I pazienti con bronchiectasia e infezione da Pseudomonas aeruginosa sottoposti a trattamento con gremubamab hanno evidenziato miglioramenti della qualità di vita
I pazienti affetti da bronchiectasia e infezione da Pseudomonas aeruginosa sottoposti a trattamento con gremubamab, un anticorpo monoclonale bispecifico, hanno mostrato diversi miglioramenti rispetto al placebo, stando ai risultati dello studio di fase II GREAT-2, presentato a maggio al congresso dell’American Thoracic Society.
Nello specifico, al giorno 84, i ricercatori hanno osservato una significativa riduzione della carica batterico dell’espettorato nei pazienti trattati con 500 mg di gremubamab rispetto al placebo. Inoltre, la qualità della vita è migliorata con la dose sopra indicata e anche con 1.500 mg di gremubamab.
I risultati di questo studio rappresentano, senza dubbio, un importante passo avanti, data la necessità di disporre di nuove terapie per l’infezione da Pseudomonas nella bronchiectasia.
Informazioni su gremubamab
Gremubamab è un anticorpo monoclonale bispecifico sperimentale, sviluppato da AstraZeneca, progettato per trattare l’infezione cronica da Pseudomonas aeruginosa nei pazienti affetti da bronchiectasia non associata alla fibrosi cistica.
Essendo un anticorpo monoclonale bispecifico, gremubamab è in grado di legarsi a due bersagli differenti: uno sull’agente patogeno (Pseudomonas aeruginosa) e uno coinvolto nella risposta immunitaria del paziente o nella modulazione dell’infiammazione neutrofila.
Disegno dello studio
Le infezioni da Pseudomonas associata a bronchiectasia sono notoriamente associate ad un triplicato di evento fatale, un rischio sette volte maggiore di ospedalizzazione ed un incremento significativo delle riacutizzazioni.
Nel trial clinico pilota di fase 2, randomizzato, in doppio cieco e controllato vs. placebo, i ricercatori hanno valutato 37 pazienti con bronchiectasia e infezione da P. aeruginosa, per determinare l’effetto di due dosi differenti di gremubamab (1.500 mg e 500 mg), somministrate endovena, rispetto al placebo ogni 4 settimane, misurando la carica batterica nell’espettorato alla settimana 12.
Nel dettaglio:
– 12 pazienti (età media: 65 anni; 67% donne; 50% in terapia con antibiotici inalatori) sono stati sottoposti a trattamento con 1.500 mg di gremubamab
– 13 pazienti (età media: 58 anni; 85% donne; 39% con antibiotici inalatori) sono stati trattati con il farmaco candidato al dosaggio di 500 mg
– 12 pazienti (età media: 72 anni; 67% donne; 25% con antibiotici inalatori) sono stati trattati con placebo
Risultati principali
Al giorno 84, si è riscontrata una riduzione significativa della carica batterica nell’espettorato nel gruppo gremubamab 500 mg rispetto al placebo (stima: –1,2474; IC80%. da –2,3313 a –0,1635; P unilaterale = 0,07099).
Dopo il periodo di trattamento (12 settimane), tutti i pazienti sono rimasti senza trattamento per ulteriori 12 settimane.
Al giorno 168, la riduzione della carica batterica nell’espettorato nel gruppo gremubamab 500 mg è rimasta significativamente inferiore rispetto al placebo (stima: –1,5; IC80%: da –0,56 a –2,44; P unilaterale = 0,02).
Anche il gruppo di pazienti trattato con l’anticorpo monoclonale bispecifico al dosaggio di 1.500 mg ha mostrato una riduzione della carica batterica rispetto al placebo al giorno 84, ma senza raggiungere la significatività statistica.
Per quanto riguarda gli endpoint secondari, i ricercatori hanno riportato un “miglioramento significativo e clinicamente rilevante” nella qualità della vita, valutata tramite il punteggio totale del St. George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ) al giorno 84.
Nello specifico è stato effettuata una stima del miglioramento di questo punteggio pari a:
-12,12 nel gruppo trattato con gremubamab 500 mg vs. placebo (IC 80%: da –17,72 a –6,52; P bilaterale = 0,0075
-10,83 nel gruppo trattato con gremubamab 1500 mg vs. placebo (IC80%: da –16,73 a –4,93; P bilaterale = 0,0217.
Per quanto riguarda il tempo alla prima riacutizzazione, il gruppo trattato con l’anticorpo monoclonale bispecifico al dosaggio di 1.500 mg ha mostrato un prolungamento significativo rispetto al placebo (differenza stimata nei tempi medi di sopravvivenza limitata: 11.4; IC95%: da –1,8 a 24,7; P unilaterale = 0,0457).
Nel commentare i risultati i ricercatori hanno sottolineato come il loro fosse uno studio pilota di piccole dimensioni per verificare l’utilità clinica di questo anticorpo in questi pazienti.
I risultati ottenuti sono stati da loro considerati incoraggianti: “Abbiamo osservato un miglioramento importante (10-12 punti allo SGRQ) nella qualità della vita e anche un effetto significativo sulle riacutizzazioni. Questo fa ben sperare nel proseguimento del programma di sviluppo clinico di questo anticorpo monoclonale”.
Inoltre, due marker dell’infiammazione neutrofilica nell’espettorato si sono ridotti significativamente nel gruppo gremubamab 1.500 mg rispetto al placebo al giorno 84:
– azurocidina-1: stima –3,2; IC80%: da –0,53 a –0,1; P unilaterale = 0,0305;
– mieloperossidasi: stima –0.23; IC 80%, –0.36 a –0.1053; P unilaterale = 0.0106.
Safety
Il gruppo con la più bassa percentuale di eventi avversi è stato quello trattato con gremubamab 500 mg (84,6%), seguito dai gruppi 1.500 mg e placebo (entrambi 91,7%). Nessun paziente del gruppo gremubamab 1.500 mg ha sperimentato eventi avversi gravi, a differenza di due pazienti nel gruppo 500 mg (15,4%) e due nel gruppo placebo (16,7%).
La sicurezza del trattamento con gremubamab è risultata simile a quella osservata nel gruppo placebo.
Mal di testa e nausea sono stati segnalati come eventi avversi “almeno possibilmente” correlati al trattamento, con maggiore incidenza nei gruppi trattati rispetto al placebo:
– mal di testa: 33,3% (1.500 mg), 15m4% (500 mg) vs. 8,3% (placebo);
– nausea: 8,3% (1.500 mg), 15,4% (500 mg) vs. 0% (placebo).
Il commento degli autori dello studio
I risultati di questo studio pilota hanno dimostrato che gremubamab riduce la carica batterica, modula l’infiammazione locale e previene le riacutizzazioni respiratorie.
Alla fine della presentazione dei risultati al congresso, i ricercatori hanno espresso l’auspicio che il loro studio possa portare, finalmente, allo sviluppo di un’opzione terapeutica per le persone affette da bronchiectasia e infezione cronica da Pseudomonas.
Saranno necessari, a tal scopo, studi caratterizzati da una maggiore numerosità di pazienti e una maggior durata. Visto quanto osservato, sarebbe importante concentrarsi sulle riacutizzazioni e la riduzione dei sintomi come outcome chiave da valutare.
“La bronchiectasia – hanno concluso – rappresenta ancora oggi una patologia con opzioni terapeutiche limitate, mentre l’impiego degli antibiotici è frequentemente legato al rischio crescente di resistenze. La buona notizia è che sono attualmente in fase di sviluppo clinico numerose nuove strategie terapeutiche che aprono, pertanto, una fase particolarmente promettente per la ricerca e il trattamento di questa complessa condizione clinica.”
Bibliografia
Long MB, et al. A bispecific monoclonal antibody targeting psl and pcrV for chronic Pseudomonas aeruginosa infection in patients with bronchiectasis: Results from a randomized, double-blind, placebo-controlled trial (GREAT-2). Presented at: American Thoracic Society International Conference; May 16-21, 2025; San Francisco.

