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Astrazeneca annuncia un importante piano di espansione negli USA

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Case farmaceutiche: AstraZeneca punta al mercato statunitense con il più grande investimento manifatturiero della sua storia

AstraZeneca ha annunciato un imponente piano di espansione negli Stati Uniti, che prevede investimenti fino a 50 miliardi di dollari entro il 2030. Si tratta del più ambizioso impegno industriale mai assunto dalla multinazionale anglo-svedese, che conferma così la propria intenzione di consolidare la presenza nel mercato americano. La notizia arriva in un momento di forte pressione politica per rilocalizzare la produzione farmaceutica, con l’amministrazione statunitense decisa a incentivare la manifattura nazionale tramite tariffe doganali sulle importazioni.

Il fulcro dell’iniziativa sarà la costruzione di un nuovo stabilimento produttivo in Virginia, dedicato alla produzione di principi attivi innovativi per farmaci destinati a malattie metaboliche e alla perdita di peso. Il sito sarà anche il principale centro per lo sviluppo industriale di nuove molecole di piccole dimensioni, peptidi e oligonucleotidi, tra cui un agonista orale del recettore GLP-1 e baxdrostat, una molecola sperimentale per il trattamento dell’ipertensione. Quest’ultima agisce inibendo l’aldosterone sintasi, riducendo così la produzione di aldosterone e promuovendo un miglior controllo pressorio nei pazienti resistenti alla terapia standard.

Il nuovo impianto sarà dotato di sistemi automatizzati, tecnologie di intelligenza artificiale e analisi dei dati per ottimizzare l’efficienza produttiva e la qualità del prodotto finito. Secondo Pascal Soriot, CEO di AstraZeneca, questo investimento “testimonia la nostra fiducia nel potenziale innovativo degli Stati Uniti nel campo biofarmaceutico e il nostro impegno verso i milioni di pazienti che contano sui nostri trattamenti, negli USA e nel mondo”.

Espansione capillare in più Stati per sostenere la crescita
Il maxi-investimento si inserisce in una strategia più ampia che comprende l’ampliamento di diversi poli strategici già esistenti negli Stati Uniti. Tra questi figurano i centri di ricerca e sviluppo a Gaithersburg (Maryland) e Cambridge (Massachusetts), due tra i principali hub scientifici di AstraZeneca a livello globale. In Maryland, a Rockville, l’azienda svilupperà anche una piattaforma produttiva per terapie cellulari di nuova generazione, mentre a Tarzana, in California, verranno creati impianti analoghi per la manipolazione avanzata di cellule autologhe.

In Indiana, lo stabilimento di Mount Vernon sarà potenziato con tecnologie di manifattura continua, mentre a Coppell, in Texas, proseguirà lo sviluppo della produzione specializzata. Complessivamente, queste strutture costituiranno un’infrastruttura capace di sostenere la pipeline e contribuire al raggiungimento dell’ambizioso obiettivo di 80 miliardi di dollari di fatturato annuale entro il 2030, di cui la metà generati proprio dal mercato statunitense.

Investimento industriale che risponde anche a pressioni geopolitiche
L’annuncio dell’investimento si colloca nel contesto delle politiche economiche promosse dal governo statunitense, che punta a ridurre la dipendenza da farmaci e principi attivi prodotti all’estero. Secondo Howard Lutnick, Segretario al Commercio degli Stati Uniti, “per decenni gli americani hanno fatto affidamento su forniture esterne per prodotti farmaceutici fondamentali. Con le nuove politiche tariffarie, l’obiettivo è correggere questa fragilità strutturale”.

Il progetto di AstraZeneca va quindi letto anche in chiave geopolitica. Negli ultimi mesi, il CEO Soriot ha espresso più volte la propria frustrazione nei confronti delle regole di accesso ai farmaci vigenti nel Regno Unito e in Europa, lamentando una sotto-valutazione dell’innovazione terapeutica. Attualmente, il Regno Unito investe circa il 7% del budget sanitario in farmaci innovativi, mentre la media europea si aggira intorno al 10%, ben al di sotto della quota statunitense che oscilla tra il 13% e il 15%.

Alcune indiscrezioni indicano che l’azienda starebbe valutando un trasferimento della propria quotazione principale dalla Borsa di Londra a quella americana, mossa che confermerebbe la volontà di radicarsi sempre più nel contesto industriale e finanziario degli Stati Uniti.

Il futuro dell’industria farmaceutica passa dagli Stati Uniti
L’investimento annunciato da AstraZeneca si inserisce in una tendenza ormai consolidata. Solo negli ultimi mesi, altre big pharma hanno comunicato piani analoghi: Johnson & Johnson ha destinato 55 miliardi di dollari per l’espansione negli USA, Roche ha promesso un investimento da 50 miliardi, mentre Eli Lilly, Novartis, Sanofi, AbbVie, Bristol Myers Squibb, Gilead Sciences, Biogen e UCB hanno annunciato impegni tra i 20 e i 30 miliardi di dollari ciascuna.

L’attenzione verso la produzione endogena non risponde soltanto a logiche protezionistiche, ma si lega anche alla necessità di rendere più resilienti le catene di approvvigionamento, accelerare l’immissione sul mercato dei nuovi farmaci e sfruttare al massimo le potenzialità dell’automazione e della digitalizzazione industriale.

In questo scenario, il nuovo impianto di AstraZeneca in Virginia – il più grande investimento produttivo mai realizzato dall’azienda – potrebbe diventare un modello di riferimento per la manifattura farmaceutica del futuro, soprattutto nei settori dei farmaci metabolici, delle piccole molecole innovative e delle tecnologie emergenti come i peptidi e gli oligonucleotidi.

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