziosi giacimenti ferrosi.

Sotto la dominazione Etrusca, per la purezza del suo minerale, l’Elba, denominata “L’isola dei Mille Fuochi”, raggiunse il periodo di massima espansione che si protrae fino alla fine del I secolo avanti Cristo.

Successivamente, a causa dell’esaurimento dei boschi, e quindi del combustibile per la riduzione del ferro, la lavorazione si spostò sul litorale toscano, a Populonia dove vennero abbandonati oltre un milione di tonnellate di scorie ferrose. È una memoria che al tramonto brilla ancora sulla spiaggia nera di Baratti. Scorie che restarono incredibilmente immobili per più di venti secoli, fino al 1915, quando si iniziò a lavorarle industrialmente.

Ma l’estrazione del materiale ferroso non si era mai fermato. Tra il X e l’XI secolo nacque vicino a Campiglia Marittima la rocca di San Silvestro, un villaggio medioevale straordinariamente conservato fino a oggi, un sito unico per la sua monumentalità.

Oggi è possibile vedere i pozzi d’origine etrusca, percorrere le strette vie aperte nel Medioevo, entrare nel mondo sotterraneo trasportati da un trenino che corre sulle vecchie rotaie della miniera dismessa in età moderna. Verso la fine degli anni 70 del 900 la grande crisi: quasi tutte le miniere chiudono. All’Elba l’ultima nel 1981. Le lotte sindacali sono accesissime. Per una intera comunità è la fine di un’epoca, forse anche della vita come l’avevano conosciuta fino allora scandita dai ritmi e dalle consuetudini di quel lavoro così logorante.

A seguire, conosciuta nel mondo come Città della Giostra del Saracino, della moda, dell’oro, Arezzo è stata sede della più antica università della Toscana e una delle prime al mondo. Un passato ricostruito da “Storia delle nostre città”, in onda lunedì 4 agosto alle 22.10 su Rai Storia. Arezzo è sempre stato il passaggio naturale per chiunque volesse attraversare l’Appennino Tosco-Emiliano e ha sfruttato proprio il suo essere crocevia di importanti arterie di comunicazione per diventare grande ed affermarsi in differenti epoche, mantenendo sempre il suo ruolo di protagonista. Qui sono passati etruschi e romani, longobardi e carolingi, fino ai Medici fiorentini e agli Asburgo Lorena. Qui hanno lasciato le loro impronte Petrarca, Piero della Francesca, Cimabue.

Di origine certamente etrusca, fu conquistata dai Romani nel 311, che la battezzarono Arretium trasformandola in un’importante stazione militare sulla via Cassia. Nel periodo augusteo, la città continuò a prosperare divenendo la terza città più grande in Italia, nota per i suoi manufatti ceramici. Nel III-IV secolo, divenne sede episcopale ed è una delle poche città la cui successione di vescovi è conosciuta per nome senza interruzione fino a oggi. Durante il primo medioevo la città romana venne demolita dalle invasioni dei barbari e in parte smantellata per riutilizzare le pietre nella costruzione delle fortificazioni della nuova città. Dello storico passaggio di Roma rimase in piedi solo l’antico anfiteatro. Il comune di Arezzo abbandonò il controllo del suo vescovo nel 1098.

Per tre secoli si mantenne come città-stato indipendente, di tendenza ghibellina, opposta ai Guelfi di Firenze. Dopo la disfatta della battaglia di Campaldino nel 1289, cedette definitivamente alla dominazione fiorentina nel 1384 e la sua storia fu “sommersa” da quella del Granducato mediceo toscano. Alla fine del XVIII secolo le truppe francesi guidate da Napoleone Bonaparte conquistarono la città che si trasformò però in una base di resistenza contro gli invasori. Nel 1860 Arezzo divenne parte del Regno d’Italia. Anche se diversi edifici della città subirono gravi danni durante la Seconda guerra mondiale, i suoi monumenti, i parchi, i resti archeologici, le chiese e le piazze custodiscono ancora oggi i segreti di generazioni di aretini che hanno contribuito a costruire questa sorprendente città intrisa di magia e di infinita arte.

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