Il prurito ha un forte impatto sulla qualità della vita nei pazienti con dermatite atopica e prurigo nodularis. Oggi sappiamo che un ruolo chiave ed unico è svolta dall’IL-31
Il prurito ha un forte impatto sulla qualità della vita nei pazienti con dermatite atopica e prurigo nodularis. Grazie all’avanzamento delle conoscenze, oggi sappiamo che un ruolo chiave ed unico è svolta dall’IL-31. Colpendo questa interleuchina è possibile raggiungere il sollievo dal prurito, cosa fondamentale per i pazienti. Se ne è parlato in un simposio all’interno del XIV International Congress of Dermatology e in una presentazione late breaking durante la quale sono stati presentati anche i più recenti dati sull’anticorpo monoclonale nemolizumab.
Un ricco simposio del congresso ha fatto emergere le novità sull’origine del prurito e sulla sua gestione. Hanno partecipato a questo simposio la prof.ssa Sarina Elmariah, dermatologa all’Università della California di San Francisco, professoressa di dermatologia e direttrice del Centro per il prurito e i disturbi neurosensoriali, il prof. Martin Metz, professore di dermatologia e vicedirettore dell’Istituto di Allergologia alla Charité di Berlino, il dr. Andrew Pink, dermatologo consulente presso il St. John’s Institute of Dermatology a Londra, e il dr. Brian Kim, professore di dermatologia e vicepresidente della ricerca presso l’Icahn School of Medicine al Mount Sinai di New York.
I due focus principali sono stati in primis il ruolo dell’IL-31 nell’insorgenza del prurito nella prurigo nodularis e nella dermatite atopica; il secondo focus è stato la possibilità di raggiungere la libertà dal prurito e dalle lesioni cutanee in entrambe le malattie.
Il prurito ha un forte impatto sulla qualità della vita nei pazienti con dermatite atopica e prurigo nodularis. Grazie all’avanzamento delle conoscenze, oggi sappiamo che un ruolo chiave ed unico è svolta dall’IL-31. Colpendo questa interleuchina è possibile raggiungere il sollievo dal prurito, cosa fondamentale per i pazienti.
Peso del prurito e impatto sulla qualità della vita
La maggior parte dei clinici durante la visita non chiede al paziente informazioni inerenti il prurito e non ne traccia la severità. Questo lo dimostrano gli stessi pazienti, come Chiwan, al cui intervista è stata presentata all’interno del simposio, che convive con la dermatite atopica fin dall’infanzia. Il prurito, presente già dai sei anni, è diventato parte integrante della sua quotidianità, più impattante persino del dolore delle lesioni. Influenza la sua vita sociale e lavorativa ed è spesso trascurato durante le visite mediche. Sogna una vita senza prurito, che per lei significherebbe libertà e sollievo dal peso invisibile della malattia.
È strano pensare che i pazienti vengano interrogati raramente sul prurito; eppure, è uno dei segni e sintomi sempre presente e con cui devono convivere.
Prurigo nodularis
La prurigo nodularis è una malattia cutanea neuroimmune, caratterizzata da prurito cronico (che dura più di sei settimane) e dalla presenza di lesioni pruriginose, tipicamente noduli, ma possono assumere morfologie diverse: placche, ulcerazioni.
Ci sono molti segni derivanti dal grattamento, dallo sfregamento o dallo strofinamento. I pazienti non soffrono solo di prurito intenso, ma anche di bruciore, dolore e altri sintomi. Può essere molto diffusa: da poche lesioni a più di 20 (considerate un livello moderato), fino a una distribuzione simmetrica e generalizzata.
Tra tutte le condizioni cutanee, la prurigo nodularis è la più pruriginose per circa l’80% dei dermatologi presenti al simposio.
“C’è stato uno studio retrospettivo negli USA, in un centro di dermatologia generale e prurito, dove si è chiesto ai pazienti di valutare il loro prurito su una scala numerica da 0 a 10 (10=massimo). La media del prurito nelle 24 ore precedenti è risultata essere 8,7 nella prurigo nodularis, più alto che in scabbia, dermatite atopica e orticaria. Da considerare che il punteggio 7 è già classificato come severo.
In grandi studi condotti in Europa e confermati anche negli USA, il prurito è il sintomo più gravoso della prurigo nodularis. È riportato da circa il 50% dei pazienti tra i primi tre sintomi più problematici, e da circa il 60% come priorità assoluta, persino più dell’aspetto delle lesioni o del disturbo del sonno” spiega Elmariah.
Dermatite atopica
La dermatite atopica è un’altra malattia cutanea infiammatoria complessa, anch’essa caratterizzata da prurito cronico, lesioni eczematose e altre manifestazioni. Il prurito induce il grattamento, che porta alla lichenificazione (come visto nel caso sopra riportato della paziente Chiwan).
“Noi dermatologi siamo molto bravi a valutare le lesioni cliniche, ma molto meno nel porre domande sul prurito e nell’attribuirgli l’importanza che merita, anche nella dermatite atopica” evidenzia Elmariah.
Anche in questo caso, il prurito è tra i primi tre sintomi più gravosi per l’80% dei pazienti. Per il 50%, è il sintomo più importante, più ancora della pelle arrossata o del disturbo del sonno.
“Se vi limitate a valutare la gravità della dermatite atopica solo dalle lesioni, state perdendo di vista la voce del paziente. Un terzo dei pazienti con dermatite atopica lieve o moderata soffre di prurito severo”.
Uno studio prospettico della Northwestern University ha chiesto ai pazienti di valutare il prurito nel corso di un anno, confrontandolo con metriche validate per le lesioni cutanee (EASI, IGA, ecc.). È emerso che il 42% dei pazienti aveva prurito severo, ma solo il 6–13% presentava lesioni severe. E circa il 30% dei pazienti con lesioni lieve o moderate riferiva comunque un prurito severo.
Questo dimostra che valutare solo le lesioni significa ignorare i reali bisogni del paziente.
Il prurito cronico ha un impatto enorme: disturba il sonno, altera l’umore, causa ansia e depressione, riduce la produttività lavorativa (sia per assenze che per incapacità di concentrarsi – presenteismo), compromette la qualità della vita e i rapporti sociali.
Un sondaggio su pazienti con dermatite atopica ha mostrato che l’86% aveva disturbi del sonno, e il 69% ne aveva di moderati o severi.
Stessi dati per la prurigo nodularis.
E’ noto anche che la mancanza di sonno peggiora l’umore: molti pazienti riferiscono depressione e ansia. Nella prurigo nodularis oltre il 30% soffre di disturbi psicologici, e il 19% ha avuto pensieri suicidari.
Anche nella dermatite atopica: 10–20% ha ansia o depressione; 15% ha contemplato il suicidio. I dati nei controlli (popolazione generale) sono più bassi (ideazione suicidaria all’8%).
Dai dati presentati emerge dunque chiaramente che il prurito non è solo importante, è il fattore più importante nella vita dei pazienti con dermatite atopica e prurigo nodularis.
Ruolo dell’IL-31 nel prurito
“Comincerò con qualcosa che può essere utile anche per i dermatologi: rivedere cosa sia davvero il prurito. Se si inietta istamina nella pelle, ciò che accade è che essa si lega al suo recettore e provoca la depolarizzazione della membrana, che innesca un potenziale d’azione, l’impulso elettrico che viaggia verso il midollo spinale e poi al cervello. Ed è così che percepiamo la sensazione spiacevole del prurito” ha spiegato il prof. Kim.
Il grattarsi in risposta al prurito è un riflesso automatico, non necessariamente mediato dalla coscienza, come dimostrano i casi di pazienti affetti da prurigo nodularis che si svegliano con lesioni sanguinanti senza averne memoria. Questo comportamento ha una base neurofisiologica: il prurito attiva i pruricettori, mentre il grattamento stimola i meccanocettori, i quali inibiscono il segnale pruriginoso a livello del midollo spinale, offrendo sollievo temporaneo. Tuttavia, in condizioni croniche come PN o dermatite atopica (DA), questo meccanismo diventa disfunzionale, aggravando il problema.
“Tradizionalmente si attribuiva il prurito all’istamina, ma questa molecola rappresenta solo una piccola parte del fenomeno. Sono coinvolti anche altri recettori e molecole, come i recettori MRGPRs e, soprattutto, le citochine. Tra queste, l’IL-31 si distingue per essere la prima citochina prodotta quasi esclusivamente da cellule immunitarie a comportarsi come un neurotrasmettitore, attivando direttamente i neuroni sensoriali del prurito. Si lega a un recettore composto da due subunità (31RA e OSMRβ), un meccanismo peculiare e rilevante per la sua funzione” ha aggiunto Kim.
Analisi precliniche hanno mostrato che l’IL-31, iniettata sia nella pelle sia direttamente nel liquido cerebrospinale, induce una risposta pruriginosa rapida e dose-dipendente, confermando il suo ruolo centrale nella trasmissione del prurito. Studi di imaging del calcio hanno evidenziato che IL-4, IL-13 e IL-31 inducono rapide risposte neuronali, anche se solo l’IL-31 provoca direttamente prurito. Tuttavia, le altre citochine sensibilizzano i neuroni, aumentando la reattività al prurito, e il blocco farmacologico di queste vie non solo riduce la trasmissione del segnale, ma anche l’ipersensibilità.
La comprensione della biologia delle citochine ha portato allo sviluppo di terapie mirate, che agiscono come “anestetici neuronali”. L’IL-31, in particolare, si inserisce in un ciclo prurito-grattamento in cui il prurito stimola il grattamento, che a sua volta amplifica la risposta immunitaria e quindi il prurito stesso. Questo fenomeno è oggi descritto con maggiore precisione grazie a studi molecolari e cellulari, rivelando il ruolo chiave dell’infiammazione di tipo 2 e offrendo nuove prospettive terapeutiche.
Come raggiungere la libertà dal prurito nella prurigo nodularis
“Fino a una decina di anni fa non esistevano opzioni terapeutiche efficaci per questa condizione; oggi, invece, sono disponibili due farmaci approvati da EMA: dupilumab e, più recentemente, nemolizumab, che agisce bloccando l’interleuchina 31 (IL-31), una molecola chiave nella trasmissione del prurito. Numerosi altri trattamenti sono attualmente in fase di sviluppo, segno dell’interesse crescente verso questa area terapeutica” ha illustrato il prof. Mertz.
Per quanto riguarda dupilumab, si tratta di un anticorpo monoclonale diretto contro la subunità α del recettore per IL-4, inibendo così anche IL-13. I risultati degli studi clinici di fase III nella prurigo nodularis hanno rappresentato una novità per i pazienti e i clinici: si sono osservati miglioramenti significativi nel prurito (riduzioni ≥4 punti) già a 12 e 24 settimane, accompagnati da un visibile miglioramento delle lesioni cutanee.
Tali risultati non si sono limitati ai trial: anche nella pratica clinica sono stati osservati benefici già a partire dalla seconda settimana in alcuni pazienti, con un continuo miglioramento nel tempo. L’effetto positivo si estende anche alla qualità del sonno e della vita. In termini di sicurezza, dupilumab ha mostrato un profilo favorevole, con tassi di congiuntivite inferiori rispetto all’indicazione per dermatite atopica.
Nemolizumab, invece, è un anticorpo monoclonale contro il recettore α di IL-31. Gli studi Olympia 1 e 2 (e i dati combinati) hanno evidenziato una riduzione del prurito significativa entro 16 settimane in circa il 57% dei pazienti, con miglioramento anche delle lesioni cutanee (quasi un terzo con cute quasi completamente guarita). Già a partire dal giorno 1, sono state registrate risposte superiori rispetto al placebo per il prurito, e dal giorno 2 per la qualità del sonno. Dati a 52 settimane confermano una risposta duratura sia nel prurito che nella qualità del sonno. Più della metà dei pazienti ha raggiunto uno stato di “assenza o quasi assenza di prurito” (punteggio <2), un obiettivo molto stringente.
Il miglioramento cutaneo, pur più lento, è progressivo e significativo: si osserva una riduzione del numero di noduli e un tasso elevato di guarigione (>75% delle lesioni). Anche in questo caso, il profilo di sicurezza è favorevole: quasi assenti congiuntivite o reazioni nel sito di iniezione, con un lieve aumento di reazioni eczematose (distinte dalla dermatite atopica), ma non pruriginose e dunque ben tollerate dai pazienti.
La conclusione è chiara: il prurito è la priorità terapeutica. Indipendentemente dalla patologia dermatologica in questione, è fondamentale affrontare e alleviare il prurito per migliorare la vita dei pazienti.
Libertà dal prurito nella dermatite atopica
Fino al 2016, le opzioni terapeutiche per trattare il prurito nella dermatite atopica erano limitate e con numerosi effetti collaterali. Con l’introduzione di dupilumab (anti-IL-4/13), si è avviata una rivoluzione: oggi esistono diversi farmaci biologici e inibitori di JAK che hanno migliorato significativamente la gestione della DA. Tuttavia, permane un bisogno clinico insoddisfatto: molti pazienti non rispondono o non tollerano le terapie disponibili.
I biologici anti-IL-4/13 (es. dupilumab e lebrikizumab) mostrano una buona efficacia a 16 settimane con effetti mantenuti nel tempo e profili di sicurezza favorevoli, anche se con effetti collaterali come congiuntivite, eczema paradosso e artrite.
Gli inibitori JAK (es. abrocitinib, baricitinib) agiscono molto rapidamente sia sul prurito che sull’infiammazione cutanea, ma sono associati a effetti collaterali più significativi (infezioni, rischio trombotico), motivo per cui richiedono monitoraggio laboratoristico e hanno avvertenze specifiche (black box warning) soprattutto nei pazienti con età superiore ai 65 anni.
Nemolizumab, che agisce su un meccanismo diverso (blocco di IL-31RA), specificamente mirato al prurito. Gli studi clinici (Arcadia) hanno mostrato miglioramenti rapidi (già dal giorno 2), significativi e sostenuti sia nel prurito che nella gravità della malattia. A 16 settimane, un terzo dei pazienti raggiungeva uno stato privo o quasi privo di prurito, con miglioramenti evidenti nella qualità del sonno e della vita.
I dati a lungo termine (fino a 104 settimane) mostrano miglioramenti progressivi e sostenuti senza segnali di sicurezza aggiuntivi. Il farmaco si è dimostrato ben tollerato (per esempio nei trials clinici non hanno mostrato un aumento dell’incidenza di congiuntivi rispetto placebo), senza segnalazioni di infezioni gravi, alterazioni ematiche o effetti oculari rilevanti.
La varietà di opzioni ora disponibili permette una personalizzazione del trattamento: terapie rapide per situazioni acute e alternative sicure per casi cronici con comorbidità. Il messaggio chiave è che oggi, con farmaci innovativi come nemolizumab, il controllo del prurito è un obiettivo realistico e fondamentale per il benessere dei pazienti.
In conclusione, emerge sempre di più l’importanza dell’IL-31 come driver chiave del prurito nella DA, e la possibilità concreta di ottenere un miglioramento rapido e duraturo dei sintomi grazie ai nuovi trattamenti mirati in particolare nemolizumab.
Miglioramenti clinicamente significativi e duraturi nella prurigo nodulare fino a due anni
Un’analisi ad interim dello studio di estensione a lungo termine OLYMPIA, presentato come “late-breaking” al congresso dalla dott.ssa Sonja Ständer evidenzia dati aggiornati sull’efficacia a lungo termine di nemolizumab fino a 100 settimane.
Nemolizumab è stato ben tollerato e associato a miglioramenti duraturi e clinicamente rilevanti nei principali segni e sintomi della prurigo nodulare, incluse le lesioni cutanee e il prurito, fino a due anni.
Questi risultati si basano sui dati del programma clinico pivotale OLYMPIA, il più ampio completato finora nella prurigo nodulare e l’unico a valutare la sicurezza e l’efficacia a lungo termine nella patologia.
Tali evidenze seguono la recente presentazione dei dati dello studio di estensione a lungo termine ARCADIA, tenutasi durante il congresso Revolutionizing Atopic Dermatitis (RAD), che ha mostrato come nemolizumab sia ben tollerato e associato a miglioramenti sostenuti e crescenti negli esiti di efficacia nei pazienti con dermatite atopica fino a due anni.
Lo studio di estensione a lungo termine OLYMPIA è stato progettato per valutare la sicurezza e l’efficacia del farmaco in pazienti con prurigo nodulare fino a quattro anni. Lo studio include 508 pazienti provenienti dal trial di fase II o dagli studi di fase III OLYMPIA 1 e 2.
I risultati mostrano che il trattamento è associato a miglioramenti sostenuti e clinicamente rilevanti dei sintomi della patologia durante un trattamento prolungato fino a due anni. All’analisi del 100° settimana nei pazienti valutabili, i risultati mostrano che: oltre il 90% dei pazienti ha ottenuto un miglioramento di almeno quattro punti nel prurito, e oltre il 70% ha raggiunto uno stato di assenza o quasi assenza di prurito, secondo la scala Peak-Pruritus Numerical Rating Scale; almeno l’80% ha riportato una guarigione tra il 76% e il 100% delle lesioni pruriginose; circa il 75% ha raggiunto la scomparsa o quasi-scomparsa dei noduli cutanei secondo la valutazione dell’Investigator’s Global Assessment; nemolizumab è stato ben tollerato nel trattamento a lungo termine della prurigo nodulare e, fino ad oggi, non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza.

