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Studio indaga impatto della trombosi associata al cancro

trombosi associata al cancro

La trombosi associata al cancro rappresenta una delle complicanze più rilevanti nella gestione del paziente oncologico, con un impatto significativo sulla sopravvivenza globale

La trombosi associata al cancro (CAT) rappresenta una delle complicanze più rilevanti nella gestione del paziente oncologico, con un impatto significativo sulla sopravvivenza globale a 5 anni che si attesta intorno al 55%. Come evidenziato dal Prof. Marco Platania, Dirigente presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nel corso di un interessante evento dal titolo CATchUP, svoltosi di recente a Roma, la crescente sopravvivenza dei pazienti oncologici ha determinato un aumento progressivo dell’incidenza di eventi tromboembolici venosi (VTE), con un rischio particolarmente elevato nei primi sei mesi successivi alla diagnosi di neoplasia.

I dati più recenti mostrano come il rischio di VTE entro un anno dalla diagnosi di cancro sia in costante aumento, accompagnato da una riduzione parallela della mortalità complessiva. Questo scenario clinico comporta un numero sempre maggiore di pazienti con CAT da gestire, anche oltre i sei mesi tradizionalmente considerati critici, trasformando la condizione trombotica in una patologia cronica da monitorare nel lungo termine.

Caratterizzazione epidemiologica e fattori di rischio
L’incidenza di VTE varia significativamente tra i diversi tipi di tumore, con valori particolarmente elevati nei carcinomi pancreatici (19,6%), gastrici (15,8%) e polmonari (13,9%). Nei carcinomi ovarici, colorettali e vescicali l’incidenza si mantiene comunque rilevante, attestandosi rispettivamente al 11%, 10,6% e 8,2%. Questi dati confermano la necessità di una stratificazione del rischio specifica per ogni tipo di neoplasia.

Particolarmente interessanti sono le evidenze relative al carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC), dove mutazioni genetiche specifiche come ALK+ e ROS1+ sono associate a un aumentato rischio trombotico. Gli studi hanno dimostrato che il rischio relativo di VTE è significativamente più alto nei pazienti con mutazioni ALK+ (OR 2.10) e ROS1+ (OR 3.15), mentre nei pazienti con geni EGFR/ALK wild-type, la presenza di VTE rappresenta un predittore indipendente di mortalità precoce.

Meccanismi patogenetici e correlazioni cliniche 
La patogenesi della CAT risulta dalla complessa interazione tra fattori tumorali, caratteristiche del paziente e trattamenti oncologici. Le alterazioni ematiche, incluse modifiche nei livelli di D-dimeri, P-selettina, potenziale di generazione della trombina e attività del fattore tessutale microparticellare, giocano un ruolo fondamentale. La compromissione della funzione epatica e renale, l’immobilità prolungata e la presenza di comorbidità multiple (>3) rappresentano ulteriori fattori predisponenti.

Particolarmente significativa è l’espressione del fattore tessutale (TF) nel carcinoma pancreatico, presente nel 77% delle neoplasie intraepiteliali pancreatiche e nel 91% delle neoplasie papillari mucinose intraduttali, mentre è assente nel pancreas normale. Questa espressione precoce suggerisce un coinvolgimento diretto nella trasformazione maligna e nella predisposizione trombotica.

Impatto clinico e prognostico della CAT 
La presenza di eventi trombotici si associa a una riduzione significativa della sopravvivenza nei pazienti oncologici. Nei pazienti con NSCLC avanzato, la presenza di VTE è correlata a una sopravvivenza significativamente più breve. Analisi su larga scala hanno dimostrato che nei pazienti con evento trombotico positivo la sopravvivenza mediana è di soli 5,4 mesi, contro i 24,8 mesi nei pazienti senza eventi trombotici.

L’impatto clinico della CAT si manifesta attraverso diverse conseguenze negative: aumento della mortalità, maggior rischio di recidiva trombotica, complicanze emorragiche, morbilità aggiuntiva, necessità di ospedalizzazione, ritardi nei trattamenti antitumorali e incremento dei costi sanitari. È importante notare che, nonostante l’elevata incidenza, la percentuale di eventi tromboembolici fatali entro sei mesi rimane relativamente bassa (0,6% di tutti i pazienti, 2,4% dei decessi osservati).

Fattori di rischio specifici e loro evoluzione temporale
L’analisi dei fattori di rischio evidenzia un profilo complesso e dinamico. I pazienti oncologici presentano un rischio di VTE 4-6 volte superiore rispetto alla popolazione generale, con una valutazione dei fattori di rischio che deve essere considerata come un processo dinamico continuo durante tutto il percorso di cura. Fattori come l’obesità e la storia di precedenti eventi trombotici risultano particolarmente predittivi.

L’incidenza di VTE varia significativamente in base allo stadio della malattia, con percentuali che passano dal 15,8% nei pazienti con malattia metastatica al 9,8% in quelli con malattia regionale. Caratteristiche specifiche del paziente, come età più giovane, aumento del numero di comorbidità e stadio avanzato della malattia, contribuiscono ad aumentare ulteriormente il rischio trombotico.

Implicazioni terapeutiche e gestionali 
La gestione della CAT richiede un approccio multidisciplinare, come evidenziato dai dati relativi ai team di cura multidisciplinari (MCT). L’implementazione di percorsi assistenziali strutturati ha dimostrato miglioramenti significativi in termini di sopravvivenza, aderenza al trattamento e comprensione della malattia da parte dei pazienti. I medici coinvolti riportano maggiore sicurezza nell’assicurare un trattamento ottimale grazie all’esistenza di servizi specialistici dedicati.

La scelta del trattamento anticoagulante deve considerare numerosi criteri, incluso tipo istologico e sede della neoplasia, le caratteristiche del paziente compreso la sua compliance oltre che   le possibili interazioni con i trattamenti oncologici. Particolare attenzione deve essere posta nei confronti degli agenti chemioterapici, immunoterapici e antiangiogenici, che possono modificare il rischio trombotico. Ad esempio, il bevacizumab aumenta il potenziale trombinico e i livelli di E-selectina, fattore di von Willebrand e fattore tessutale solubile,ma anche i farmaci inibitori del checkpoint immunitario soprattutto se impiegati come associazione di ANTI PD 1 e ANTI CTLA 4 possono significativamente aumentare il rischio di evento trombo embolico.

Gestione specifica nei principali tumori solidi 
Nel carcinoma polmonare, l’incidenza cumulativa di VTE raggiunge l’8% a tre mesi e il 19,21% a dodici mesi, con un tempo mediano all’evento di 4,49 mesi. La distribuzione degli eventi trombotici mostra una prevalenza del 26% per la TVP, 17% per l’EP, 30% per le trombosi venose viscerali e 21% per eventi combinati, con una sorprendente prevalenza di eventi asintomatici (54%).

Nel carcinoma pancreatico, lo studio BACAP ha evidenziato che il 20,79% dei pazienti sviluppa eventi trombotici, con differenze significative basate sulla localizzazione primaria del tumore (istmo vs testa) e sullo stadio della malattia (resecabile vs metastatico). La presenza di VTE si associa a una riduzione significativa della sopravvivenza libera da progressione e della sopravvivenza globale.

Prospettive future
La gestione della CAT rappresenta una sfida clinica complessa che richiede un approccio personalizzato e dinamico, capace di adattarsi alle frequenti modifiche dello stato clinico dei pazienti oncologici. La prevenzione assume un ruolo cruciale, considerando l’impatto negativo della CAT sulla morbilità e mortalità dei pazienti oncologici.

La crescente consapevolezza dell’impatto della CAT ha portato allo sviluppo di nuove strategie diagnostiche e terapeutiche, ma rimane fondamentale l’integrazione tra specialisti oncologici e specialisti della coagulazione. La creazione di percorsi assistenziali strutturati e l’implementazione di team multidisciplinari rappresentano elementi chiave per migliorare gli outcome clinici e la qualità delle cure.

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