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Epatite C e diabete: il ruolo chiave del genotipo 3a e della cirrosi

Se trattati con terapia antivirale ad azione diretta, i pazienti con infezione cronica da virus dell'epatite C sono a minor rischio di malattia renale

Uno studio ha evidenziato che nei pazienti con epatite C cronica (CHC), genotipo 3a, età, cirrosi, ipertensione e insulino-resistenza e altri fattori indipendenti sono associati allo sviluppo di diabete di tipo 2

Uno studio pubblicato su BMC Gastroenterology ha evidenziato che nei pazienti con epatite C cronica (CHC), genotipo 3a, età, cirrosi, ipertensione e insulino-resistenza e altri fattori indipendenti sono associati allo sviluppo di diabete di tipo 2 (T2DM). Interventi precoci nei pazienti a rischio possono migliorare la prognosi e ridurre le complicanze gravi.

L’epatite C cronica (CHC) rappresenta una delle principali cause di malattia epatica cronica, cirrosi e carcinoma epatocellulare. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si stima che circa 71 milioni di persone nel mondo siano affette da CHC. Il 75-85% dei pazienti infettati dal virus dell’epatite C (HCV) non riesce a eliminare spontaneamente il virus entro sei mesi, evolvendo quindi in una forma cronica.

Oltre alle complicanze epatiche, la CHC è associata a numerose manifestazioni extraepatiche. Numerose evidenze indicano che i pazienti con HCV presentano un rischio maggiore di sviluppare diabete mellito di tipo 2 (T2DM). Diverse meta-analisi (Knobler, White) hanno stimato un aumento del rischio di circa 1,68 volte nei pazienti HCV-positivi rispetto ai non infetti.
Il legame tra HCV e T2DM sembra coinvolgere diversi meccanismi molecolari. Il core protein del virus interferisce con la via di segnalazione dell’insulina (IRS1/PI3K/Akt), essenziale per l’assorbimento e il metabolismo del glucosio negli epatociti. Inoltre, la steatosi epatica indotta da HCV, soprattutto nei pazienti con genotipo 3a, altera il metabolismo lipidico, favorendo una condizione di lipotossicità sistemica e resistenza insulinica.

Tuttavia, alcuni studi (es. Ruh et al.) hanno messo in dubbio questa associazione, soprattutto in soggetti con glicemia normale. Di conseguenza, il rapporto tra infezione cronica da HCV e T2DM resta controverso e necessita di ulteriori approfondimenti.

Le caratteristiche cliniche della CHC possono variare in base alla regione geografica, ai genotipi virali predominanti e alle specificità della popolazione locale. In Cina meridionale, dove i dati sono ancora limitati, questo studio ha avuto l’obiettivo di analizzare i fattori metabolici e il ruolo dei diversi genotipi dell’HCV (come 1b, 6a e il raro 3a) nel rischio di sviluppare T2DM.
Lo studio retrospettivo di coorte caso-controllo ha analizzato 442 pazienti con CHC (242 senza T2DM e 200 con T2DM) tra il 2010 e il 2018. Sono stati confrontati i parametri biochimici, i genotipi HCV e le caratteristiche cliniche. Sono state effettuate analisi di regressione logistica multivariata e curve ROC per identificare i fattori predittivi del T2DM.
Risultati:
Il gruppo CHC con diabete ha mostrato valori significativamente più elevati di età (p< 0,001), BMI (p=0,001), glicemia a digiuno (p<0,001), insulina a digiuno (p=0,015), indice HOMA-IR (p<0,001), transaminasi ALT (p<0,001) e AST (p<0,001), bilirubina totale (p<0,001), γ-glutamil transferasi (GGT) (p<0,001) e una maggiore prevalenza di cirrosi (p< 0,001).

L’analisi di regressione logistica ha identificato come fattori di rischio: età (OR: 1,09), glicemia a digiuno (OR: 16,20), insulina a digiuno (OR: 1,23), indice HOMA-IR (OR: 0,48), GGT (OR:1,01), presenza di cirrosi (OR:15,32) e ipertensione (OR:31,00).

La distribuzione dei genotipi HCV è risultata significativamente diversa tra i gruppi CHC e CHC + T2DM (p=0,008), con il genotipo 3a più frequente nel gruppo CHC + T2DM (2,07% vs 11,36%, p=0,032). L’analisi ROC ha evidenziato la glicemia a digiuno (AUC=0,904) come il miglior predittore.
In risultati, dunque, indicano che età avanzata, ipertensione, alterazioni metaboliche (glicemia e insulina a digiuno elevate, indice HOMA-IR aumentato), marker di danno epatico (GGT) e cirrosi rappresentano predittori indipendenti di T2DM nei pazienti con CHC.

In particolare, il genotipo 3a dell’HCV è risultato più frequente nei pazienti CHC+T2DM, suggerendo un ruolo chiave di questo sottotipo nell’aumentare il rischio di diabete. Il meccanismo patogenetico coinvolgerebbe la steatosi epatica, la resistenza insulinica e l’interferenza con il metabolismo lipidico, favorita dal legame della proteina core del genotipo 3a ai lipidi intracellulari e dalla riduzione dell’espressione di IRS-1.

Tuttavia, la scarsa diffusione del genotipo 3a in Guangdong limita il generalizzare i dati, rendendo necessarie ulteriori conferme su popolazioni più ampie e diversificate. Il tasso di T2DM osservato (14,5%) è superiore a quello della popolazione generale cinese (6–11,2%) e in linea con altri studi su pazienti HCV (20–33%), rafforzando l’ipotesi che l’HCV contribuisca direttamente alla resistenza insulinica, un fattore cruciale nello sviluppo del T2DM e del carcinoma epatocellulare (HCC).

La cirrosi emerge come un elemento chiave: i pazienti con CHC+T2DM presentano più spesso danno epatico avanzato, confermando il legame tra severità della malattia epatica e rischio diabetico. L’età superiore ai 40 anni è inoltre associata a un aumento significativo del rischio (fino a 7 volte, secondo altri studi).

Lo studio presenta alcune limitazioni: disegno retrospettivo, campione ristretto e monocentrico, assenza di dati completi su trattamenti antivirali o ipoglicemizzanti, e bassa potenza statistica nelle analisi per genotipo. Pertanto, sono necessari studi prospettici e su larga scala per confermare questi risultati e definire con maggiore precisione i meccanismi implicati.
Zhanyi Li et al.,  Metabolic dysfunction, cirrhosis, and HCV genotype 3a drive type 2 diabetes risk in chronic hepatitis C: a Southern Chinese cohort study BMC Gastroenterol. 2025 Jul 8;25(1):508.
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/40629277/

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