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Sindrome di Behcet, aggiornate le raccomandazioni EULAR

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Sono state presentate in congresso le raccomandazioni EULAR aggiornate relative alla gestione e al trattamento della sindrome di Behçet

Sono state presentate al congresso EULAR dalla prof.ssa Gulem Hatemi (Facoltà di Medicina Cerrahpaşa, Università di Istanbul, Turchia) le raccomandazioni EULAR aggiornate relative alla gestione e al trattamento della sindrome di Behçet.
Tra le novità più importanti emerse dal documento, si segnalano le indicazioni all’impiego di apremilast e di alcuni farmaci biologici (come adalimumab e infliximab) e su come gestire il coinvolgimento vascolare di malattia.

Aggiornate l’ultima volta nel 2018, le raccomandazioni EULAR sulla sindrome di Behçet hanno subito una revisione sostanziale, ha  sottolineato  la  prof.ssa Hatemi nel corso della sua presentazione. Nello specifico, i cambiamenti hanno riguardato non solo i contenuti, ma anche la formulazione (in alcuni casi), per renderle più concise e conformi alle attuali procedure operative standard della EULAR.

Cenni sul razionale e le modalità di implementazione del documento
La pubblicazione dell’update avviene a distanza di 7 anni dalla pubblicazione del primo update delle raccomandazioni sulla malattia (2018).
La task force coinvolta precedentemente nell’implementazione della versione precedente del documento delle prime linee guida EULAR sulla malattia ha sentito la necessità di aggiornare queste raccomandazioni in ragione della disponibilità di nuovi dati su apremilast e dell’impiego di alcuni farmaci biologici nel trattamento delle diverse manifestazioni della sindrome.
La Task Force deputata all’aggiornamento delle raccomandazioni ha iniziato, prima di tutto, a sviluppare dei questi di ricerca secondo il formato PICO, un acronimo che rappresenta i quattro elementi fondamentali di una domanda di ricerca clinica:
– P – Paziente / Popolazione / Problema
– I – Intervento
– C – Confronto (opzionale)
– O –Outcome (Esito)

Le domande di ricerca, strutturate nel modo sopra indicato dal comitato direttivo, sono servite per effettuare una revisione sistematica della letteratura, che ha identificato 83 studi pertinenti a queste domande.
Dopo la selezione della letteratura, è stata effettuata una valutazione della stessa, finalizzata a distillare le evidenze e ad implementatr le nuove raccomandazioni.

Mentre i principi generali sono rimasti immutati, il contenuto di alcuni statement è stato modificato in sette raccomandazioni, la formulazione è stata rivista in quattro raccomandazioni mentre è stata sviluppata una nuova raccomandazione.
L’aggiornamento del documento consta consta di 5 principi generali e di 12 raccomandazioni, ciascuno/a dei/delle quali accompagnato/a da indicazione della forza della raccomandazione in base ai dettami della versione 2011 dei livelli di evidenza dell’Oxford Centre for Evidence-Based Medicine che distingue 5 livelli gerarchici in base alla tipologia di pubblicazione:
– Livello 1: revisione sistematica di studi controllati randomizzati (RCT)
– Livello 2: RCT singolo
– Livello 3: studio osservazionale comparativo
– Livello 4: studi caso-controllo o casistiche
– Livello 5: opinione di esperti

Il consenso sulle raccomandazioni è stato raggiunto esplicitamente mediante votazione, con l’obiettivo pre-concordato di includere solo le raccomandazioni con un livello di consenso pari almeno al 70% degli esperti coinvolti.

Lasciando al lettore la consultazione integrale del documento per gli opportuni approfondimenti, riportiamo di seguito l’elenco dei principi generali e delle raccomandazioni finalizzate alla corretta gestione delle malattie di Behcet (evidenziando in grassetto le variazioni di contenuto apportate).

Principi generali
– La malattia di Behçet (BS) segue un decorso recidivante-remittente, che mette potenzialmente a rischio gli organi o la stessa sopravvivenza (Livello di accordo – LoA: 9,7±0,8)
– L’obiettivo del trattamento consiste nel prevenire il danno d’organo irreversibile e di massimizzare la qualità della vita legata allo stato di salute (LoA: 9,8±0,5)
– Il coinvolgimento degli organi deve essere monitorato nel tempo, e condizioni simili devono essere escluse con metodiche appropriate (LoA: 9,7±0,8)
– Il trattamento deve essere personalizzato in base a età, sesso, tipo e gravità del coinvolgimento d’organo, durata della malattia e preferenze del paziente (LoA: 9,8±0,4)
– Un approccio multidisciplinare, l’empowerment del paziente, l’adozione di decisioni condivise, l’aderenza al trattamento e le modifiche dello stile di vita sono essenziali per una cura ottimale di questa sindrome (LoA: 9,8±0,4)

Raccomandazioni cliniche
Coinvolgimento mucocutaneo
– La colchicina andrebbe utilizzata come trattamento in prima battuta nella prevenzione delle lesioni mucocutanee recidivanti. Nei pazienti refrattari o intolleranti alla colchicina, dovrebbe essere preso in considerazione il ricorso a ad apremilast o agli anti-TNF (Livello di evidenza- LoE: 2; LoA: 9,5±0,8)

Nel commentare la parte nuova di questa raccomandazione, la prof.ssa Hatemi ha ricordato che due RCT suffragano la scelta: uno ha dimostrato che apremilast è superiore al placebo per le ulcere orali, genitali e manifestazioni cutanee; l’altro ha mostrato che adalimumab è superiore a infliximab nei pazienti refrattari.

– E’ possibile l’impiego di farmaci topici come i glucocorticoidi per la gestione delle ulcere orali e genitali (LoE: 2); dovrebbe essere evitato, invece, l’impiego di glucocorticoidi sistemici (LoE: 5; LoA: 9±1,2)

Coinvolgimento articolare
– La colchicina dovrebbe rappresentare il trattamento iniziale nei pazienti con Behcet e artrite acuta (LoE:2). Dovrebbe essere preso in considerazione il ricorso ai farmaci immunosoppressori nei casi di recidiva e in quelli cronici (LoE: 3; LoA: 9,4±1)

Nel commentare questa raccomandazione, la prof.ssa Hatemi ha semplicemente notato che è stato mantenuto nella raccomandazione il termine “immunosoppressori”, mentre nel testo si esplicita chiaramente i farmaci considerati: la malattia acuta monoarticolare può essere trattata con glucocorticoidi intra-articolari. Aziatioprina, interferone alfa o farmaci anti-TNF andrebbero considerati nei casi di recidiva e in quelli cronici.

Coinvolgimento oculare
– Il trattamento con farmaci immunosoppressori dovrebbe essere somministrato in tutti i pazienti con uveite di Behcet, allo scopo di favorire l’induzione e il mantenimento della remissione clinica e angiografica. Gli anti-TNF (LoE: 2), in particolare infliximab in combinazione con altri farmaci immunosoppressori, nei pazienti con infiammazione che mette a rischio la vista che coinvolge il segmento posteriore (LoE: 5). I glucocorticoidi non dovrebbero essere somministrati in monoterapia (LoE: 2; LoA: 9,7±0,7).

Nel commentare le novità di questa raccomandazione, la prof.ssa Hatemi ha sottolineato, in primo luogo, come si sia voluta introdurre anche la remissione angiografica nello statement, in quanto alcuni studi hanno dimostrato che l’assenza di leakage capillare all’angiogramma con fluoresceina rappresenta un buon indicatore di buona prognosi visiva nel lungo termine.

Quanto agli anticorpi monoclonali, esistevano già degli RCT che dimostravano che gli anti-TNF sono superiori ai farmaci immunosoppressori tradizionali nell’uveite da Behcet. Tuttavia, non esistono ad oggi studi head-to-head che abbiamo messo a confronto infliximab e adalimumab. Secondo una “expert opinion”, sarebbe da preferire infliximab ad adalimumab in ragione della sua rapida insorgenza di efficacia e anche la Task Force EULAR è d’accordo nel preferire infliximab nell’uveite da Behcet.

Da ultimo, Hatemi ha segnalato che da questa raccomandazione è sparito il riferimento all’impiego  di interferone-alfa perché non più disponibile, mentre i dati sulla forma pegilata sono ancora molto limitati.

Coinvolgimento venoso – trombosi venosa
– Per la gestione della trombosi venosa profonda acuta, inclusa quella dei seni venosi cerebrali, dovrebbe essere presa in considerazione la somministrazione di glucocorticoidi e farmaci immunosoppressori, preferibilmente anti-TNF (LoE:2). I farmaci immunosoppressori dovrebbero essere continuati in terapia di mantenimento (LoE: 3; LoA: 9,7±0,7).

“Questa raccomandazione è stata soggetta ad un cambiamento importante rispetto alla versione precedente del documento EULAR – ha affermato Hatemi – dato che, in precedenza, si raccomandava un approccio graduale, mentre ora si consiglia direttamente il ricorso al trattamento con anti-TNF”.

– E’ possibile aggiungere anticoagulanti, purchè il rischio emorragico sia basso e si escluda la presenza di aneurisma dell’arteria polmonare concomitante (LoE: 5; LoA: 8,7±1,2).

“Questa è la raccomandazione che ha ottenuto il minor consenso tra i membri del Board – ha sottolineato Hatemi”.

 In presenza di trombosi cerebrale dei seni venosi con ipertensione intracranica che mette a rischio la vista, bisognerebbe considerare tempestivamente il ricorso alla chirurgia (Ndr: nuova raccomandazione; LoE: 5; LoA: 9±1,5)

Nel commentare questa raccomandazione ex novo, la prof.ssa Hatemi ha sottolineato che in questa raccomandazione si fa riferimento ad interventi chirurgici mirati alla riduzione tempestiva della pressione intracraniale, al fine di evitare lo sviluppo di cecità, che potrebbe essere causata dalla compressione del nervo ottico, e che potrebbe svilupparsi rapidamente.

Tra le tipologie di intervento citate dalla prof.ssa Hatemi ci sono lo shunt ventricolo-peritoneale (NdR: un tubo flessibile che drena il liquido cerebrospinale dai ventricoli cerebrali alla cavità peritoneale (addome), dove viene riassorbito) o la fenestrazione della guaina del nervo ottico (NdR: un intervento microchirurgico in cui si pratica una finestra nella guaina che avvolge il nervo ottico per permettere al liquido in eccesso (CSF) di defluire nello spazio orbitale, riducendo la pressione sul nervo).

Coinvolgimento arterioso
– Per la gestione dell’aneurisma dell’arteria polmonare e periferica, si raccomanda il ricorso ai glucocorticoidi e ad infliximab (ciclofosfamide potrebbe rappresentare un’ alternativa) (LoE: 2); la posologia di somministrazione dei glucocorticoidi dovrebbe essere ridotta lentamente (LoE 5) e dovrebbe essere continuato il trattamento con farmaci immunosoppressori, preferibilmente anti-TNF, come terapia di mantenimento (LoE: 4; LoA: 9,8 ±0,6).

Nel commentare la raccomandazione, Hatemi ha ricordato che la ciclofosfamide rappresentava in passato il trattamento iniziale, mentre infliximab lo era per i pazienti refrattari. Ora si preferisce infliximab, alla luce degli ultimi dati disponibili.
Quanto all’impiego degli anti-TNF, Hatemi ha spiegato che la loro inclusione in questa raccomandazione è stata fatta alla luce dei risultati di studi osservazionali che mostrano tassi ridotti di recidive quando questi farmaci vengono continuati in pazienti con coinvolgimento vascolare.

– Il ricorso alle procedure chirurgiche vascolari, se necessario, non dovrebbe essere ritarda dopo l’inizio della terapia medica (LoE:4). Nei pazienti con aneurisma dell’arteria polmonare a rischio emorragico elevato, l’embolizzazione è da preferire alla chirurgia aperta (LoE: 5; LoA: 9,7±0,5)

Coinvolgimento gastrointestinale
– La diagnosi, la valutazione della gravità e la gestione del coinvolgimento gastrointestinale dovrebbe basarsi sull’endoscopia (LoE: 5; LoA: 9,5±0,9)

– Nei pazienti con coinvolgimento gastrointestinale, dovrebbero essere utilizzate 5-ASA o azatioprina in presenza/assenza di glucocorticoidi (LoE: 3; LoA: 9,6±0,7)

Coinvolgimento del parenchima del sistema nervoso
– In presenza di coinvolgimento attivo del parenchima del sistema nervoso, dovrebbe essere iniziato un trattamento con dosi elevate di glucocorticoidi e farmaci immunosoppressori, preferibilmente infliximab (LoE: 2). La posologia dei glucocorticoidi dovrebbe essere lentamente ridotta (LoE: 5) mentre dovrebbe essere continuato il trattamento con farmaci immunosoppressori come terapia di mantenimento (LoE: 4; LoA: 9,8±0,4).

Nel commentare la novità di questa raccomandazione, Hatemi ha ricordato che, nella versione precedente delle raccomandazioni, infliximab era raccomandato solo nei pazienti con coinvolgimento refrattario o severo di malattia.

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