Il Comune di Cortina rassicura turisti e tour operator: “Non è vero che siamo irraggiungibili. C’è sola una strada chiusa, ma per arrivare ci sono alternative”
Cortina d’Ampezzo non è irraggiungibile a causa della frana a San Vito che ha bloccato la Alemagna. Lo manda a dire l’Amministrazione comunale decisa a “rassicurare cittadini, visitatori e operatori turistici: la località è aperta e perfettamente raggiungibile”. La viabilità è garantita attraverso Passo Tre Croci, Passo Giau e la Val Pusteria. L’unico collegamento temporaneamente interrotto è quello a sud, dalla Valle del Boite, appunto causa della chiusura della Strada Statale 51 di Alemagna. Ma per il resto si arriva.
“Siamo nel pieno della stagione estiva, un periodo cruciale per l’economia e il tessuto turistico del nostro territorio. Per questo motivo è fondamentale che vengano diffuse informazioni chiare, corrette e puntuali, in modo da evitare disagi o incertezze a chi ha scelto o intende scegliere Cortina come meta delle proprie vacanze. Con una corretta pianificazione del viaggio, è possibile accedere agevolmente alla località attraverso le vie alternative, godendo della bellezza delle Dolomiti e dell’ospitalità ampezzana in totale tranquillità”, garantisce in una nota il Comune.
Cortina si dice “pronta ad accogliere turisti, escursionisti e famiglie: tutte le strutture ricettive sono operative, i servizi attivi e l’offerta di eventi e attività nella natura è ricca e variegata”. Quanto alla chiusura della Statale 51, i lavori di sgombero stanno procedendo con la massima rapidità, ma, “per garantire la sicurezza di tutti, la strada resterà chiusa fino a nuova disposizione delle autorità, anche in considerazione delle condizioni meteo e del rischio di nuovi eventi franosi, come previsto dall’ordinanza di Anas”.
Il Comune di Cortina ringrazia inoltre Regione Veneto, Prefettura di Belluno, Forze dell’ordine, Anas e Protezione Civile “per l’impegno e la tempestività con cui stanno operando per ripristinare la piena viabilità e tutelare la sicurezza della comunità e degli ospiti”.
COSA È SUCCESSO A SAN VITO
Nella notte tra lunedì 30 giugno e martedì 1 luglio una colata di detriti, lunga 100 metri e alta quattro, è franata a San Vito di Cadore, in località Dogana Vecchia, piombando sulla statale 51 di Alemagna ma senza coinvolgere veicoli e persone. La statale 51 è stata quindi temporaneamente chiusa al traffico, in entrambe le direzioni. Nel pomeriggio di ieri, poi, c’è stato un nuovo distacco di materiale, conseguenza di un nuovo acquazzone che è sceso su San Vito di Cadore intorno alle 15; la massa è scesa fino all’alveo del fiume Boite. La massiccia frana di San Vito arriva a pochi giorni da quella di Cancia, che già aveva allarmato molto gli esperti per la situazione delle Dolomiti bellunesi nel Cadore.
I VERDI: “LA FRANA DI SAN VITO NON È EPISODIO, È SEGNALE DI ALLARME”
La nuova e “imponente frana è scesa ai piedi della Croda Marcora, nel gruppo del Sorapis, sopra San Vito di Cadore -più di 20.000 metri cubi di detriti, che hanno invaso la statale Alemagna e isolato Cortina, seguita ieri da un altro violento temporale che ha rimesso in moto i detriti fino al Boite, “non è un caso. È un grido d’allarme” della montagna. La pensa così il consigliere regionale Renzo Masolo (Europa Verde) Le frane “ci sono sempre state. Ma non con questa frequenza, non con questa potenza, non con questa evidente correlazione con il riscaldamento globale. Temperature troppo alte sciolgono il permafrost, si infiltrano nelle rocce, le spaccano dall’interno. La montagna cede. E lo fa sempre più spesso, davanti ai nostri occhi. Ma noi, troppo spesso, guardiamo solo la frana, non la montagna che si muove da anni”, evidenzia Masolo. “Il vero problema che molti fingono di non vedere. Si continua a ripetere che prima viene l’economia, che non si può fermare il progresso. Ma quale economia? Quella che ignora i danni, che lascia i costi sulle spalle della collettività, che mette a rischio paesi, case, vite umane? Il cambiamento climatico è qui, ora, sulle nostre strade, nei nostri paesi, nelle nostre valli. Eppure, si è costruito ovunque, si è consumato suolo senza misura”. Ma “di tutto questo non si parla” e “si guarda la frana come un episodio, e non il territorio come un sistema vivo che collassa da anni”, avverte Masolo. Europa Verde torna quindi a dire che la montagna “non è un parco giochi, non è una cartolina, non è solo turismo. È un organismo vivo. È una casa comune da difendere”. Eppure, dice il consigliere, si fanno “eventi come le Olimpiadi, senza domandarci che impronta lasceranno, che pressione porteranno, che danni e debiti ci lasceranno”.
Ma le frane “non sono ‘un fenomeno naturale’. Sono il risultato di un sistema economico e culturale che ha aggredito e indebolito la montagna” per cui Masolo esorta a stipulare “un nuovo patto con le Alpi e le Dolomiti, che unisca rispetto, ascolto, adattamento. Serve una politica che non rincorra l’emergenza, ma prevenga il disastro. Serve uno sguardo lungo. Serve restituire qualcosa a ciò che abbiamo tolto. La montagna non ha bisogno di essere conquistata. Ha bisogno di essere custodita”.
Intanto sempre i Verdi vogliono vederci chiaro dopo la colata detritica a Cancìa del 27 giugno, perché nel torrente Boite c’è stato un inquinamento di gasolio proveniente da una cisterna interrata, con tanto di “forte e preoccupante odore avvertito da molti cittadini”. L’incidente ha comportato l’intervento di vigili del fuoco, volontari della Protezione civile e Arpav, impegnati per oltre un giorno nel posizionamento delle panne assorbenti. E, a quanto si è saputo, gli idrocarburi sversati sono stati bloccati dalle paratoie della diga di Vodo di Cadore. Il settore caccia e pesca della Provincia avrebbe emesso un divieto di pesca per fini alimentari nelle zone coinvolte dallo spargimento. Ma il consigliere regionale Andrea Zanoni (Europa Verde) nota che “non risulta chiaro perché quella cisterna fosse presente nonostante gli obblighi normativi”. Detto che, in caso di danno ambientale, la Regione può costituirsi parte civile in un eventuale procedimento giudiziario, Zanoni con una interrogazione chiede di conoscere gli esiti delle analisi di Arpav sull’acqua del Boite e sul terreno circostante, perchè quella cisterna fosse lì e se Arpav ha trasmesso gli atti alla magistratura per accertare eventuali responsabilità penali o ambientali.

