L’infusione endovenosa di tirofiban in pazienti con ictus ischemico acuto trattati con trombolisi sistemica entro 4,5 ore dall’esordio dei sintomi ha migliorato significativamente gli esiti funzionali
Secondo i risultati dello studio randomizzato ASSET-IT, presentato al Congresso 2025 della European Stroke Organisation (ESOC) da Wei Hu (Università di Scienza e Tecnologia della Cina, Hefei) e Jeffrey Saver (UCLA Health, Los Angeles), l’infusione endovenosa di tirofiban in pazienti con ictus ischemico acuto trattati con trombolisi sistemica entro 4,5 ore dall’esordio dei sintomi ha migliorato significativamente gli esiti funzionali.
In particolare, la percentuale di pazienti che ha raggiunto un ottimo recupero funzionale, con punteggio 0-1 alla Modified Rankin Scale (mRS) a 90 giorni, è risultata del 65,9% nel gruppo tirofiban rispetto al 54,9% nel gruppo placebo (rapporto di rischio aggiustato 1,18; IC 95% 1,06-1,31).
Tuttavia, nel braccio tirofiban si sono registrate più emorragie intracraniche sintomatiche rispetto al gruppo di controllo (7 vs 0), sebbene il tasso complessivo fosse basso (1,7%).
Risultati divergenti nelle evidenze precedenti
L’ictus ischemico acuto viene comunemente trattato con trombolisi endovenosa tramite alteplasi o tenecteplasi, ma la riperfusione può essere compromessa dalla riocclusione del vaso.
Diversi studi hanno esplorato l’impiego di terapie antiaggreganti in associazione alla trombolisi, con risultati contrastanti. Per esempio, lo studio MOST non aveva dimostrato benefici con eptifibatide, un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa, mentre lo studio ARTIS aveva evidenziato un aumento del rischio di emorragia intracerebrale con aspirina.
Più recentemente, lo studio TREND ha suggerito che tirofiban potrebbe ridurre il deterioramento neurologico precoce senza incrementare il rischio emorragico nei pazienti con ictus non cardioembolico.
ASSET-IT: struttura dello studio e criteri di inclusione
Lo studio ASSET-IT è stato condotto in 38 centri specializzati in Cina e ha incluso 832 pazienti con ictus ischemico acuto insorto entro 4,5 ore, trattati con trombolisi endovenosa ma non candidati a trombectomia.
I pazienti (età mediana 69 anni, 64% uomini) sono stati randomizzati a ricevere tirofiban EV o placebo oltre alla trombolisi sistemica.
Al basale, la scala NIHSS (National Institutes of Health Stroke Scale), che misura la gravità del deficit neurologico nell’ictus ischemico, aveva un punteggio mediano pari a 6, mentre il punteggio ASPECTS (Alberta Stroke Program Early CT Score), utilizzato per quantificare il danno ischemico nelle immagini TC cerebrali, aveva un valore mediano di 10.
La trombolisi è stata eseguita con alteplasi in circa tre quarti dei casi e con tenecteplasi nel restante quarto. Il tirofiban è stato somministrato a una dose iniziale di 0,4 μg/kg/min per 30 minuti, seguita da una dose di mantenimento di 0,1 μg/kg/min per 23,5 ore.
Efficacia e sicurezza: valutazione del bilancio rischio/beneficio
Lo studio ASSET-IT ha seguito un disegno rigoroso, con randomizzazione e controllo con placebo, per valutare l’efficacia e la sicurezza di tirofiban come terapia aggiuntiva alla trombolisi sistemica.
Il protocollo prevedeva l’infusione di tirofiban secondo un regime standardizzato, con una dose iniziale di 0,4 μg/kg/min per 30 minuti e successiva riduzione a 0,1 μg/kg/min per 23,5 ore. Questo schema di somministrazione mirava a garantire un’efficace inibizione della funzione piastrinica senza aumentare in modo significativo il rischio di emorragia.
L’endpoint primario, rappresentato dal recupero funzionale ottimale (mRS 0-1 a 90 giorni), ha evidenziato un vantaggio per il gruppo tirofiban, con una differenza relativa del 11% rispetto al gruppo placebo.
Anche gli endpoint secondari hanno mostrato risultati favorevoli, con un aumento della percentuale di pazienti con indipendenza funzionale (mRS 0-2, 80,4% vs 72,7%) e con ottimi esiti secondo il Barthel Index, che valuta la capacità di svolgere autonomamente le attività quotidiane fondamentali (77,1% vs 70,5%).
Per quanto riguarda la sicurezza, il dato più rilevante è stato l’aumento delle emorragie intracraniche sintomatiche nel gruppo tirofiban, sebbene il tasso assoluto fosse modesto (1,7%).
Questa incidenza inferiore rispetto a quanto osservato in studi precedenti sull’uso di antiaggreganti associati alla trombolisi, come ARTIS, potrebbe essere legata alla selezione dei pazienti. Per esempio, l’inclusione di soggetti con deficit neurologici relativamente lievi (NIHSS mediano = 6) e l’esclusione di candidati alla trombectomia potrebbero aver contribuito a ridurre il rischio emorragico.
Tuttavia, la totale assenza di emorragie sintomatiche nel braccio placebo è insolita e necessita di ulteriori conferme in studi successivi.
Applicazioni cliniche e limiti dello studio
I risultati dello studio ASSET-IT sollevano interrogativi importanti sulla possibile integrazione di tirofiban nella pratica clinica per il trattamento dell’ictus ischemico acuto. Il razionale per l’uso di un antiaggregante in questo contesto è la prevenzione della riocclusione vascolare, fenomeno che compromette l’efficacia della trombolisi.
La selezione di tirofiban rispetto ad altri antiaggreganti si basa su alcune caratteristiche farmacologiche chiave, tra cui l’azione rapida e la breve emivita, che potrebbero ridurre il rischio di sanguinamento rispetto a farmaci con un effetto più prolungato.
Tuttavia, l’applicabilità dei risultati è limitata da diversi fattori:
- Popolazione esclusivamente cinese: l’elevata prevalenza di malattia aterosclerotica intracranica (ICAD) potrebbe aver influenzato la risposta al trattamento, limitando la generalizzabilità ad altre popolazioni con diversa eziologia dell’ictus.
- Assenza di candidati alla trombectomia: non è chiaro se tirofiban possa essere utile nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione meccanica, una strategia sempre più adottata nei casi di occlusione di grandi vasi.
- Necessità di studi di conferma: l’assenza di eventi emorragici sintomatici nel gruppo di controllo e il tasso di sanguinamento complessivamente basso richiedono ulteriore validazione attraverso studi indipendenti con popolazioni più diversificate.
Secondo Pooja Khatri (Yale School of Medicine, New Haven), non coinvolta nello studio, i dati di ASSET-IT sono interessanti ma non ancora sufficienti per modificare la pratica clinica. «I risultati vanno interpretati con cautela, perché si discostano nettamente dalle evidenze precedenti. Servono studi di conferma prima di considerare cambiamenti nelle linee guida», ha dichiarato.
Fonte: Hu W, Saver JL. Advancing stroke safety and efficacy through early tirofiban administration after intravenous thrombolysis: the ASSET-IT randomized clinical trial. ESOC 2025. Helsinki, Finland.

