L’eczema cronico delle mani rappresenta una sfida significativa sia clinica che sociale, e la sua gestione non può prescindere da una solida conoscenza epidemiologica
L’eczema cronico delle mani rappresenta una sfida significativa sia clinica che sociale, e la sua gestione non può prescindere da una solida conoscenza epidemiologica. Affrontare l’argomento dal punto di vista epidemiologico è fondamentale per molteplici ragioni, che vanno ben oltre la semplice descrizione clinica. E’ stato questo il tema della relazione della Dott.ssa Emanuela Martina, Specialista in Dermatologia e Venereologia, SOD Clinica di Dermatologia, AOU delle Marche, Ancona, in occasione della Special Edition del congresso SIDeMaST-ADOI che si è svolto in parallelo alla prima giornata del XIV International Congress of Dermatology.
La patologia interessa prevalentemente soggetti giovani o di mezza età, cioè persone nel pieno della loro vita lavorativa e produttiva. Questo aspetto è cruciale perché l’eczema non si limita a causare sintomi fisici, ma si traduce in un impatto socio-economico notevole: assenze dal lavoro, demansionamento e costi sanitari diretti e indiretti. Non è un caso che l’eczema delle mani sia una delle dermatosi occupazionali più frequenti.
I sintomi tipici, quali dolore, prurito e bruciore, limitano le normali attività quotidiane, ma il disagio psicologico associato è altrettanto significativo. Il paziente con eczema delle mani spesso sperimenta imbarazzo nei contatti sociali più semplici, come stringere una mano o accarezzare, influenzando negativamente la qualità della vita e il benessere psicologico. Questo contribuisce a un circolo vizioso che può peggiorare la prognosi.
La complessità dello studio epidemiologico dell’eczema delle mani
Non è semplice condurre studi epidemiologici rigorosi su questa patologia. La grandissima eterogeneità clinica, la sovrapposizione tra forme morfologiche ed eziologiche, e la mancanza di criteri classificativi univoci complicano la raccolta e l’interpretazione dei dati. Inoltre, molte ricerche basano la raccolta dati su questionari autosomministrati, con risultati di severità spesso discordanti rispetto alla valutazione clinica.
Uno studio tedesco ha dimostrato come la concordanza tra auto-valutazione del paziente e giudizio dermatologico sulla severità sia minima (16%), evidenziando un problema metodologico che limita la validità di molti studi epidemiologici.
Una metanalisi pubblicata nel 2021 su “Atopic Dermatitis” ha analizzato 69 studi coinvolgendo oltre 500.000 soggetti, rilevando una prevalenza puntuale del 9,1% e una prevalenza nell’arco della vita del 14,5%. Ancora più rilevante è la durata media della malattia, stimata intorno agli 11-12 anni, segno di una condizione cronicizzante con importanti implicazioni cliniche e sociali.
Uno studio italiano condotto su 4312 pazienti sottolinea una netta prevalenza femminile (circa 70%), spiegabile non tanto da differenze biologiche quanto da una maggiore esposizione a fattori irritativi e allergici, dovuti sia ad attività domestiche che professionali. L’esposizione occupazionale è infatti uno dei principali driver epidemiologici di questa patologia, con settori particolarmente a rischio come le lavoratrici domestiche, le addette alle pulizie, le professioniste dell’estetica e della cosmetica, i dentisti e gli operatori sanitari.
L’evoluzione delle esposizioni professionali e il ruolo della prevenzione
Il panorama occupazionale è in continua evoluzione: le esposizioni di oggi sono diverse da quelle di cinquant’anni fa. Tecnologie e normative hanno ridotto l’esposizione a sostanze come il cromo o i pesticidi, ma nuove sfide emergono, ad esempio nell’ambito dell’estetica o dell’assistenza sanitaria, dove detergenti, disinfettanti e dispositivi di protezione personale (guanti) possono agire da fattori irritanti o allergizzanti. La pandemia di COVID-19 ha ulteriormente evidenziato l’importanza della cura delle mani, dimostrando come la prevenzione primaria e l’educazione siano imprescindibili.
Nonostante l’eczema delle mani sia identificato come malattia professionale, c’è ancora molto da fare per migliorare la regolamentazione delle esposizioni lavorative e promuovere interventi di educazione sanitaria, soprattutto nelle categorie a maggior rischio e nei giovani lavoratori in formazione. Solo attraverso una corretta diagnosi eziologica e un approccio multidisciplinare che includa dermatologia, medicina del lavoro e igiene professionale sarà possibile migliorare l’outcome dei pazienti.
Conclusioni
Parlare di epidemiologia quando si affronta l’eczema cronico delle mani non è un mero esercizio accademico, ma una necessità per comprendere appieno la complessità di questa patologia, il suo impatto clinico e socio-economico, e per guidare strategie di prevenzione, diagnosi e trattamento efficaci. Solo conoscendo i numeri, le dinamiche e i fattori di rischio potremo sviluppare modelli di cura sostenibili e mirati, migliorando significativamente la qualità di vita dei pazienti e la salute pubblica.
E.Martina. Chronic Hand Eczema, epidemiologia in ambito non professionale e professionale: chi scende e chi sale. Special Edition SIDeMast-ADOI 2025.

