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Eutanasia: per la prima volta un caso arriva alla Corte Costituzionale

corte costituzionale

Fine vita, per la prima volta l’eutanasia arriva alla Corte Costituzionale. Il caso discusso è quello di ‘Libera’, donna toscana di 55 anni

“Per la prima volta la Corte costituzionale ha trattato il tema dell’eutanasia”. La Corte, infatti, si è già espressa 4 volte negli ultimi 7 anni sul tema del fine vita, in particolare sul suicidio assistito, ma stamattina è stato discusso il “coinvolgimento diretto del medico nella somministrazione del farmaco letale a una persona malata” e “in possesso di tutti i criteri indicati dalla sentenza 242 del 2019 sul caso ‘Cappato-Dj Fabo’”. È quanto spiega, in una nota, l’associazione Luca Coscioni. In particolare, il caso discusso è quello di ‘Libera’ (nome di fantasia, da lei scelto a tutela della privacy), una donna toscana di 55 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva, completamente paralizzata e mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. Le sue condizioni sono state già verificate dall’Asl e ha tutti i requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito stabiliti dalla Consulta. La donna, però, non è fisicamente in grado di assumere autonomamente il farmaco letale: è completamente paralizzata dal collo in giù, ha difficoltà nel deglutire e dipende dai suoi caregiver per tutte le attività quotidiane. E ha rifiutato la sedazione profonda perché vuole essere lucida e cosciente fino alla fine. Per questo, assistita dai suoi legali, coordinati dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’associazione Coscioni, ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale di Firenze, con un’azione di accertamento, affinché, alla luce dell’impossibilità di autosomministrarsi il farmaco letale, autorizzi il medico di fiducia alla sua somministrazione. Questo intervento diretto del medico tuttavia oggi integrerebbe il reato di omicidio del consenziente, punito dal del codice penale, con la reclusione fino a 15 anni. Da qui la decisione del tribunale di Firenze che, lo scorso 30 aprile, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale.

“‘Libera’ ha ottenuto le verifiche da parte delle strutture sanitarie pubbliche e ha individuato un medico disponibile su base volontaria ad assisterla. Tuttavia, la sua condizione di immobilità le impedisce l’autosomministrazione del farmaco: un vincolo esclusivamente fisico che, in assenza di un intervento che modifichi la portata dell’articolo 579 del codice penale, si traduce in un limite giuridico, insuperabile e assoluto, e dunque in una discriminazione intollerabile”, sottolinea Gallo. “Non si tratta di cancellare l’articolo 579 del codice penale, ma, come hanno già fatto i giudici costituzionale per l’articolo 580, di interpretarlo alla luce dei principi costituzionali, e di escluderne l’applicazione nei casi in cui la volontà suicidaria sia libera, consapevole, verificata, e l’unico ostacolo sia un limite fisico oggettivo. ‘Libera’ non chiede un diritto speciale. Chiede semplicemente che la sua libertà di autodeterminarsi non venga annientata dalla propria condizione fisica”. Ora, conclude, “tocca alla Corte, con gli stessi strumenti utilizzati per la sentenza 242, colmare un vuoto che produce una ingiustizia concreta in attesa di una buona legge che rispetti la libertà di scelta della persona”.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)

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